Chongqing e Chengdu rappresentano oramai la nuova frontiera della Cina in continua trasformazione, un vero cluster produttivo dinamico, porta naturale dei commerci e corridoio privilegiato della “Belt and Road Initiative”. Quando parliamo di queste due grandi città, non possiamo che farlo assieme.
Ed ora la leadership cinese ha intenzione di premere sull’accelleratore per trasformare il tandem Chongqing-Chengdu nel quarto polo produttivo del paese. Già ad inizio anno il Central Financial and Economic Affairs Commission (CFEAC) aveva proposto di combinare la municipalità autonoma di Chongqing ed il capoluogo del Sichuan insieme ad altre 14 città minori al fine di dare vita al cluster Chengdu-Yu (“Yú”, 渝 è l’abbreviazione ufficiale di Chongqing) che, a detta degli esperti, dovrebbe diventare il quarto polo produttivo del paese. La notizia è tornata alla ribalta nei giorni scorsi, ma per chi è dentro alle vicende cinesi, sa che Pechino lavorava a questo progetto sin dal 2018. E non c’è da sorprendersi.
La storia di queste due città, come il loro sviluppo e cultura è legato da un sottile filo rosso che si perde nel tempo e va fino indietro alla mitica dinastia Shu. Patria del pepe di Sichuan e delle piccanti hot-pot, Chongqing-Chengdu sono l’immagine dei nuovi mercati emergenti, della Cina che corre e si afferma nel mondo. Oltre ad essere i due poli di un’area del mondo (Sichuan e Chongqing messi assieme) di oltre 120 milioni di abitanti.
Dopo decenni di sforzi per diventare un centro tecnologico, Chengdu, capitale provinciale del Sichuan e uno degli snodi logistici più importanti dell’entroterra occidentale del Dragone, ha attribuito grande importanza allo sviluppo scientifico e tecnologico. Attualmente Chengdu ha visto la nascita di molte startup e realtà operanti nel settore dei software.
L’ambizione tecnologica della regione ha dato i suoi frutti. Nonostante la città dei panda sia ancora lontana dal primato di hub tecnologici quali Pechino o Shenzhen, il suo settore nell’hi-tech ha visto un’esplosione vertiginosa di investimenti negli ultimi anni. Apripista della corsa tecnologica del capoluogo del Sichuan è il Chengdu Hi-tech Industrial Development Zone (CHIDZ). Fondato nel 1988, questo parco tecnologico totalmente ristrutturato e di ultima generazione, oggi occupa la quarta posizione a livello nazionale in fatto di investimenti e brevetti. Sebbene la città abbia destinato, se confrontata con altre metropoli cinesi, solo una “minima” parte del proprio PIL cittadino agli investimenti nell’alta tecnologia, questo non ha compromesso la crescita del CHIDZ che è tra i più importanti anche nel settore dell’IT, oltre che vera calamita di talenti da ogni parte del paese.
Se Chengdu sembra aver puntato sull’industria dei software e sulle startups, Chongqing è al contrario uno dei principali centri hardware della Cina. Nel tempo ha attratto numerosi giganti operanti nella information technology quali HP, Foxconn, Quanta Computer ed Invetec. Non solo, colossi cinesi come Tencent, Alibaba, ByteDance hanno qui investito milioni di dollari aprendo anche delle compagnie sussidiare nella città.
Come spiegare l’appeal di Chongqing? La città, dopo essere stata negli anni ‘40 per un breve periodo capitale della Repubblica di Cina, divenne nel 1997, insieme a Pechino, Shanghai e Tianjin, una delle “Quattro Municipalità autonome” del paese. Il piano della leadership cinese era sin d’allora ben chiaro. Trasformare questa città nel cuore economico del centro della Cina. E dopo vent’anni di politiche di apertura, Chongqing è tornata ad essere la città dinamica di un tempo.
Chongqing è infatti uno dei principali porti del fiume Yangtze, senza contare che le sue ferrovie e hub aeroportuali sono da sempre una naturale via di comunicazione tra una parte e l’altra del Dragone. Insieme a Chengdu, Chongqing è diventata una delle aree in più rapido sviluppo del paese e sta guidando la crescita economica della Cina centrale, con un’espansione che era a due cifre già nella prima metà del 2017.
Tuttavia la corsa del tandem Chongqing-Chengdu non sarebbe stata possibile senza un fattore determinante: investire nell’istruzione. Negli ultimi cinque anni, queste due città sono diventate dei veri centri di incubazione per talenti. Senza contare che atenei come la Sichuan University, l’University of Electronic Science and Technology of China, e la Southwestern University of Finance and Economics sono alcune delle università più in vista del paese. Un perno che ha fatto sì che un bacino enorme di giovani, per lo più locali, diventassero i talenti di domani della nuova “Lunga Marcia” cinese.
Che si possa aprire quindi una competizione diretta cone le first tier costiere? Gli analisti non la pensano così. Pechino vuole far evolvere il cluster Chengdu-Yu nella “Silicon Valley della Cina dell’Ovest”. Un progetto sicuramente ambizioso, ma la leadership sembra muoversi con passi decisi. Ad esempio nel gennaio di quest’anno Chengdu Administration for Market Regulation ha dato il via libera ad una sorta di libero mercato hi-tech fra le due città, una mossa che aiuterà il dialogo, e l’interazione, delle aziende hi-tech tra le due città.
Di Stefano Venza*
**Giornalista freelance con background in lingua e cultura cinese. Nuotatore professionista, nel tempo libero segue da vicino le vicende hi-tech del Dragone, viaggiando sempre a cavallo tra Oriente ed Occidente.
[photo credit: Jerry Wang, Unsplash]