Il motore dei gay center in Cina sono gli attivisti e i numerosi volontari che abbracciano le cause e i valori della vulnerabile comunità Lgbtq. Nel paese solamente il 5 per cento vive apertamente la propria omosessualità sul luogo di lavoro, e il 15 per cento fa coming out in ambito familiare; oltre il 70 per cento, invece, soffre di disturbi psicologici e non riesce ad accettare il proprio orientamento sessuale (sondaggio su 30000 cinesi realizzato nel 2016 dal Beijing Lgbt center). Ma la Cina è in continua transizione e la popolazione accetta gradualmente l’omosessualità e la disforia di genere. Un ruolo determinante è giocato dai centri Lgbtq che avviano attività per fortificare la comunità locale e nazionale. I centri però cercano di influenzare la politica nazionale, mentre il Partito cerca di controllare le organizzazioni. Il Beijing Lgbt center nella capitale cinese è la principale organizzazione nazionale e collabora con l’Università di Pechino per analisi sugli studi di genere in Cina. Da 12 anni, racconta al manifesto la direttrice Ying Xin, il centro della capitale è attivo nel sostegno psicologico e legale per i membri della comunità Lgbtq nazionale, portando i temi di genere sotto i riflettori dei media nazionali.
Quali sono le attività che svolge il Beijing Lgbt center?
Siamo un’organizzazione basata sulla comunità Lgbtq di Pechino, ma operiamo anche a livello nazionale. Lavoriamo principalmente sui servizi per la comunità, sulla formazione di professionisti, come medici, legali, psicologi e assistenti sociali, e sulla ricerca sui temi di genere. Giochiamo un ruolo di primo piano in tutto il paese per la difesa dei diritti delle persono transessuali, per la tutela della salute mentale dei membri della comunità, e per combattere le discriminazioni sul posto di lavoro. Il nostro lavoro è molto variegato e ci avvaliamo della collaborazione di fondazioni nazionali. La legge del 2016 che limita l’operato delle Ong con i gruppi stranieri non ha inficiato molto sulla nostra attività: siamo circondati da professionisti che ci consentono di muoverci alla luce del sole.
Lo scorso maggio è stato cancellato l’appuntamento annuale dello Shanghai Pride e qualche mese dopo l’Hunk club di Chengdu ha chiuso. Cosa è cambiato negli ultimi anni?
Sono due facce della stessa medaglia. Certamente sono accadute cose negative negli ultimi anni. Abbiamo conosciuto una riduzione delle attività perché le misure del governo cinese sono più stringenti e talvolta non riceviamo l’autorizzazione per determinati eventi. Ma sono successe anche cose positive. Nel 2017 abbiamo vinto una battaglia legale che ha permesso a due donne di diventare tutore legale l’una dell’altra. È un passo avanti nel lungo percorso dell’approvazione del matrimonio gay. Nel 2019, abbiamo aiutato un ragazzo transgender a veder riconosciuta la discriminazione sul posto di lavoro. Lo scorso anno è stata approvata la legge sulla protezione dei minori in ambito scolastico, familiare e sui social media. La nuova norma, che entrerà in vigore a luglio, esorta le scuole a stabilire un meccanismo per prevenire il bullismo, fornendo formazione al personale scolastico per garantire consulenza psicologica e prevenire traumi ai minori. Inoltre, la legge ha sottolineato l’importanza dell’educazione sessuale nelle scuole. Stiamo facendo diversi progressi in Cina e siamo ottimisti riguardo al futuro.
Avete lanciato iniziative per consentire alle coppie di unirsi e vivere apertamente la loro relazione?
Due anni fa, nel 2019, il nostro centro ha formalizzato il matrimonio di due diverse coppie dello stesso sesso a Pechino; l’evento ha attirato molta attenzione dai media internazionali e nazionali. Anche in passato abbiamo lavorato molto su questo fronte. Dal 2009 al 2017 abbiamo lanciato campagne per il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Qual è l’approccio dei politici cinesi alla comunità Lgbtq?
Si stanno facendo passi avanti. Nel 2019, un portavoce della commissione per gli Affari legislativi ha risposto alla proposta sul matrimonio tra persone dello stesso sesso: sebbene non abbia fornito un feedback positivo, è stata la prima volta che il governo ha mostrato attenzione su questo argomento. Come comunità e società, dobbiamo impegnarci a rendere questo tema più visibile in Cina, coinvolgendo sempre più professionisti del settore. Ma dobbiamo guardare anche ciò che accade all’estero: se più paesi asiatici legalizzano il matrimonio omosessuale, la Cina non può essere l’ultimo. È innegabile che i diritti Lgbtq siano ormai popolari e discussi in tutto il mondo. Anche in Cina ci sono stati diversi casi giudiziari che hanno dato ragione a persone della comunità Lgbtq.
Tra qualche giorno, numerosi ragazzi faranno ritorno a casa per festeggiare con i genitori il Capodanno lunare. Come viene accettata l’omosessualità dai figli in famiglia?
Chi non si è ancora dichiarato in famiglia, può vivere dei momenti difficili. È sempre più facile aprirsi con amici, che sono generalmente più giovani e aperti, ma solo pochi riescono a farlo con i genitori. È opportuno però considerare le differenze tra aree metropolitane e quelle urbane: è più semplice trovare un ambiente inclusivo nelle grandi città.
È ancora frequente la terapia di conversione gay?
Non è frequente, ma esiste. Ci sono circa 90 centri in tutto il paese che offrono un trattamento che non ha nulla di scientifico e che mira al passaggio all’eterosessualità: vengono effettuati elettroshock ai genitali e somministrate droghe che inducono alla nausea durante la visione di film pornografici gay, oppure si fa ricorso all’ipnosi. Il trattamento per sopprimere il desiderio sessuale, per cui si paga 800 yuan a seduta (circa 100 euro), è stato oggetto giuridico e mediatico in Cina. Come centro ci battiamo molto per aiutare i giovani a ottenere dalle cliniche un risarcimento danni per il trattamento ricevuto.
Esiste una legge che garantisce il percorso di transizione da maschio a femmina o viceversa?
È una strada difficile, a cominciare dalla terapia ormonale. Molte persone acquistano farmaci ormonali online o nei “black market”, dove sono venduti a prezzo inferiore. Così si mette in pericolo la propria salute, perché non si è seguiti da medici professionisti. L’intervento per il cambio di sesso è tutelato dalla legge, così come il cambio di genere sui documenti di identità. Ma le persone transgender devono soddisfare alcuni specifici criteri per operarsi. Molto spesso per farlo c’è chi va all’estero, come in Thailandia.
Ci sono dati sui suicidi di persone omosessuali o trans?
Le persone transgender sono quelle più ad alto rischio e quasi il 40 per cento tenta il suicidio.
Quanto è forte la discriminazione sul posto di lavoro?
Ci sono diversi casi sul luogo di lavoro. Questo è perché non c’è una legge contro la discriminazione per proteggere le persone Lgbtq. Per le persone transgender è ancora più complicato; inoltre per loro è difficile trovare un lavoro poiché è complesso il procedimento per cambiare l’indicatore di genere sul documento di identità.
[Pubblicato su il manifesto]
Sanseverese, classe 1989. Giornalista e videomaker. Si è laureata in Lingua e Cultura orientale (cinese e giapponese) all’Orientale di Napoli e poi si è avvicinata al giornalismo. Attualmente collabora con diverse testate italiane.