Chi è Badiucao, l’artista dissidente famoso nel mondo ma inviso a Pechino

In Cina, Cultura by Redazione

Caratteristica fondante dell’opera artistica di Badiucao è la satira politica e la denuncia sociale contro Pechino. Hong Kong, Xinjiang, ma anche le tre T (Tiananmen, Tibet e Taiwan). L’artista di Shanghai non risparmia un colpo. Una panoramica sull’artista più controverso degli ultimi dieci anni in attesa della sua prima mostra da artista solista prossimamente a Brescia

Il fumettista politico cinese Badiucao ha scelto l’Italia per la sua prima mostra da artista solista intitolata “La Cina (non) è vicina. Badiucao. Opere di un artista dissidente”. A poche settimane dall’inaugurazione, che avverrà il 13 novembre al Museo di Santa Giulia a Brescia, la mostra dell’attivista ha già creato trambusto. L’ambasciata cinese in Italia non ha apprezzato la decisione del comune di Brescia di ospitare le controverse opere del “Banksy cinese”. E così, dopo che alcuni media hanno colto la notizia per parlare dell’intolleranza di Pechino nei confronti dei dissidenti politici, anche l’Italia sembra essersi accorta di uno degli artisti cinesi più prolifici, creativi e attivi sui social degli ultimi dieci anni.

Chi già conosce l’attivista di Shanghai, sa bene che esibizioni cancellate e polveroni sollevati sono necessariamente all’ordine del giorno per un’artista che senza mezzi termini prende di mira il governo cinese e i suoi politici. Il fulcro della produzione artistica di Badiucao, nome fittizio scelto dal ragazzo per celare la propria identità, è infatti una serie di illustrazioni che ritraggono in modo provocatorio importanti personaggi politici cinesi e che denunciano la violazione dei diritti umani da parte delle autorità in Cina. Hong Kong, Xinjiang, ma anche le tre T (Tiananmen, Tibet e Taiwan), sono questi i temi delle opere di Badiucao. L’artista non risparmia un colpo e dal 2011 (anno della sua prima opera politica, Wenzhou train collision) sforna vignette invise a Pechino.

Classe ’86, nato nella Repubblica Popolare Cinese e poi naturalizzato australiano, Badiucao fa risalire il suo “risveglio politico” alla visione di una videocassetta pirata dal contenuto inaspettato. Nel 2007, insieme ad un gruppo di studenti, iniziò a guardare quella che pensava fosse una commedia romantica taiwanese e che invece si rivelò essere un video sugli avvenimenti di piazza Tiananmen.

Da allora, il passato della Cina, la libertà di espressione e le proteste del 1989 sono sempre state al centro della produzione artistica di Badiucao. Nel 2018, l’illustratore si presentava al pubblico indossando una maschera, così come è ricordato per la sua opera d’arte #TankMen2018 . Una performance di protesta, iniziata dall’artista proprio per commemorare l’anniversario del massacro di Piazza Tiananmen.

Artista dalla grande presenza su Twitter, Badiucao ha presto dovuto abbandonare i social media cinesi quando ha pubblicato le sue prime vignette satiriche. Critico senza rimorsi e senza passare dal via, l’artista criticava il Partito Comunista Cinese e il suo astio nei confronti delle autorità, e soprattutto del presidente Xi Jinping, si è fatto negli anni più accentuato. Disilluso e amareggiato per il clima di oppressione che percepiva vivendo a Shanghai, nel 2009 Badiucao si è trasferito in Australia, dove è attualmente residente. Per poter proseguire la sua carriera ha inoltre rinunciato al passaporto cinese in favore di quello australiano, ma non ha sicuramente rinunciato a dire la sua su temi politici e di attualità del suo paese natale. Censur. La censura delle sue opere nella Repubblica Popolare non ha rallentato la sua produzione artistica. E non ha intaccato il suo attivismo. Al contrario, negli ultimi dieci anni Badiucao si è palesato come una delle voci dissidenti più presenti dal punto di vista artistico per commentare gli abusi della Rpc e schierarsi in favore della salvaguardia dei diritti umani. Le sue opere giungono sempre in risposta a eventi di cronaca e sono un commentario dell’attualità cinese e dei dossier più problematici che riguardano la Cina.

Nelle vignette di Badiucao si possono trovare arguti riferimenti alla pop culture tanto quanto alle immagini archetipe della propaganda del Partito, che l’artista utilizza in chiave di denuncia politica sovversiva. Famosa in tutto il mondo e famigerata in Cina è la vignet ta che ritrae il presidente cinese Xi Jinping a caccia di Winnie the Pooh, il simpatico orsetto entrato nel mirino della censura cinese dopo un meme che lo paragonava al presidente.

Il 2019 è stato l’anno della produzione artistica dedicata ad Hong Kong. Seguendo le proteste successive all’introduzione della legge sulla sicurezza nazionale, Badiucao ha spostato la sua attenzione verso i disordini della ex colonia britannica e ha commentato duramente la risposta del governo. Quando Carrie Lam, ha pianto in televisione parlando dei sacrifici fatti per la città, per esempio, l’artista ha pubblicato una vignetta della leader con un braccio da rettile. Lacrime da coccodrillo, denunciavano i protestanti hongkonghesi.

Nel 2020 invece, Badiucao è tornato assiduamente su Twitter per cominciare la serie di illustrazioni a commento di un’altra grande problematica che ha coinvolto prima la Cina e poi tutto il mondo: la pandemia da Covid-19. Attraverso tweet mirati e thread seguitissimi, Badiucao ha inoltre raccolto i racconti alternativi dello scoppio della pandemia a Wuhan. Un’opera di etnografia digitale che si è accompagnata alla sua produzione artistica di dissenso. Pur trovandosi in Australia, l’artista ha svolto un ruolo fondamentale nel fare da ponte tra la Cina continentale e il resto del mondo, condividendo racconti, pareri, narrazioni provenienti dalla Rpc inizialmente oscurate dall’ansia pandemica e dalla fitta rete di controllo di Pechino. Un diario alternativo di Wuhan, per così dire.

Ma anche quando i media di tutto il mondo erano totalmente concentrati a documentare la pandemia, Badiucao non ha dimenticato di portare avanti il suo attivismo ed interesse nei confronti delle sorti di Hong Kong. Ne è un esempio l’illustrazione pubblicata a seguito del 18 aprile dello scorso anno, giorno in cui a Hong Kong furono arrestati 15 veterani democratici. È n quell’occasione che è nata la famosa rappresentazione che riprendendo l’iconica del Tank Man, raffigura un giovane protestante di Hong Kong (caratterizzato dall’ombrello giallo, simbolo delle manifestazioni anti cinesi) di fronte a dei carri armati a forma di virus. Ancora una volta, torna il tropo del passato storico cinese, che si mescola al presente per rivendicare la libertà di espressione in momenti di crisi.

Le opere di Badiucao si stanno facendo sempre più taglienti e meno apologetiche. Le illustrazioni c olorate e dinamiche lasciano poco spazio per l’interpretazione e il messaggio critico è spesso di immediata chiarezza. Come quella del 2019, dal titolo “Xinjiang Auschwitz” (Fig.5). Se l’immagine, e il titolo, non fossero sufficienti per far trapelare il messaggio, ecco che il tweet allegato dall’artista interviene a sfatare ogni dubbio: “Ecco la mia vignetta sui campi di concentramento dello Xinjiang – scrive l’artista – Non tacere sul genocidio culturale nello Xinjiang!”. Lo stesso vale per la vignetta “Boycott Mulan”.  Pubblicata in occasione della distribuzione del live action Disney, Badiucao ha voluto contestare il fatto che alcune scene del film fossero state girate in Xinjiang, e ha ribadito il suo impegno per la salvaguardia dei diritti umani .

 

Avend o come mezzo privilegiato per la diffusione delle sue opere i social media, le vignette di Badiucao sono tante e quella di Brescia sarà la prima vera esposizione in solitaria dell’artista. La stessa locandina della mostra, un ritratto del presidente Xi Jinping travestito da Carrie Lam, (Fig.7) riassume in una sola immagine il tono irriverente delle opere dell’artista di Shanghai. Che piacciano o no, al fumettista importa la libertà di espressione e, come ribadito in un tweet di dicembre 2020 diventato uno dei suoi cavalli di battaglia: “Che sia buona satira o meno, al netto di tutto rimane l’indipendenza degli artisti. Una cosa del genere in Cina non esiste. È davvero offensivo affiancare gli strumenti di propaganda nazionali in Cina a forme di critica indipendenti come le vignette politiche”.

Di Camilla Fatticcioni; ha collaborato Lucrezia Goldin