Carne vegetariana? L’hanno inventata i cinesi. La carne di origine vegetale e il vegetarianesimo hanno in Cina una lunga tradizione: dall’anatra alla salsiccia fino al pollo, ma è tutto vegetariano. L’ultima puntata di Chopsticks, la rubrica sulla cucina cinese a cura di Livio Di Salvatore
I colossi americani delle alternative vegetali alla carne da qualche anno stanno investendo in modo deciso e aggressivo nel mercato cinese. La star internazionale dei burger vegetali, Beyond Meat, ha profuso impegno anche nel tentativo di “localizzare” i suoi prodotti adattandoli alle 8 principali cucine regionali cinesi, anche grazie alla collaborazione con un grande brand della ristorazione pechinese come Jindingxuan (金鼎轩). Non solo americani: la pechinese ZhenMeat (珍肉) già nel 2019 commercializzava i primi Mooncake a base di carne vegetale, mentre da Hong Kong l’azienda Green Monday offre una vasta scelta di prodotti basati sul suo Omnipork, di origine vegetale, tra cui ravioli, spaghetti, salse e così via.
La Cina consuma il 28% della carne mondiale e metà della carne di maiale, e il consumo di carne è ancora molto legato a fattori culturali di status symbol; tuttavia, c’è un interesse sempre più vivo nei consumatori cinesi verso il tema di un’alimentazione più sana e sostenibile. Per questi motivi, non è una sorpresa l’interesse del mondo imprenditoriale per questa nicchia di mercato. Ciò che invece può sorprendere è che anche la carne vegetale fa parte di una lunga lista che non smettiamo mai di aggiornare: la lista delle cose inventate dal popolo cinese. Dopo la carta, la stampa, la bussola e la polvere da sparo (ma anche gli spaghetti, badate bene) la carne vegetale si aggiunge all’elenco delle invenzioni cinesi: non si tratta del frutto di nuove tendenze occidentali degli ultimi decenni importate poi in Cina, ma di qualcosa che i cinesi utilizzano da almeno 2000 anni.
Que llo della carne vegetale, ovvero le pietanze vegetali che imitano sapore e consistenza della carne è un fenomeno che si fa risalire al periodo degli Stati Combattenti (453 a.C.-221 a.C.). L’origine di questa usanza è da rintracciare in motivazioni di carattere religioso: sia la religione daoista (diffusasi in Cina in quel periodo storico) sia quella buddhista, arrivata successivamente dall’India, predicavano una dieta vegetariana, la prima al fine di mantenere più facilmente l’equilibrio tra Yin e Yang nel corpo, la seconda per il concetto chiave della “compassione” per tutti gli esseri viventi. Nasce così la “cucina del monastero” (siyuancai, 寺院菜), la prima e più importante tradizione vegetariana della storia cinese.
I monaci, ossequiosi di questo precetto religioso, si trovavano però a dover seguire anche un’altra regola imprescindibile: quella dell’ospitalità. Nella tradizione cinese, nei banchetti per gli ospiti non può assolutamente mancare la carne. Per sopperire a questo problema, e per rendere meno dura la transizione da un regime onnivoro a uno vegetariano, i monaci si inventarono pietanze a base di funghi, tofu, legumi e glutine che imitavano la consistenza e il sapore della carne. Una cucina a base di “carne vegetale” che si è poi raffinata nei secoli, integrandosi con la cucina popolare e la sua esigenza di sfamare famiglie numerose con ingredienti scarsi e poveri, ma con risultati gustosi. Nascono così piatti usati ancora oggi, come l’“anatra vegetale”, fatta di pelle di tofu e bambù, le “salsicce vegetali” di patate, glutine, pomodoro e pelle di tofu, o il “pollo vegetale” di pelle di tofu arrotolato.
Un ingrediente particolarmente affascinante di questa tradizione è il glutine, la cui versione nostrana fu ribattezzata Seitan negli anni ’60 dal creatore della cucina macrobiotica George Osawa. Ottenuto lavando via tutto l’amido da un impasto di acqua e farina, questo alimento dalla consistenza elastica e spugnosa è largamente usato in molte ricette, soprattutto nel nord nord-ovest della Cina. Nel Gansu, ad esempio, tra i piatti tipici a Jiuquan (酒泉) c’è lo Huguo (糊锅), uno stufato di focaccia di glutine e brodo di pollo; anche a Jinta (金塔) il glutine è utilizzato nelle preparazioni tradizionali, in insalata con spinaci lessi, in zuppa con cetrioli o stufato con il pollo. Ma il glutine è usato anche e soprattutto come sostituto della carne, grazie alla sua straordinaria masticabilità e al suo aspetto che gli permettono di confondersi con dei pezzetti di carne. La chaosurou (炒素肉), “carne vegetale saltata”, si fa proprio con striscioline di glutine saltate rapidamente nel wok con cipolla e peperoni. E anche tra gli snack sottovuoto dei supermercati cinesi – che solo i più temerari hanno assaggiato – avrete notato molti spiedini o straccetti essiccati con scritto sopra “manzo” o “pollo”. Beh, se girate la confezione e guardate l’etichetta, vi accorgerete che sono quasi tutti fatti di glutine.
La notizia di un vegetarianesimo così profondamente radicato nella tradizione cinese farà inarcare le sopracciglia a tutti i vegetariani che, arrivati in Cina per studio, lavoro o svago, avranno sperimentato sulla propria pelle le difficoltà vissute nel tentativo di evitare la carne, specialmente fuori dalle grandi città. Non è insolito, infatti, che in molti piatti cinesi apparentemente vegani si insinuino carne macinata, uova, brodo granulare, salsa di pesce o una delle molteplici magiche polverine della millenaria cucina cinese. Ma il fascino della Cina è anche nelle sue contraddizioni. E mentre Leonardo Da Vinci professava pubblicamente la sua apologia della dieta vegetariana, Laozi e il suo tofu lo precedevano di circa due millenni.
Di Livio Di Salvatore