Xu Xing, noto come il "Keouac cinese", racconta la sua gioventù. I genitori, gli studi, la letteratura occidentale sotto banco, i primi viaggi. Ma anche la Rivoluzione culturale, le delusioni sentimentali e le difficoltà economiche. Tutti elementi che ne hanno plasmato la vita on the road. Sono nato in una normale famiglia di intellettuali. […]
Mio padre da giovane doveva essere il tipico ragazzo amante dei libri, la nostra casa ne era piena. Da quando ho ricordi, mio padre mi ha trasmesso l’amore per la letteratura. Mi chiedeva d’imparare a memoria i versi dell’antichità, sempre più complicati man mano che crescevo. […]
Quando ero piccolo, mia madre si abbonò al giornalino illustrato Il bambino dove c’erano ancora storie per bambini dei paesi dell’Europa dell’est, sebbene Cina e Unione sovietica fossero già ai ferri corti.
Nel giornalino, i personaggi avevano fazzoletti rossi allacciati al collo e indossavano scarpe di pelle giallo oro. Sotto una gigantesca bandiera rossa c’erano bimbe bionde con gli occhi azzurri. […]
In confronto alla cinquantina di bambini che vivevano nel mio comprensorio facevo molte attività che prescindevano dalla scuola. Una punizione che mi dava mia madre quando facevo qualcosa che non andava era “oggi non puoi leggere” oppure “se non fai tutti i compiti non apri altri libri”.
La Rivoluzione culturale è arrivata all’incirca quando mi sforzavo di capire I briganti. In quel clima a scuola non si studiava, imparavamo solo a “criticare” questo e quello e come utilizzare i fumetti per diffamare Liu Shaoqi. […]
Nell’inverno del 1967 avevo undici anni, mio padre era stato trasferito in un altro luogo con una mansione di basso livello, lo stesso è successo a mia madre. Io ero con lei, in una piccola città nel nord ovest cinese.
Era la prima volta che viaggiavo: trenta ore di treno, due giorni e una notte di camion sulle strade di montagna prima di arrivare a destinazione. Era anche la prima volta che venivo in contatto con la povertà, la decadenza, la miseria, la desolazione della gente e delle loro vite. […]
Cominciai a nutrire un principio di sospetto per questo mondo, sarò stato puerile, ma da quel momento in poi il mondo degli adulti non era più un mistero.
Sei mesi dopo, mia madre mi fece trasferire a Pechino per farmi darmi la possibilità di avere un’educazione migliore. Mio fratello e mia sorella erano già stati spediti in posti diversi a lavorare in campagna.
La casa della nostra famiglia era già stata occupata da una coppia che faceva parte dell’unità di lavoro in cui mia madre aveva lavorato. Erano del Gruppo di lavoratori per la propaganda del pensiero di Mao Zedong.
[…] Avevo dodici anni e la mia vita da solo a Pechino era cominciata. Con il senno di poi, la mia infanzia spensierata era finita. […] La mia carta degli studenti aveva una pagina ciclostilata in più rispetto a quella degli altri bambini. […] Ogni anno, in base a questo piccolo pezzo di carta, potevo comprare due biglietti del treno e fare visita ai miei. […] La mia carta degli studenti rispetto a quella degli altri bambini, incredibilmente, possedeva un minuscolo privilegio. Viaggiavo due volte l’anno e questo mi faceva apparire con più esperienza e maturità in confronto a gli altri bambini della stessa età. Da allora in poi viaggiare mi ha incantato.In viaggio ho incontrato un gran numero di ragazzi poverissimi, spediti nelle campagne per essere rieducati. Questi ragazzi erano andati incontro a inattese difficoltà familiari, all’imbroglio della precarietà nella politica, all’idealismo in frantumi, alla decadenza e al vuoto. Avevano conosciuto l’alcol, le risse e il sesso di nascosto.
In un ambiente sociale totalmente chiuso, i ragazzi peroravano la causa di ciò che voleva dire essere straniero. Discutevano su nomi famosi della cultura occidentale e agognavano il “modo di vivere della borghesia corrotta”.
[…] Da loro ho appreso culture che non conoscevo. Sottobanco circolava una letteratura straniera a me sconosciuta, collezioni estremamente riservate. […] La vita on the road mi ha stregato. Saziava completamente la curiosità che invece veniva delusa a scuola. Cominciai a fare sega e, con la scusa di far visita a mia madre, procedevo nel mio viaggio in solitaria. […] Era quasi l’inizio della scuola e abitavo poco distante. Mia madre aveva preso un giorno di ferie dall’unità di lavoro dell’esercito per cui lavorava e aveva messo in ordine la mia vita. Aveva incontrato gli insegnanti e aveva chiesto una mano a un piccolo ristorante vicino casa. […] Spendevo subito quello che mia madre mi spediva per il pranzo e la cena, oltretutto tormentavo la vecchia signora del ristorante che era diventata un rifornimento di contanti per comprarmi svariate cose. Poi ho cominciato a fare la fame. Quei ricordi sono acuti ancora oggi.Tra i quindici e i sedici anni, è arrivato un amore non corrisposto che mi si è stampato nella mente e nelle ossa. […]
E così in sette anni, dal 1968 al 1975, ho superato l’adolescenza in maniera alienante e la mia giovinezza è finita. Sono stato spedito a lavorare in campagna e ho fatto il soldato.
Nel 1981 mi hanno riabilitato. L’ufficio di collocamento […] mi mandava a fare la guardia carceraria in un laogai alla periferia di Pechino. Ci ho pensato e ripensato, ma davvero questo lavoro non faceva per me. Così ho declinato cortesemente l’invito.
In quasi sei mesi l’ufficio di collocamento non mi ha più cercato, sembrava una punizione per essermi rifiutato di obbedire. Avevo venticinque anni.
[Potete leggere l’intero post su Caratteri Cinesi qui e qui, la traduzione è di Désirée Mariani]* Xu Xing, classe 1956, è uno scrittore e un documentarista affermato. Il suo primo libro, E quel che resta è per te, è stato tradotto in Italia da Nottetempo.
[Foto Credits: studiovezzoli.com]