Caratteri cinesi – Il caffè

In by Simone

Che cosa ci trovano i cinesi in questa bevanda così tipicamente occidentale? Prova a spiegarlo Wang Xiaofeng, senza astenersi dal tirare stoccate a destra e manca. Il blogger e giornalista cinese ne è convinto: il caffè non è che uno status-symbol. Ma è giusto che si sappia che cosa c’è dietro la produzione e la commercializzazione di questo prodotto così legato al colonialismo. I cinesi, oggi, vedono il caffè come uno status e un modo per tirarsela.
Non so da dove arrivino queste impressioni, ma provo a fare delle ipotesi: nelle caffetterie si fa particolarmente attenzione all’arredamento e sono luoghi dove la gente si atteggia per sembrare chi non è. È relativamente caro e una persona normale non lo compra. Infine, i libri sul caffè promuovono uno stile di vita proteso a godersi la vita.
(E così abbiamo avuto anche il dibattito sul caffè e sull’aglio di Zhou Libo, in cui sono venute fuori le differenze tra i cinesi del nord, amanti dell’aglio, e i cinesi del sud, amanti del caffè).

Il caffè, invece, è solamente una bevanda. I cinesi hanno vissuto una vita contadina troppo a lungo, che ha generato queste estensioni di significato. I beni importati hanno sempre avuto il marchio del capitalismo. C’è chi lo elogia e chi lo disprezza, tutti quanti però hanno la coda di paglia. Chi ne fa gli elogi, non è detto non sia un cafone, chi lo disprezza, non è detto che non lo faccia per atteggiarsi.

Chi pensa che il caffè sia per i consumatori con un salario molto alto, non lo ha mai assaggiato. Se facciamo un confronto con dei prodotti dello stesso genere, per una persona normale, il prezzo di tè e sigarette supera di gran lunga quello del caffè. Oltretutto, troppo caffè non fa bene, nell’arco della giornata lo beviamo con moderazione. Invece con tè e sigarette è facile superare la quantità consigliata.

Ho letto molti articoli sugli effetti del caffè sulla salute, non so se siano stati scritti da scienziati o da chi è nel business del caffè, c’è chi dice che non fa bene, altri invece che fa benissimo. Vogliono tutti ingigantirne i pregi o i difetti.
In occidente, il caffè è la bevanda più comune e costa molto meno che in Cina. Se dici “status” e “modo per tirarsela”, le persone ti ridono in faccia.

Questo è il nostro momento di passaggio da cafone a cazzone. L’esplosione economica improvvisa e l’essere diventati ricchi, a volte, ci fa stupidamente ragionare in base ai beni di consumo. È dal caffè, dal vino e dal whiskey (anche lui è stato inserito nella categoria di chi se la tira) che valutiamo la posizione sociale delle persone e la loro qualità della vita. Ma ci avete mai pensato? Quando uno spende più di mille yuan per un Maotai [nota marca di grappa cinese, ndr], non pensiamo che lo faccia per tirarsela.
[…….]

In commercio ci sono molti libri sul caffè, molti spiegano cos’è in generale oppure come si valuta il caffè buono da uno meno buono. E questa potrebbe essere la ragione per cui il caffè è diventato un simbolo di chi se la vuole tirare. Spesso, gli autori sono sì amanti del caffè, ma sono anche invischiati nel business. Molti autori sono addirittura membri delle Associazioni del Caffè. Mentre spiegano cos’è e discorrono sulla sua bontà, propongono ovviamente al pubblico un determinato aspetto del prodotto. Questi articoli vanno oltre il caffè in se stesso, che poi diventa uno stile di vita. Il libro “Uncommon Grounds: The History of Coffee and How It Transformed Our World” è diverso dai molti altri. Non ci racconta cos’è il caffè e come lo si assapora, ma ce lo spiega da una prospettiva storico-commerciale ed economica.
[….]

Il caffè è una pianta “ricercata”, in quanto cresce solo tra il tropico del Cancro e quello del Capricorno. Superata questa fascia non sopravvive ed è quindi anche inutile parlare dei suoi frutti. Stendendo il mappamondo e osservando i paesi tra i due tropici, cosa scopriamo? Sono tutte ex colonie di molti paesi europei. Il caffè è stato scoperto in Abissinia, passando per i paesi arabi è poi approdato in Europa. L’espansionismo coloniale europeo è andato di pari passo con la scoperta del suo valore commerciale. Il caffè veniva acquistato dalle colonie perché, nonostante la diffusione del consumo in Europa e Usa, lì non poteva crescere. In quel periodo, gli schiavi, trattati come bestie, piantavano il caffè per gli europei e gli americani.

Poi i paesi dell’Africa, dell’America Latina e dell’America Centrale si sono scrollati di dosso la dominazione coloniale e hanno ottenuto, l’uno dopo l’altro, l’indipendenza, ma a causa della dipendenza economica, il prezzo del caffè è comunque sempre rimasto sotto il controllo degli americani. Deprezzando le importazioni di caffè, lasciavano i paesi produttori, come il Brasile e la Colombia, senza alcun profitto.

[….] I pastori abbissini, quando scoprirono la pianta del caffè, non si sarebbero aspettati che centinaia di anni dopo, questa pianta avrebbe potuto influenzare, come un fantasma, la vita di innumerevoli latino-americani.

[…..] Il business americano del caffè, dell’inizio dello scorso secolo, assomiglia a quello della Cina di oggi, luogo in cui, con le buone o con le cattive non c’è mai fine al peggio. Le pubblicità venivano fatte disprezzando i propri competitori, la funzione del prodotto veniva ingigantita e il caffè divenne praticamente la terapia di tutti i mali. Poi gli Usa hanno legiferato sull’argomento e il fenomeno delle pubblicità ingannevoli è scomparso.

Il caffè è stato sempre molto diverso dalle altre bevande data la sua una forte dipendenza dalle condizioni ambientali e in quanto può facilmente creare assuefazione nella gente. Per cui ce n’è sempre stata una richiesta molto alta. I paesi occidentali fecero diventare il consumo del caffè una consuetudine giornaliera, ma il modello commerciale che ci stava dietro era basato sullo sfruttamento e sulle colonie. D’altro canto, i paesi produttori soggiacevano passivamente alle regole commerciali di questo gioco.

[Il post è anche su Caratteri cinesi. Traduzione di Désirée Marianini]

*Wang Xiaofeng è uno dei blogger più rinomati del web cinese. Pungente e mirato, racconta con umorismo mordace gli avvenimenti della società e li trasforma in post o in racconti brevi spesso dal sapore amaro. Si lancia in pura narrativa e finzione, è scurrile e diretto e i suoi lettori lo amano e lo odiano. Pur non volendo, sa come affascinare il pubblico cinese. Lavora come giornalista per la rivista Sanlian Zhoukan e come scrittore ha quattro romanzi al suo attivo.