Wang Xiaofeng racconta in un film gli imprenditori che comprano libri per tappezzare il proprio studio. È una questione di mianzi, di faccia, per la generazione a cui la Rivoluzione Culturale ha negato la formazione. Il tema diventa occasione per riflettere sulla moderna industria culturale. Gli anni che ha trascorso alla rivista Sanlian Life Week, ormai, sono più di venti. I libri al suo attivo quattro. Ha un blog, continuamente aggiornato, dove non smette mai di stimolare i suoi lettori. Una playlist musicale decisamente attraente, anche per gli occidentali più occidentali. E oggi è anche regista. Parliamo di Wang Xiaofeng con Wang Xiaofeng.
“Ho chiesto a varie produzioni, una decina, ma hanno tutte rifiutato. Mi dicevano, tu sai scrivere, ma un film è un’altra cosa. In Cina è così: se sei buono a fare una cosa, automaticamente non sai fare altro. Ti definiscono in un ambito e devi rimanere in quello. Trovare i soldi per il mio film non è stato facile”. Wang Xiaofeng, già nel 2005 aveva girato qualcosa, ci sono delle tracce in rete tra il comico e il delirante.
Ma questa volta è diverso. “Ho voluto fare una cosa fatta bene partendo da zero. Ho studiato come esprimere quello che avevo in mente con il linguaggio cinematografico”. In effetti la narrazione letteraria e quella cinematografica, si discostano molto anche per il caporedattore della sezione cultura di una delle riviste più liberal in Cina. Si è rimboccato le maniche, per affrontare il set. “Ci sono standard diversi, fare un film è più complesso, c’è un lavoro di gruppo dietro, credo sia importante afferrare la tecnica cinematografica. Un libro, un racconto, lo puoi fare anche da solo. La cosa più importante comunque è cosa esprimi e lo devi fare al meglio in modo che il significato non venga distorto”.
Partiamo da un punto: Pavidi uccelli all’attacco (Cuiniao xiangqian chong) è una storia vera. Romanzata ma autentica. La realtà, infatti, in Cina è spesso associabile al surreale con ampie sfumature di comicità. Ci sono due tipologie di persone, sia nel film e che nella realtà: chi si è fatto una cultura e ha pochi soldi e tante idee e chi, surfando l’onda dell’economia pianificata da Deng, si è arricchito improvvisamente.
Questi imprenditori di solito “posseggono miniere, chi opera nel petrolio, chi nell’acciaio, gente con davvero tanti soldi. Ma nessuno di loro legge, praticamente non hanno cultura, hanno la licenza elementare, o quella media, forse qualcuno aveva fatto il liceo…di solito vanno tra i quarant’anni come me, fino ai cinquanta e passa. Hanno dovuto fare i conti con la Rivoluzione culturale e non hanno potuto studiare”. *
Da questo nasce una commedia divertente e cinicamente attuale che vede un giovane trentenne, con tanta voglia di fare e un curriculum universitario alle spalle, mettere su un business specializzato in corsi di cultura per imprenditori cinesi. Lo fa, in principio, partendo dal primo bisogno dell’imprenditore senza cultura: fingere di averla.
Il giovane comincia ad acquistare libri su libri per l’imprenditore, i quali vengono deposti con cura su grandi librerie di legno, comprate per l’occasione. I libri, ovvio sottolineare, sono esclusivamente per mianzi, direbbero i cinesi. Per la faccia, diremo noi. Non sono da consultare, leggere e approfondire, ma solo da far vedere alla gente.
“Quando mi hanno raccontato questa storia mi sembrava incredibile ma mi ha smosso qualcosa dentro di molto forte. Utilizzano i libri come oggetti che vanno esibiti. Oppure come i mattoni di un muro”. E a questo Wang Xiaofeng non ci sta. La cultura lui se l’è fatta giorno dopo giorno. Cresciuto in campagna, la scuola nel freddo nord ovest cinese, poi l’università a Pechino e infine il giornalismo.
È uno che con l’industria culturale, tanto pubblicizzata in Cina nel 2012, ci fa i conti da sempre: “Il governo ha scritto praticamente un trattato su questo tema. Ma da quello che ho potuto leggere, ci sono solo due punti importanti: Dobbiamo sviluppare l’industria culturale perché così avremo diritto di parola con l’Occidente. Dobbiamo costruire un nostro sistema di valori comuni per influenzare gli occidentali. Dobbiamo avere forza per parlare al mondo. Ma questa è una cosa assurda! Se il tuo sistema di valori è sempre così arretrato, anche se diventiamo sempre più potenti, comunque non saremo accettati… alla fine quale sono i requisiti e il modo per lo sviluppo dell’industria culturale? Se veramente vuoi sviluppare l’industria culturale, allora, ad esempio, permetti alla gente di poter girare un film, senza tante restrizioni”.
Teniamolo d’occhio Wang Xiaofeng: “Ho molte altre sceneggiature nel cassetto! Molto più interessanti di questa!”.
[Il pezzo è anche su Caratteri cinesi. Traduzione di Désirée Marianini]