Xu Lizhi era uno delle migliaia di lavoratori della Foxconn di Shenzhen, il fornitore taiwanese di Apple che ha diversi impianti in Cina. Il 30 settembre 2014 si è suicidato, aveva 24 anni. Il suo è l’ennesimo caso di una serie cominciata nel 2010. Ma Xu era anche un poeta. Nei suoi versi, si coglie il malessere della nuova generazione di migranti, quelli nati negli anni Novanta. Il foglio davanti ai miei occhi si ingiallisce
Con una penna di ferro lo incido di nero tremulo
È il lessico dell’operaio
Fabbrica, catena di montaggio, altoparlante, cartellino, straordinari, salario…
Sono stato addestrato
Non so urlare né ribellarmi
Non so denunciare, né recriminare
Solo sopportare la stanchezza in silenzio
Quando sono entrato qui dentro
Volevo solo una grigia busta paga il dieci di ogni mese
Che mi regalasse una consolazione tardiva
Per questo dovevo smussare i miei angoli e moderare le mie parole
Rifiutare permessi, malattie o ferie
Rifiutare di arrivare in ritardo o di andare via prima
In piedi in catena di montaggio come [fossi fatto di] ferro
Le due mani [che si muovono] come [fossero] ali
Quanti giorni? Quante notti?
È stato così che ho cominciato a dormire in piedi
20 agosto 2011
*Xu Lizhi (1990-2014), poeta. Lavorava in uno stabilimento Foxconn quando il 30 settembre 2014, a soli 24 anni, ha deciso di togliersi la vita.
[La poesia è anche su Caratteri cinesi. Traduzione di Cecilia Attanasio Ghezzi]