Nel 1994 il socialismo con caratteristiche cinesi entrava nella sua seconda fase, segno di un paese che si apriva definitivamente al mercato globale e che, da quel momento in poi, non sarebbe stato più lo stesso. Appena un anno dopo, nel 1995, nacque il primo Centennial, ovvero la prima generazione che non ha mai conosciuto la “Cina di Mao”; la seconda e ultima generazione completamente cresciuta sotto la legge del figlio unico; ma anche l’età che ad oggi rappresenta la più grande fetta di consumatori al mondo, contando per il 40% del mercato cinese e per il 7% di quello internazionale.
Conosciuti come Generazione Z, iGen, Post-millennials: parliamo di tutti i giovani nati tra il 1995 e il 2009, e in generale, di tutti i linglinghou (lett. “dopo lo zero-zero”), i nati nel nuovo millennio. I nuovi cinesi sono molto differenti dai nuovi europei, ma condividono con loro un tratto fondamentale: le generazioni precedenti li considerano un’età priva di valori. Le anime digitali dei centennials sono distanti dal mondo analogico e, nonostante grandi imprese e organizzazioni siano sempre più interessati a comprenderli per scopi commerciali, gli stereotipi dovuti al gap intergenerazionale generano incontri e scontri culturali di portata mondiale, come nel “caso Dolce & Gabbana”. Parliamo di pregiudizi che, per quanto discordanti con la realtà effettiva, possono aiutarci a comprendere le diverse dinamiche sociali che tale generazione affronta quotidianamente e l’identità della quale è alla continua ricerca.
Il clan del chiaro di luna
Generalmente i centennials cinesi sono descritti come distanti dalla pietà filiale, meno propensi al culto della famiglia, privi della “cultura del libro” e ossessionati dallo shopping e i nuovi trend. Un fenomeno che è stato racchiuso sotto slogan come “clan del chiaro di luna”, una frase che gioca sulle parole cinesi yue guang zu, richiamando il significato di “spendaccioni” che svuotano il portafoglio ogni mese.
Se da una parte è vero che i giovani cinesi risparmiano meno e comprano di più, a tal punto da elevare Gucci a stile di vita e spendere in media 7mila dollari all’anno in beni di lusso, dall’altra non si possono ignorare le cause per il quale la generazione z compie certe azioni.