La monarchia saudita da sempre vede non positivamente l’amicizia di Pechino con Teheran, storico rivale nell’area. Allo stesso tempo la Cina ha da sempre evitato di entrare troppo in stretti rapporti con un paese così strettamente religioso.
Ma la globalizzazione ha radicalmente mosso le carte in tavola. rispettivamente con “China 2025” e “Vision 2030”, Cina e Arabia Saudita si sono fatti promotori di due progetti di radicale ristrutturazione economica nazionale, le cui finalità sono assai simili l’uno all’altra. Motivo per il quale il dialogo bilaterale tra le due parti si è rafforzato.
Trasformare l’Arabia Saudita in una potenza finanziaria regionale, riducendo drasticamente la dipendenza dalle entrate petrolifere. È questo l’obiettivo del programma di sviluppo “Arabia Vision 2030”. Nonostante il progetto sia stato presentato da re Salman, il piano è interamente frutto della lungimiranza del principe ereditario Mohammed Bin Salman. Come sottolineato da re Salman all’indomani dell’approvazione ufficiale del progetto, “Vision 2030 è un piano che porterà sviluppo in tutti i settori e in tutte le zone del paese”.
L’ambizione principale del principe Mohammed Bin Salman è di ridurre la dipendenza dalle entrate petrolifere, ad oggi superiore al 90%, e ad attivare nuovi settori economici su esempio dei vicini Emirati Arabi Uniti. Ripercorrendo in qualche modo un processo simile a quello che sta vivendo la Cina.
Nonostante le differenza, le finalità non cambiano. Entrambe i paesi sono in una fase di transito da un modello economico ad un altro. Così come l’Arabia Saudita vuole aspirare ad altro che non il “benzinaio del mondo”, allo stesso modo la Cina vuole lasciarsi alle spalle la fama di “fabbrica del mondo”.
Pechino ha avviato “中国制造2025”, letteralmente “Made in China 2025”, meglio conosciuto anche come “China 2025”. L’iniziativa che punta a rinnovare e rafforzare l’industria cinese sul modello 4.0 é un modello mutuato da illustri predecessori Germania e Giappone in primis, e pone forte enfasi su l’automatizzazione e sulla creazione di valore per i prodotti cinesi.
Con il progetto “China 2025”, la leadership cinese punta a fare quegli stessi cambiamenti macroeconomici e strutturali dell’Arabia Saudita. Molti analisti ed economisti ritengono anzi che proprio il Dragone sia stato un esempio ed un faro per Riad. Gli analisti sostengono che nell’arco di 20 anni la Cina sarà in grado colmare tutti i gap che ancora la separano dalle potenze economiche occidentali. Per superare le sfide, sono tanti i centri di competenza per l’innovazione delle imprese sorti nei principali cluster produttivi della Cina.
Nonostante parte del progetto si riferisca alla riforma e ristrutturazione del settore manifatturiero, “China 2025″ è un programma ben più aperto ed inclusivo che coinvolge molti altri settori, dal momento che la riforma voluta da Pechino ha bisogno non solo delle migliori eccellenze cinesi, ma anche investitori e know-how stranieri.
Tra i primi settori che saranno potenziati il digitale. Grazie al progetto “Internet Plus ,互联网+”, ed agevolazioni economiche, Pechino spingerà l’universo delle start-up e delle imprese nate sul web. Con una particolare attenzione alla cybersicurezza, telecomunicazioni 5G e e alla cosiddetta “next-generation information technology”.
Attualmente la Repubblica Popolare vanta nei suoi confini oltre 40 “unicorni”, termine finanziario per indicare start-up con un capitale di almeno un miliardo di dollari. Importante sarà lo sviluppo di un comparto industriale moderno e robotizzato, che possa anche migliorare l’efficienza e i costi della forza lavoro. E Pechino è molto attiva anche in settori industriali di ultima generazioni come le nano-tecnologie e i materiali compositi.
La leadership cinese spinge anche nel settore dell’aerospazio. Landers robotici, astronauti, stazioni orbitanti e laboratori su Marte e la Luna. Sembra fantascienza ma è la ferma volontà di Pechino. La corsa spaziale cinese oramai non è semplice competizione, ma necessita una riflessione più profonda perché tocca la stessa ristrutturazione economico-industriale del Paese.
Cina e Arabia Saudita sembrano parlare la stessa lingua, motivo per il quale negli ultimi anni i rapporti bilaterali tra Riad e Pechino si sono intensificati. Alcuni ritengono che il vero avversario alla corsa tecnologica cinese sarà proprio il paese del Golfo, poiché i loro rispettivi programmi industriali hanno molto in comune, specie nello lo sviluppo di un settore high-tech che possa essere realmente competitivo a livello internazionale.
A Pechino la presunta competitività con Riad non sembra preoccupare. Anzi, le riforme intraprese dal paese arabo, sembrano essere una potenziale opportunità di sbocco per i capitali cinesi. Non è un caso che tra i primi paesi che sono arrivati ad appoggiare il nuovo corso di Riad, vi è stata proprio la Cina.
L’Arabia Saudita, nei progetti di Pechino, potrebbe essere anche un importante hub portuale nel Medio Oriente per la Via della Seta Marittima. Da parte sua Riad ha bisogno di know-how straniero almeno per iniziare il nuovo corso digitale. Competenze che Pechino può offrire in ambito di finanza digitale, e-commerce ed intelligenza artificiale. Questo il motivo per il quale capitali cinesi stanno attualmente operando nel paese arabo.
di Cifnews 雨果网
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