“Disney guarda ed impara”, “decisamente meglio di Mulan!”, “una storia mainstream con la cultura cinese ben rappresentata anche per un pubblico occidentale”. Questi sono alcuni dei commenti dei netizen cinesi che hanno così accolto “Over the Moon”, l’ultimo musical d’animazione a marchio Netflix.
Dopo una sola settimana dal lancio ufficiale avvenuto il 23 ottobre, la nuova pellicola frutto di una cooperazione tra il colosso statunitense e la casa di produzione cinese Pearl Studios, è uno dei titoli più visti. Ed ora la fantastica storia di una ragazza che viaggia alla ricerca della mitica dea Chang’e sembra aver conquistato anche il pubblico cinese. Il film è infatti disponibile sulla piattaforma di video streaming online Douban, ma ciò che è interessante è che da Taiwan ad Hong Kong, dalla Mainland ai cinesi d’oltremare “Over the Moon” sembra accontentare tutti.
Ma andiamo con ordine. Per la sua ultima fatica animata, ha affidato la produzione al genio creativo di Glen Keane, l’ex Disney disegnatore di numerosi classici come La Sirenetta ed Aladdin. Il film segue le vicende di una giovane ragazza di nome Fei Fei che vive in un villaggio cinese disegnato sul modello del gioiello architettonico di Wuzhen. Sin da bambina, Fei Fei cresce con le leggende narrate dalla madre del mito di Chang’e e dell’amato Houyi, ma gli imprevisti sono dietro l’angolo. Fei Fei dovrà superare il lutto della improvvisa scomparsa della madre, ma conserverà per sempre il vivido ricordo delle storie di quest’ultima e della mitica leggenda della dea che vive sulla Luna. Anni dopo la protagonista, ormai adolescente, verrà a sapere che suo padre è pronto a risposarsi, ma ferita ed arrabbiata all’idea che la memoria di sua madre possa essere eclissata, si propone di costruire un razzo che possa raggiungere il fantastico Palazzo della Luna, dove spera di dimostrare che Chang’e è reale e che quindi il vero amore non si scorda mai.
“Over the Moon” è sicuramente un’avventura luminosa che fa eco a molti classici Pixar, ma ha anche alcune delle loro potenti emozioni e suona a tutti gli effetti come una variante cinese del film “Coco”, una storia altrettanto familiare che mette in primo piano una serie di specificità culturali. In Coco è la cultura messicana e la celebrazione del Giorno dei Morti; in “Over the Moon” è la cultura cinese ed il Festival di Metà Autunno con tutte le celebrazioni che lo circondano.
Non è quindi sbagliato sottolineare che la stessa cultura cinese, messa nel film in scena in ogni singolo dettaglio, è uno dei principali protagonisti. Un elemento che è stato fortemente apprezzato unilateralmente anche dal pubblico cinese. Dall’inizio alla fine, “Over the Moon” si diletta nelle sue citazioni culturali. Dallo stesso mito ancestrale di Chang’e, fino ai mooncakes o al profondo simbolismo della gru bianca, la pellicola è permeata dalla cultura cinese. Grande attenzione è stata data anche ai costumi indossati dai personaggi. Netflix a riguardo ha ricercato la perfezione. Basti pensare che per i vestiti della dea Chang’e, la produzione ha chiesto l’aiuto della casa di moda Guo Pei, uno dei marchi haute couture cinesi più importanti e famosi al mondo, nota per il costante richiamo alla “cinesità” nelle sue eleganti collezioni.
Si potrebbe maldestramente supporre che tutta questa maniacale ricercatezza e volontà di mettere in scena una lista di elementi culturali e pietre miliari ben riconoscibili del folklore cinese, sia solo un un tentativo dei produttori occidentali di compiacere una fetta di pubblico ben precisa. Un dubbio legittimo, ma gli stessi netizen cinesi pensano non sia così. “Over the Moon” riesce infatti a raccontare una storia totalmente cinese, con elementi cinesi e che combini una Cina tradizionale sapientemente immersa in una cornice moderna, in un prodotto unico che piace sia in Oriente che in Occidente.
Basti pensare che la stessa Fei Fei ha una grande passione e talento per la scienza. Dalla costruzione del razzo alla volontà di trovare il lato oscuro della luna, da quel momento la stessa Chang’e assume un doppio significato. Si fa infatti un (poco esplicito) riferimento all’uso moderno di tale nome, ovvero al programma cinese di esplorazione lunare che recentemente è riuscito a far atterrare una sonda proprio sul lato più lontano della Luna.
Nonostante la pellicola non raggiunga la qualità visiva della Pixar, l’aspetto generale del film è sbalorditivo, per i suoi colori vivaci e l’azione ben definita nonché per il suo coinvolgimento estetico, empatico e creativo estremamente ricco.
La protagonista è quindi un personaggio espressivo e carismatico che potrebbe essere tranquillamente una ragazza della Cina moderna. Questa si distingue sicuramente in un’industria dell’animazione che è stata da sempre riluttante nell’inserire i personaggi asiatici nei ruoli principali in qualsiasi film, per non parlare dei film animati per bambini. Per lo spettatore è facile cadere nella vivida profondità delle emozioni che investono la protagonista, così come è facile comprendere quegli elementi culturali che l’hanno formata.
La ricerca di elementi cinesi è precisa anche nei piccoli dettagli. Incredibile una sequenza di una partita di ping-pong o anche la stessa Chang’e è presentata come una moderna diva del pop cinese. Questo forse l’unico punto che ha diviso il pubblico cinese. Alcuni avrebbero preferito una Chang’e più “istituzionale” ed algida, altri rispondono che leggendo le ballate tradizionali, viene raccontato di come la dea fosse solita ballare e cantare insieme all’amato Houyi. Filologia a parte, indubbiamente Netflix è riuscita a rendere moderna persino un mito antico millenni.
“Over the Moon” potrebbe essere un film importante per i bambini cinesi che desiderano, come tutti gli altri, vedere le versioni di se stessi sullo schermo in ruoli significativi, attivi e potenti. Certamente questo è ciò che Netflix e Keane hanno immaginato. Immergendo il film in elementi intesi a evocare quell’entusiasmo e calore dato dalle riunioni familiari piene di quei cibi tradizionali della Festa di metà autunno, il film si fa strada con attenzione e amore attraverso messaggi progettati per raggiungere il pubblico più vasto possibile, dato che il dolore e il desiderio sono esperienze così universali.
Parlando dei temi della famiglia, del cibo e della cultura cinese che dominano il lungometraggio, la produttrice esecutiva Janet Yang ha dichiarato: “La chiave per me era rendere il film accessibile a chiunque. Posizionarlo in un contesto contemporaneo è stato il primo passo. Chang’e, avendo vissuto migliaia di anni fa, sarebbe un personaggio più difficile con cui relazionarsi rispetto a una ragazza che vive in Cina in questo momento. Quelli di noi che hanno sperimentato la Cina sanno che le persone su entrambe le sponde del Pacifico hanno molto in comune: amore per la famiglia, amore per il cibo e desiderio di sognare”.
Di Stefano Venza*
*Giornalista freelance con background in lingua e cultura cinese. Nuotatore professionista, nel tempo libero segue da vicino le vicende hi-tech del Dragone, viaggiando sempre a cavallo tra Oriente ed Occidente.