Stile mistico e oscuro per questo racconto di Haizi che proponiamo in due parti. Non c’è trama definita, né personaggi chiaramente delineati: più che di "racconto", potremmo parlare di “prosa poetica” o “poesia in prosa”. Il cantante è metafora del poeta, figura indistinta che non si sa se esista davvero: è Haizi stesso, che gradualmente trasforma l’esplorazione di qualcosa nella ricerca di se stesso. Fu su un vecchio e muffito libro di canzoni che appresi il suo nome. A quel tempo si diceva che egli vivesse in una valle, vicino al fiume che scorreva verso sud-ovest.
Quel giorno vi andai da solo. Il mio corpo era sostenuto da un vecchio gommone di pelle di capra, ed avevo proceduto lungo il fiume in quel modo a lungo.
Dunque percorsi trecento li su una strada di terra rossiccia, da solo mi costruii una piccola canoa di legno, e infine giunsi alla valle. Nonostante questo, nel mio animo non potevo sapere con certezza che fosse proprio quella valle.
Ricordo che stava approcciando la sera, quando scesi dalla canoa. Tirai fuori la pistola e il combustibile. Vagai a lungo in un boschetto che ricopriva la valle; fu così che in seguito tutti mi riconobbero come quel cantante. Sì, una volta sono stato un cantante.
E questo cosa spiegherebbe? Spiegherebbe il tuo passato triste e tragico.
Ora fammi dire di me. In quel tempo scrivevo canzoni. A tutti piaceva ascoltarle. Soprattutto quelle pure, quelle che parlavano delle difficoltà della vita, quelle che cantavano il lavoro quotidiano. Io vivevo proprio in mezzo a quel tipo di persone. Ma loro non sapevano che ero un profanatore di tombe.
Basta, dico fin qui, non ho coraggio di procedere oltre. Le cose sono proprio così semplici: scrivevo una canzone e poi andavo in quel cimitero di pietra a scavare un po’.
Certamente quelle canzoni venivano tramandate di padre in figlio. Ma io, poiché quella notte ero intento a scavare ininterrottamente, e in più ero tormentato da visioni, prima mi recai all’ospedale, e poi al tribunale, infine, alla prigione. Certamente speravo che si dimenticassero di quegli eventi, e che mi lasciassero scrivere nuove canzoni, cantare… però non avrei più dovuto mettermi a scavar tombe. Perciò, salii sul mio gommone di pelle di capra, avevo sentito parlare di un cantante… eccetera, eccetera…Iniziò tutto in questo modo. Fu così che mi misi in viaggio.
Appena iniziata, mi sembrava una cosa strana, una sorta di predestinazione. Mentre fluttuavo sul fiume, spesso mi sono ritrovato a pensare a quel boschetto, a quel boschetto oscuro che mi circondava mentre scavavo tombe. Di questo non mi si può biasimare. Io cantavo canzoni alla gente, quella non era mica una cosa facile.
A volte mi è capitato di pensare di essere lo sposo del mondo intero, tanto amavo tutte le cose, fino a non poter sopportarne più. A volte invece ero umido come un pezzo di legno ripescato dalla corrente. “Dammi la luna e un corpo, prometto di costruire un mondo che ti renderà profondamente soddisfatto”. Tuttavia, a dir la verità, oltre alla luna e al corpo, noi non abbiamo altro.
1. continua
[Il pezzo è anche su Caratteri cinesi. Traduzione di Serena De Marchi]*Haizi, al secolo Zha Haisheng, nasce il 24 marzo 1964 nella provincia dell’ Anhui da famiglia contadina. Si suicida il 26 marzo 1989, poco prima degli eventi di piazza Tian’anmen, diventando così un simbolo, "martire dell’arte" per il movimento degli studenti. La sua produzione copre un periodo di soli 7 anni (1982-1989) ma è molto prolifica: più di 250 poesie, opere in versi e racconti. Haizi adotta per lo più il verso libero, in una poesia individualista, dove emerge l’ego del poeta. Spesso utilizza la tecnica del flusso di coscienza.