C’era una volta un tempo in cui la Cina lanciava la grande stagione di apertura e riforme, creava le basi per l’esplosione del settore privato e la nascita dei colossi che hanno dominato il mercato interno per qualche decennio e hanno iniziato poi a espandersi su scala internazionale. C’era una volta una Cina in cui la classe media cresceva a ritmo dirompente, così come la tendenza all’urbanizzazione. Era un tempo in cui la crescita, imponente, avveniva in maniera poco regolata. In cui la concentrazione talvolta “disordinata” di capitali e gli investimenti a debito erano consentiti. Ora, però, la Cina ha deciso di cambiare registro. La crescita da “tutto e subito” non basta più, ora vanno preservati gli obiettivi strategici di lungo periodo.
Il nuovo sistema di crescita cinese, anticipato da Xi Jinping nel suo primo discorso post Beidaihe ma in realtà derivante dalla “doppia circolazione” lanciata prima del quinto plenum dell’ottobre del 2020 e dal nuovo modello di sviluppo intimato dal presidente, sta avendo ripercussioni sul settore immobiliare. Negli scorsi giorni le agenzie di rating mondiali hanno declassato il giudizio sulle obbligazioni di Evergrande, il principale attore cinese del ramo. Evergrande, al cui salvataggio avevano tra l’altro partecipato diverse aziende private tra cui Suning (proprietaria dell’Inter) solo pochi mesi fa, ora rischia il default.
Blackstone si ritira e Soho China crolla in Borsa
Ma la crisi si sta diffondendo in tutto il settore. Nella giornata di lunedì 13 settembre, lo sviluppatore immobiliare Soho China è crollata di oltre il 30% alla borsa di Hong Kong. L’azienda era stata individuata dal private equity statunitense Blackstone, alla ricerca di opportunità di investimenti e crescita nelle Repubblica Popolare. Una mossa che era stata criticata aspramente dal finanziere George Soros, che aveva parlato di un rischio sistemico per il settore immobiliare cinese, nonché in generale per l’economia di Pechino, un po’ sulla scorta di quanto accaduto negli Usa con il caso Lehman Brothers che aveva innescato la crisi finanziaria del 2008.
Blackstone aveva reso noto che le pre condizioni dell’accordo non sarebbero state soddisfatte in tempo e ha ritirato l’offerta. Il fondo americano aveva valutato Soho China circa 3,3 miliardi di dollari americani a giugno, ma la stretta del governo cinese sul settore privato con un forte attivismo delle autorità antitrust ha costituito una battuta d’arresto e un campanello d’allarme per l’investitore straniero. Il governo cinese ha ampliato il proprio arsenale normativo, rendendo più difficile la raccolta di liquidità ai grandi colossi privati. Ciò ha fatto entrare in crisi diverse realtà del settore, a partire da Evergrande.
La parabola del settore immobiliare cinese
Non è un caso. Proprio il settore immobiliare era stato tra quelli a beneficiare maggiormente della stagione delle aperture di Deng Xiaoping. Simbolico che il fondatore di Evergrande Xu Jiayin, si fosse trasferito a Shenzhen nel 1992, proprio l’anno in cui il piccolo timoniere rilanciava le riforme e apriva a privatizzazioni e ammodernamento del sistema fiscale cinese. Sempre dalla stessa città, al termine del ventennio di opportunità strategiche profetizzato dall’ex presidente Jiang Zemin nel 2002 all’indomani dell’11 Settembre e all’ingresso della Cina nell’Organizzazione mondiale del commercio, è partito però il processo opposto. Durante la visita pre Plenum nel Guangdong, Xi ha lanciato la doppia circolazione e affermato una maggiore presenza dello Stato, e dunque del Partito, nell’economia.
Anche il settore immobiliare è chiamato a crescere e operare in maniera più sana, dopo aver proceduto per decenni con un modello di investimenti a debito che l’aveva fatto prosperare. Ora il rischio di contraccolpi su tutto il settore esistono, ma Pechino intende soprattutto preservare stabilità politica e sostenibilità del modello di crescita economica sul lungo termine. E peccato se nel frattempo qualche gigante possa anche rischiare di cadere.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su Affaritaliani]Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.