In Cina la situazione sembra tornare alla normalità tranne in alcune zone: ieri sono stati confermati 32 nuovi casi, tutti «importati» (una delle principali preoccupazioni per il governo e rischio per il quale la Cina ha deciso da giorni per la chiusura totale del paese a nuovi arrivi di stranieri, ma naturalmente tornano anche i cinesi in zone contagiate e dunque potenzialmente ammalati).
Nella Cina continentale sono stati segnalati in totale oltre 81.600 casi di Covid-19 e più di 3.300 persone sono decedute a causa della malattia. Per provare a tracciare un primo bilancio, valutare sensazioni e percezioni di quanto il covid-19 abbia già modificato e probabilmente modificherà per sempre le nostre vite, abbiamo intervistato Chen Qiufan, uno degli scrittori di fantascienza più apprezzati in Cina, nonché acuto osservatore di quanto accade nel paese. Considerato il «William Gibson cinese» lo avevamo intervistato nel 2018 per comprendere le tendenze della letteratura di science-fiction in Cina.
Come hai vissuto il momento più duro dell’epidemia per la Cina?
Sono tornato in Cina a fine gennaio, per il capodanno. Wuhan era stata appena chiuso. Ho cancellato tutto, anche gli appuntamenti di famiglia, ogni uscita. Sono state giornate cariche di ansia, con il tempo passato a fare refresh sui social media, cercando le notizie, provando a scansare i rumors. C’era da stare a casa e comprare le macherine, introvabili nei primi momenti. Proprio come è successo da voi in Italia.
Si è parlato molto qui in Italia del «modello cinese» di risposta al coronavirus. Qual è al tuo modo di vedere la decisione più importante assunta dalla Cina?
La decisione più importante è stata sicuramente quella di chiudere tutto, soprattutto, almeno all’inizio, a Wuhan e nell’Hubei. È costato molto economicamente, ma finora si è rivelato l’unico modo per controllare la diffusione del virus ed evitare il sovraccarico del sistema sanitario.
Intelligenza artificiale e Big Data sembrano ormai governare i processi di contenimento del virus in Cina dove già erano piuttosto rilevanti nella vita quotidiana…
Si tratta di una tendenza in atto che ormai sembra essere diventata la nuova normalità. Tutti si stanno abituando a registrare on line ogni proprio dato e a condividerli con le autorità. Compreso il fatto di ottenere un codice (o un colore sull’app ndr) che ti certifica come “sicuro” in grado di muoverti con meno privazioni di chi ha codici diversi. Quindi, date le circostanze, l’IA o i big data saranno sicuramente ampiamente utilizzati e monitoreranno fortemente la nostra vita quotidiana.
Hai scritto in questi giorni? Che cosa ti ha più incuriosito di tutta questa vicenda?
Scrivo ogni giorno da quando fa parte della mia vita e in questo periodo sono stato anche più efficiente, non potendo andare da nessuna parte e l’aspetto che mi interessa di più è la reazione umana a tutto questo: Quando i sistemi che governano il nostro mondo falliscono, le persone hanno bisogno di proteggersi, aiutarsi a vicenda e auto-organizzare molte cose come le cure mediche, l’approvvigionamento di cibo, ecc. Puoi avere fiducia nell’umanità mentre tutto il resto ti ha deluso profondamente.
Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.