Dopo l’Ipo record di Alibaba, presentiamo la prima parte della storia di Alipay, il sistema di pagamento online totalmente integrato con i siti ecommerce di Jack Ma che sta rivoluzionando il sistema del credito cinese. Fiuto, genio e rischio imprenditoriale per insegnare ai cinesi a fidarsi gli uni degli altri Un giorno, a metà del 2003, quattro o cinque giovani sconosciuti si recarono alla filiale Xi Hu della succursale di Hangzhou dell’Industrial and Commercial Bank of China (Icbc). Nel gruppo c’era anche Sun Tongyu, il primo direttore generale del sito Taobao. Il motivo della loro visita, era la volontà di iniziare una collaborazione con la banca per risolvere il problema dei pagamenti su Taobao. Ge Yongdi era l’impiegato che ricevette Sun Tongyu. All’epoca era lui il responsabile del servizio marketing per l’e-banking della filiale.
Ge Yongdi rimase un po’ perplesso di fronte alle enormi prospettive [di guadagno] che gli presentava Sun Tongyu. “A quell’epoca non potevo immaginare – ha ricordato in seguito – che Taobao e Alipay potessero realizzare così tanto”.
Il settore del commercio elettronico da consumatore a consumatore (C2C), a quei tempi, era dominato a livello internazionale da eBay. A livello nazionale, il più grande operatore era Yiqu (eachnet.com); Taobao era ancora un nome poco noto. Ge Yongdi non avrebbe mai immaginato che quell’incontro gli avrebbe cambiato la vita, da lì a dieci anni. Sicuramente non poteva nemmeno prevedere che Alipay, dieci anni dopo, avrebbe rivoluzionato il sistema bancario cinese.
A quell’epoca, Alipay era appena andata online, l’Icbc stava diventando una banca commerciale e il sistema di pagamento China UnionPay era stato lanciato da meno di un anno. Nel giro di un solo decennio, queste tre compagnie avrebbero realizzato un vero e proprio miracolo. Oggi sono, rispettivamente, lo strumento di pagamento più usato su internet, la più grande banca del mondo e la più grande istituzione finanziaria al mondo per numero di carte emesse.
Ognuna adotta verso le altre un approccio attendista. Come forza si equivalgono, per cui a volte prende l’iniziativa una, a volte l’altra. Tra di loro c’è complementarità e cooperazione, ma non mancano malintesi e competitività. Quando serve, comunque, sanno scendere a compromessi.
Primi tempi
Alipay possiede un palazzo uffici di stile essenziale vicino a piazza Huanglong a Hangzhou. Dentro gli uffici ci sono appesi decine di poster rivoluzionari con slogan in grado di motivare il personale: “Vivi o morti, quel che conta è combattere fino alla fine. Altrimenti, meglio morire”; “senza una totale dedizione, non si sopravvive” o “un gruppo disunito, non raggiunge risultati”.
Questa è un’azienda che non ha mai nascosto il proprio fervore e la propria ambizione. Qui, tutto ciò che è tabù o convenzione anacronistica viene messo da parte. Si perseguono l’innovazione e il cambiamento. Perfino attività poco ortodosse – come “correre nudi” – sono diventati esempi celebrati ufficialmente. Il “pioniere del gruppo”, Jack Ma, dimostra una certa noncuranza nei confronti dei possibili rischi che l’innovazione può comportare e il risultato è completamente diverso rispetto a quello della maggior parte delle altre imprese cinesi, di norma molto più caute.
Jack Ma non evita quasi mai, in occasioni pubbliche, di menzionare i suoi rivali (ad esempio le banche o QQ [sistema di messaggistica online ndt]). Lui e la sua compagnia hanno un’aggressività che non è affatto scontata. Ciò fa sì che il morale all’interno della compagnia rimanga sempre alto. È convinto che una competizione trasparente sul mercato renda migliore la società e che, mentre la società cambia, la sua compagnia abbia modo di svilupparsi completamente.
Alipay è un prodotto di questa cultura. Anche se era uno strumento poco noto, Alipay fu lanciato undici anni fa sul sito di Taobao con l’intento di “usare il sistema per garantire che le due parti di una transazione fossero persone oneste. Si volevano disincentivare, così, eventuali malintenzionati”.
Nel maggio del 2003, Jack Ma lanciò Taobao. Dopo appena un mese, il gigante internazionale dell’ecommerce, eBay, acquisì completamente quello che all’epoca era il più vecchio operatore nel settore ecommerce C2C cinese: Yiqu. [Quest’ultimo] possedeva una fetta pari a circa il 90 per cento del mercato cinese. A operazione completata, l’ad di eBay, Meg Whitman, era convinta che non ci fosse all’orizzonte alcuna compagnia cinese in grado di competere con la sua società: “eBay dominerà il mercato cinese senza grossi problemi”.
Rispetto alla Yiqu di eBay, Taobao non aveva alcun vantaggio competitivo: né utenti, né esperienza. Per questo, quando Jack Ma dichiarò che aveva intenzione di sfidare eBay, furono non pochi a deriderlo, supponendo che l’avesse sparata veramente grossa. In realtà, Jack Ma – una persona dotata di grande intuito – aveva intravisto un’opportunità. All’epoca, il numero di internauti cinesi era di 80 milioni, ma Yiqu aveva solo 5 milioni di utenti. Ciò era dovuto soprattutto alla carenza di fiducia tra venditori e compratori. La maggior parte delle persone era ancora abituata a condurre le transazioni economiche solo faccia a faccia. Il nocciolo del problema consisteva nel fatto che è difficile instaurare fiducia tra persone che non si conoscono.
Secondo un rapporto dell’Organizzazione mondiale del commercio, il periodo in cui viene rifondato il sistema creditizio di un Paese è di solito quello in cui il suo Pil pro capite passa da mille dollari a tremila. Nel 2003, il Pil pro capite della Cina era pari a 1090 dollari e aveva appena raggiunto il suo punto critico. Un sistema creditizio obsoleto non era solo un problema di difficile risoluzione, per Jack Ma. Rappresentava un fantasma e un tabù per lo sviluppo del settore bancario cinese nel suo complesso. Gli internauti erano in qualche modo costretti a un’esagerata cautela. Ma Jack Ma non poteva di certo aspettare il giorno in cui il sistema creditizio si fosse pienamente realizzato. Ritardare e attendere avrebbe significato perdere occasioni decisive: “Quando scelgo quale avversario sfidare, cerco di capire quello che ha intenzione di fare e lo faccio prima di lui”.
Così ha trovato la soluzione nell’origine stessa del problema: uno schema per garantire le transazioni. Quello stesso ottobre, Alipay fu lanciato sul sito di Taobao. All’inizio funzionava più o meno come una “cassaforte”. Il compratore inviava il denaro ad Alipay che faceva da garante. Questo comunicava al venditore, successivamente, di spedire la merce. E solo dopo che l’acquirente aveva ricevuto i prodotti acquistati, Alipay girava il denaro al venditore.
Yang Lijuan – membro della prima ora dello staff di Alipay – ancora ricorda come all’inizio Alipay non avesse un team specializzato nella gestione di quelle operazioni. Erano tre persone del personale di Taobao ad occuparsene. Lavoravano seduti su banchi simili a quelli delle scuole elementari, con tre computer obsoleti. Tra le apparecchiature in dotazione, avevano un vecchio fax mezzo scassato e verificavano le transazioni con Excel.
La prima vendita fu una macchina fotografica Fuji di seconda mano, che costava poco più di 700 rmb [82 euro ndt]. Non passò molto tempo, però, prima che il compratore ci ripensasse. A quei tempi, nel dipartimento di affari finanziari lavorava una giovane ragazza alquanto scaramantica. Secondo lei, la cosa non era di buon auspicio e perciò fece di tutto per persuadere l’acquirente a non chiedere il rimborso. In tutto il mese di ottobre, Alipay concluse su Taobao solo una trentina di transazioni, per una cifra totale pari a circa 10mila rmb [1.180 euro ndt]. Dopo aver convinto gli utenti ad usare Alipay, Jack Ma doveva ora persuadere una banca.
I precedenti tentativi di cooperazione tra Jack Ma e le aziende di Stato non erano andati sempre bene. Nel 1996, aveva fondato una società in partnership con un’impresa statale: nel cda lui controllava due seggi, la controparte cinque. Ogni volta che faceva una proposta, i cinque amministratori delegati dell’impresa statale gliela bocciavano all’unanimità. Questa volta però, l’entusiasmo della banca superò di gran lunga ogni sua aspettativa.
[Il pezzo, già pubblicato da Internazionale, è anche su Caratteri cinesi. Traduzione di Piero Cellarosi]
*Zhongguo Xinwen Zhoukan – China Newsweek
Rivista fondata a Pechino nel 2000, è una delle testate più complete e obiettive riguardo il dibattito interno al Paese e i temi legati alle riforme . Si è imposta come una delle riviste più autorevoli sull’attualità cinese e mondiale.