Zhang Xianmin 张献民 oggi insegna all’Accademia del Cinema di Pechino nel dipartimento di letteratura. Nel suo post tradotto alcune riflessioni sul cinema indipendente cinese. Oggi vari aspetti della cultura cinese appaiono con le caratteristiche tipiche di quelle zone poco sviluppate culturalmente. Le motivazioni sono dovute al fatto che l’approvazione e la creazione di una cultura locale dipendono, in gran parte, dal consenso generale, e ancor di più dalle cifre di mercato delle zone sviluppate. Le risorse per la cultura si concentrano sempre nelle grandi città, mentre nelle zone più remote c’è il deserto culturale. Se abbiamo il coraggio di definire le cosiddette caratteristiche cinesi, uniche nella storia dell’uomo, come fase di transizione, allora dobbiamo convenire che abbiamo di fronte questa situazione: la crescita culturale si sta costruendo all’interno di un lungo periodo di repressione e di percorsi non propriamente ortodossi, di stagnazione tangibile ed illusoria ripresa, unite ad contrasto eccessivo generato dall’economia. La cultura, poi, fino ad oggi non ha mai avuto, di per sé, una posizione: le due principali identità culturali sono l’impresa (i developer latifondisti) e la propaganda (lo spirito civilizzatore). Una differenza con le zone culturalmente sviluppate, è evidente dal fatto che i finanziamenti alla cultura non riescono ad entrare nelle imprese o non sono soggetti a riduzioni fiscali a livello individuale.
Il cinema è solo una piccola parte del grande sistema. In questi anni il botteghino delle produzioni cinesi è esploso, dimostrando cosa significhi la concentrazione di fondi e investimenti per la cultura e cosa siano i percorsi non propriamente ortodossi: si producono solo due o tre grandi film per sbancare i box office, ma giocano sporco: è quasi impossibile trovare un solo film che incarni il significato della tradizione nazionale cinese. Il governo, poi, sostiene una politica del costo del biglietto estremamente alta e ha fatto diventare il cinema un’industria a concentrazione di capitale. Qualcuno direbbe così: “Voi registi, o mi fate guadagnare o mi garantite un avanzamento di carriera, altrimenti non venite a rompere le palle a me o a mio figlio, che sta all’estero a carico mio. Tra un po’ di anni, fatte tutte le pratiche neanche io rimango più in questo paese, un paese senza un minimo di cultura, che poi a dirla tutta non fa mica bene ai ragazzi…”
In questo momento i giochetti che si fanno sono più o meno tre, uno è quello di potere: faccio un esempio, Bo Guagua, il figlio di Bo Xilai (1) studia in Inghilterra e di tanto in tanto, quando torna in Cina, durante alcune conferenze all’Università di Pechino dichiara che si butterà nell’industria culturale. Esclamazione fatta anche dal figlio di Kim II Song a suo padre. Il secondo gioco è il denaro: altro esempio, Han Sanping (2) ha dichiarato di voler metter su, a Huairou alle porte di Pechino, degli studi televisivi e cinematografici pari ad un valore di sei miliardi di yuan, mentre Jia Jiangke ha dichiarato di voler spendere duecento milioni per sostenere le giovani produzioni cinematografiche. Il terzo giochetto è la fama: i critici sulla sessantina sostengono all’unanimità che l’ultimo film di Zhang Yimou “The love of the hawthorn three”, è una storiella d’amore da ragazzini e non c’è nulla di commovente, mentre i direttori del Dipartimento per il Cinema sostengono che “Aftershock” è realismo.
Questa è la situazione attuale in cui si balla e si beve fino all’alba: il cinema è paragonato ad un bicchiere di vino e a quattro salti.
Data questa situazione generale, se un film cinese, in un festival internazionale, ottiene un premio, non ha più molto significato e il consenso internazionale influisce poco sulla situazione cinematografica cinese. Questa è una grande differenza con la situazione di dieci anni fa: adesso l’intero gioco passa dalla fama fittizia al potere, dalla schiuma della fiera della vanità alla bava di tette e minigonne. Quest’epoca in degrado è portata avanti dallo stress quotidiano delle persone, dai media d’intrattenimento e dall’ignavia, oppure come minimo sono i mass media che ci fanno credere che la gente sia così.
L’influenza internazionale del cinema cinese verte più i meno su tre temi: il botteghino, i festival e internet.
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