Ernai fanfu. Questa l’etichetta delle amanti contro la corruzione. E se prima non era possibile stimare il numero, oggi Xinhua rilascia una statistica interessante: il 15 per cento dei casi di corruzione che esplodono online è denunciato dalle amanti. Che spesso non fanno neanche una bella fine.
In Cina c’è un detto popolare sui nuovi ricchi di successo. “La bandiera rossa sventola fuori le mura. Ma anche all’interno garrisce alta ed eretta”. Cosa significa se lo fa spiegare l’ispettore Chen, novello Sherlock Holmes dagli occhi a mandorla i cui casi sono tradotti in Italia da Marsilio. “Un riccone può anche avere amanti, segretarie, concubine, di tutto e di più, ma non necessariamente divorzia dalla moglie, né significa che abbia problemi in casa”.
All’interno delle mura domestiche forse no, ma le ricadute sulla sua carriera possono essere oggi più pesanti di quanto si potesse immaginare in passato. L’agenzia di stampa Xinhua ha infatti pubblicato un’interessante statistica sui casi di corruzione: dall’inizio del 2013 il 15 per cento degli scandali sono esplosi online grazie alle confessioni delle amanti.
Ci si potrà fidare di queste giovani ragazze conosciute al karaoke e abbagliate da un tenore di vita decisamente più alto di quello che abbiano mai potuto sognare? Vanno ascoltate anche quando parlano perché non hanno ottenuto ciò che gli è stato promesso? E se il loro obiettivo fosse unicamente quello di screditare un’altra donna – magari più giovane e carina – perché ha conquistato l’attenzione e il portafoglio di chi le ha mantenute per anni?
Mentre l’opinione pubblica si pone queste domande, il fenomeno ha assunto dimensioni tali da meritarsi un nome, una sorta di etichetta: ernai fanfu ovvero “amanti contro la corruzione”. E se un giorno dovessero mettere insieme forze e informazioni potrebbero provocare un vero e proprio terremoto politico.
Uno studio dell’Università del Popolo di Pechino ha dimostrato come il 95 per cento dei funzionari corrotti si vanta di aver avuto relazioni extra-matrimoniali (normalmente a pagamento) mentre il 60 per cento di loro ha mantenuto un’amante.
Zheng Tiantian – che prima di pubblicare la sua tesi di dottorato in antropologia sociale all’Università di New York ha lavorato per due anni in un karaoke di Dalian – ci descrive la sua incredibile esperienza in Red Lights (2009). “Gli uomini con più potere erano quelli che sapevano controllare fisicamente ed emotivamente le proprie escort. Erano capaci di privarle della loro libertà e poi abbandonarle”.
Oggi le cosiddette ernai sono per lo più ragazze di campagna che cercano fortuna in città. Hanno spesso un livello di educazione molto basso ma sono pronte a tutto pur di “svoltare”. Ed è proprio una di loro che confida alla Zheng: “preferisco essere amante piuttosto che moglie. Si fanno più soldi”.
E quando denunciano i funzionari corrotti spesso sono mosse dalla stessa avidità di denaro. Ma non sempre ottengono i risultati sperati. Lo stesso studio di Xinhua che sdogana le ernai fanfu pubblica un dato che suona più come un avvertimento. Il 23 per cento di chi ha denunciato è stato successivamente accusato e/o detenuto per diffamazione o per aver “causato problemi”.
E così gli scandali politici della nuovissima Cina si risolvono sempre più spesso in trame da tabloid. A volte si riesce a metter dentro un funzionario, ma il sistema non sembra cambiare. Con buona pace dei sempre più ingenti danni all’erario pubblico.
[Scritto per il Fatto Quotidiano; foto credits]