Gli artisti nati e cresciuti durante il periodo segnato dalla politica del figlio unico sono anche considerati in storia dell’arte come quelli appartenenti ad una seconda generazione artistica in Cina. Nell’arte contemporanea cinese esistono due grandi categorie di artisti: quelli nati prima e quelli nati dopo la morte di Mao. Chi è nato dopo il 1976, crescendo con le quattro modernizzazioni di Deng Xiaoping e vedendo l’alba dell’apertura cinese al mondo, ha vissuto l’inevitabile confronto con l’Occidente ed è cresciuto sotto l’insegna di numerosi poster di propaganda che glorificavano le famiglie con un solo figlio. Nel 1979 la Cina accoglieva circa un quarto della popolazione mondiale con a disposizione solo il 7% della superficie coltivabile. Il governo di Deng Xiaoping varò un ambizioso programma di riforme che avrebbe fatto crescere il mercato interno cinese contestualmente all’introduzione di una politica del controllo delle nascite.
Dal 1979 fino al 2015 la legge è rimasta in vigore in Cina. Le conseguenze che il controllo delle nascite ha portato sono legate ad un precoce invecchiamento della popolazione cinese ed un forte squilibrio tra i sessi.
One Child Nation
La regista del film documentario del 2019 “One Child Nation” si è messa dietro una telecamera per raccontare la sua infanzia e le conseguenze che la politica del figlio unico ha portato nella sua vita e in quella di chi le viveva attorno.
Nanfu Wang documenta le vicende e le difficili scelte delle famiglie negli anni in cui il controllo delle nascite entrò in vigore in Cina. La propaganda di quegli anni prometteva una vita più felice e prospera a chi avesse rispettato il limite di un figlio per coppia, imposta per evitare la futura sovrappopolazione del paese ed un’inevitabile nuova carestia. Nel suo viaggio alla riscoperta dei luoghi dell’infanzia nella provincia dello Jiangxi, Nanfu intervista le vittime ed i carnefici del rigido controllo delle nascite e dell’abbandono o uccisione di numerose bambine. Il nome dell’autrice stessa è testimonianza della speranza della propria famiglia di avere un figlio: 男 nan in cinese significa “maschio” e栿fu significa “pilastro”.
Nanfu Wang, come molti artisti cinesi, ha dovuto guardare indietro per raccontare un periodo costellato da poster e canzoni di propaganda che spronavano ogni famiglia a scegliere di non avere più di un figlio, spingendo in molti a prediligere la prole maschile. Gli artisti che affrontano questa tematica devo ripercorrere gli anni della propria infanzia per descrivere un periodo che ha segnato profondamente più di una generazione.
La generazione perduta raccontata da Li Tianbing
Parlando della politica del figlio unico in Cina è inevitabile pensare ad un’intera generazione perduta. A Li Tianbing, artista classe 1974, piace fantasticare sui fratelli che non ha mai avuto. Ripercorrendo i luoghi di origine a Guilin, l’artista viaggia tra finzione e realtà utilizzando vecchie fotografie d’infanzia come mezzo per le sue riflessioni su un passato mai avvenuto.
Li Tianbing stratifica il presente e modifica la storia utilizzando la pittura ad olio: aggiunge colore ai suoi vecchi ritratti in bianco e nero raffigurando altri bambini “fratelli immaginari” accanto alla sua figura. Il netto contrasto tra i colori brillanti delle tempere ad olio ed il grigio sbiadito delle vecchie foto esplora la tematica della solitudine, un tema ricorrente nella generazione cresciuta negli anni ’80 e ’90 in Cina.
Perché Li raffigura solo fratelli? L’artista analizza un’altra problematica conseguenza del controllo delle nascite: nel 2016 in Cina gli uomini erano 33,59 milioni in più rispetto alle donne. In una cultura che tradizionalmente ha sempre favorito la prole maschile, le figlie femmine sono state abbandonate, assassinate o abortite. Negli anni 2000 il novanta per cento dei feti abortiti in Cina erano di sesso femminile.
Questo stato di confusione che avvolge Li Tianbing e la sua produzione artistica, fa sparire il confine tra autenticità ed invenzione. L’interpretazione del suo lavoro incorpora l’identità personale ed il dramma in un racconto che esplica svariati fattori multiculturali all’interno del territorio cinese. La sua composizione intreccia i temi contrastanti della Cina di oggi: Oriente ed Occidente, comunismo e capitalismo, cultura antica e consumismo moderno.
Zhou Wenjing e Woman series: IUD
In una galleria a Pechino si trovavano esposti centinaia di fili di rame intrecciato: ad un primo sguardo sembrano fiori stilizzati o interessanti gioielli dal design contemporaneo. Non molti visitatori riconosco subito che gli quegli oggetti sono in realtà IUD (Intra Uterin Device), un comune strumento contraccettivo.
L’ artista Zhou Wenjing, 31 anni, da più di un decennio ha svolto il suo lavoro ed espressione artistica nel tentativo di evidenziare come la politica del figlio unico ha influenzato la vita di numerose donne e madri cinesi.
Zhou, da bambina nata in una provincia centrale dell’Hunan, non si era mai chiesta in passato cosa avesse significato per la sua famiglia la politica del figlio unico. È stato solo quando sua madre fu improvvisamente ricoverata in ospedale nel 2011 che ha capito la realtà che si celava dietro i numerosi manifesti di propaganda, ricordi della sua infanzia.
Zhou ha scoperto che sua madre aveva convissuto con uno IUD per oltre 20 anni. Quando i medici l’hanno estratto, la madre di Zhou ha subito un’emorragia e ha dovuto subire un intervento chirurgico per riparare il danno.
L’incidente ha impressionato profondamento Zhou, che all’epoca aveva 20 anni. Negli anni successivi, ha svolto ricerche approfondite sul controllo delle nascite in Cina e ha intervistato 50 donne che avevano applicato lo IUD in quegli anni. Tra le donne intervistate nel progetto, Zhou ha scoperto che in molte erano state costrette dalle famiglie alla sterilizzazione o all’uso di strumenti di contraccezione come lo IUD senza nessuna supervisione medica.
Il risultato di questa ricerca è stato il progetto “Woman Series: IUD”, una raccolta di oltre 300 IUD fatti a mano in rame che l’artista ha completato nel 2014, un anno prima dell’abolizione della politica del figlio unico.
In un progetto del 2016, Zhou ha realizzato un’altra serie di IUD utilizzando la ceramica – che ha una consistenza molto simile alla pelle umana – per enfatizzare il dolore che segna per sempre il corpo femminile. Gli IUD sono stati inseriti e poi rimossi dall’argilla in modo da lasciare una traccia indelebile.
Le conseguenze sociali raccontate da Aowen Jin
Il lavoro di ricerca condotto dall’artista sino-britannica Aowen Jin per l’expo di Shanghai del 2010 esplora la politica del figlio unico dal punto di vista delle figlie cinesi spesso cresciute sotto una forte pressione sociale.
Basata su 300 interviste con donne cinesi, il progetto di Aowen sfida sia la percezione occidentale che quella cinese della controversa politica del figlio unico. Offre uno sguardo unico sull’impatto positivo e negativo che tale periodo ha avuto sulle figlie uniche della Cina. Con la sua produzione artistica esplora le conseguenze della politica sulle vite delle bambine cinesi, a volte viziate come delle vere e proprie principesse, altre volte cresciute con il peso di non essere state quell’unico figlio maschio che la famiglia in realtà sperava di avere.
Attraverso la ricerca accademica e le riflessioni sulla propria esperienza come bambina sola nella “famiglia con un solo figlio ideale”, il lavoro di Aowen condivide le prime intuizioni sugli effetti della politica sulle giovani donne cinesi d’oggi. La sua pittura ad olio esplora il corpo femminile e la relazione che ha con la gravidanza ed il feto ed il ruolo della donna all’interno della società cinese di oggi.
Per creare ulteriore dibattito sull’impatto della politica del figlio unico, il progetto è accompagnato da filmati di interviste che l’artista ha svolto con madri e figlie cinesi.
Nel suo lavoro Aowen esplica la pressione che ancora molte giovani donne d’oggi hanno nel trovare un compagno e crearsi una famiglia, per non essere considerate degli “scarti” in una popolazione che conta ancora più uomini che donne: “In some places childless women face extreme public embarrassment under the policy. They have to submit to the government each year to declare their childlessness and announce their family plans for the following year.”
Gli artisti cinese nati dopo il 1976 hanno colto non solo il lato più intimo e personale dell’arte contemporanea in Cina, ma anche quello più divulgatorio. L’artista contemporaneo assume spesso il ruolo di narratore: raccontando deve lasciare il palcoscenico e sedersi in mezzo al pubblico, per osservare la propria vita e descriverla con occhi esterni. Rivolgendosi ad un pubblico sempre più internazionale, molti artisti cinesi utilizzano la propria espressione artistica per avvicinare il mondo alla Cina, e la politica del figlio unico è un particolare della storia cinese che merita essere raccontato ed esplorato.
Di Camilla Fatticcioni*
**Laureata in lingua Cinese all’università Ca’ Foscari di Venezia, Camilla vive in Cina dal 2016. Nel 2017 inizia un master in Storia dell’Arte alla China Academy of Art di Hanghzou interessandosi di archeologia ed iconografia buddhista cinese medievale. Sinologa ed autrice del blog perquelchenesoio.com, scrive di Asia e Cina specialmente trattando temi legati all’arte e alla cultura. Collabora con diverse riviste tra cui REDSTAR magazine della città di Hangzhou e scrive per il blog di Bridging China Group. Appassionata di fotografia, trasmette la sua innata voglia di raccontare storie ed esperienze attraverso diversi punti di vista.