I nuovi operai non posseggono l’intraprendenza dei leader ma se si presenterà un’occasione in cui l’ordine sociale verrà rovesciato, potrebbero comportarsi come schegge impazzite. Sono giovani, individualisti, connessi a internet e totalmente privi di ogni identità di classe. Funzionano meglio il clan o la provenienza da un medesimo villaggio. Un reportage in due puntate. La Tangxia Lide è una fabbrica di componenti elettronici che fa base a Dongguang da ventuno anni. Solo oggi si applaude ad un nuovo spirito rivoluzionario: gli operai possono lavorare seduti. In questi ventuno anni, decine di migliaia di lavoratori hanno lavorato in piedi, ma adesso è entrata in scena la generazione di operai nata negli anni novanta. Questi ragazzi, hanno scioperato e cambiato le regole. “A lavorare in quel modo ti si gonfiavano i piedi, ma chi lo vuole fare!” racconta al giornalista del Nanfeng Chuang A Lei, un ragazzo che ha partecipato allo sciopero. “Se in un’azienda non ci sono condizioni umane di lavoro succederà qualcosa di serio”, continua il giovane.
I più attenti avevano subodorato un certa aria di cambiamento. Con il passare del tempo i nuovi operai sono cresciuti [di numero] e, gradualmente, sono divenuti la forza lavoro principale di questa società. Le aziende e il governo non possono esimersi dall’emettere regolamenti diversi dai precedenti, considerando le particolari caratteristiche e la condizione psicologica di questi “nuovi operai”. Gli studi fatti su questa tematica innescheranno tutta una serie di possibilità, sia positive che negative.
Il gruppo con un’altra denominazione
“Lavoratore migrante” definiva una particolare condizione occupazionale in Cina, ma [questa categoria] è sparita con l’ascesa degli operai nati durante gli anni novanta. L’evoluzione del corso della vita di questo particolare gruppo sociale, osservato in maniera ampia, è composto esclusivamente da famiglia, scuola e fabbrica.
Sono figli dei contadini ma non solo non sanno cosa significhi coltivare un campo, ma non gli è nemmeno chiara la loro distribuzione all’interno della loro stessa famiglia. I genitori pagano la retta scolastica e l’alloggio nel dormitorio della scuola, finché i ragazzi non riescono più ad andare avanti con gli esami e vengono bocciati. Chi rimane al villaggio, invece, viene convinto da parenti e amici e si ritrova buttato nei padiglioni di una fabbrica in una città sconosciuta.
Questa nuova generazione, sia per l’aspetto che per il modo di ragionare, è come un quadro inchiodato al muro, lo stesso muro a cui sono appesi i loro coetanei delle grandi città. Se questo quadro dovesse cadere, nel bene e nel male, ci renderemo conto del modo in cui si evolverà questa generazione.
Un pomeriggio del 16 agosto ci siamo recati nella cittadina di Tangxia, nei pressi di Dongguang. A Lei ha affittato un monolocale di circa trenta metri quadri, in un condominio accanto al mercato di Shitanpu. Quando lo incontriamo è seduto a torso nudo sul bordo del letto, con alcuni ragazzi del suo stesso paese. Bevono lunghi sorsi di birra e fumano sigarette. Si sente il rumore dei due ventilatori a piantana che sparano velocemente aria sulle loro pance gonfie. Molte bottiglie vuote sono sparpagliate accanto a loro, alcune generosamente decorate dai mozziconi e dalla cenere delle sigarette.
Questi ragazzi hanno circa ventiquattro anni e provengono tutti da un piccolo paese sul versante di un’alta montagna a Baise, nella regione del Guangxi. Ci raccontano del un ruscello davanti casa che attraversa il villaggio, scorrendo calmo per quasi tutto l’anno. Ma questi sono gli unici ricordi che hanno, per il resto il villaggio gli rimane sconosciuto, in quanto questa generazione si è trasferita dalla casa dei genitori alla città più vicina fin dalla prima infanzia, per cominciare la scuola primaria.
Si ritrovano a parlare del loro paese solo attraverso le notizie postate su QQ [un social network cinese], districandosi tra le varie identità online dei loro compaesani. Gli argomenti però non vanno oltre i divorzi e le separazioni di qualche loro conoscente.
A Lei, per il monolocale, paga duecentocinquanta rmb al mese. La prima cosa che ha fatto, dopo essere entrato in casa, è stato allacciarsi ad internet e installare il computer. Per la connessione spende sessanta RMB al mese.
Quando finisce di lavorare, torna a casa, si sdraia sul letto e comincia a giocare con il cellulare. Ma non sarebbe strano affermare che è il cellulare a prendersi gioco di lui. Poco tempo fa, su internet, ha rimorchiato una ragazza che si è fatta ricaricare il cellulare di trecento RMB e poi è sparita. A Lei e i suoi amici sono stufi dei giorni in catena di montaggio, vogliono fare qualcosa di completamente diverso: vogliono aprire un negozio online.
Il controllo sempre più inutile
Appena usciti dal rigido controllo del sistema scolastico, desideravano fortemente divenire persone libere. Ma la realtà gli ha subito tolto l’entusiasmo che si prova andando via di casa per la prima volta per crearsi, seppur con difficoltà, un proprio futuro. E sono finiti dalla padella nella brace.
Oltre al normale orario di lavoro, in fabbrica, fanno sempre tre o quattro ore di straordinario al giorno e, nel periodo di fine produzione, lavorano anche fino alle due di notte. A Lei ci racconta della Tangxia Lide: “Ogni giorno prima delle otto del mattino, appena arrivati in fabbrica, dobbiamo ripetere ad alta voce “i cinque no e i cinque sì”: quello che è ammesso fare, ad esempio memorizzare le procedure standard e quello che non è ammesso fare, ossia dormire. Poi dobbiamo ascoltare il caposquadra e rispondere alle sue domande.”
I nuovi operai, seppur lavorando in fabbriche diverse, hanno problematiche in comune: “Non parlare durante le ore di lavoro e non usare il cellulare. Bisogna lavorare in posizione sempre eretta altrimenti il caposquadra sbraita così forte che lo si sente in tutto il padiglione”.
In molte fabbriche la conflittualità tra gli operai e i caposquadra è molto accesa proprio perché gli operai non hanno la percezione di essere rispettati. Il conflitto provoca principalmente dimissioni, multe e trasferimenti. Ma rassegnando le dimissioni, ad esempio, gli operai rimangono invischiati in un gioco di responsabilità tra il caposquadra, che sostiene di aver bisogno dell’approvazione del direttore, e il direttore, che viceversa afferma di dover prima ottenere il consenso del caposquadra.
Se le generazioni degli operai nati negli anni sessanta e negli anni settanta subivano in silenzio, i nuovi operai hanno escogitato delle soluzioni differenti. Le ragazze cercano di convincere i caposquadra, chiedendogli pazientemente di risolvere il problema, ronzandogli attorno ogni giorno, mentre i ragazzi chiamano gli amici o la gente del loro stesso paese e poi lo aspettano fuori dalla fabbrica per intimidirlo. Sono pochissimi quelli che si recano all’Ufficio per la tutela del lavoratore, all’interno delle fabbriche, in quanto non si fidano del suo operato. Avendo difficoltà a rassegnare le dimissioni, ormai, per i ragazzi e per le ragazze è diventata una pratica abituale comportarsi in questo modo.
Oggi, effettivamente, le fabbriche devono affrontare dei problemi di gestione, in quanto gran parte delle regole utilizzate in precedenza non sono più utili. Quando un operaio contravveniva ai regolamenti, la direzione sfoderava un potente deterrente: vietargli gli straordinari con conseguente ingente diminuzione salariale per l’operaio in questione. Ma lo stesso procedimento, con la nuova generazione, è divenuto il più grande favore che gli si possa fare. I loro padri, in vent’anni di duro lavoro e sacrificio, sono riusciti a farsi una casa e a provvedere alle prime necessità materiali, assicurandosi per sé e per i loro figli una base economica.
Osservando gli abiti che indossano i nuovi operai e gli impiegati dei grandi uffici al supermercato, alla fermata dell’autobus, o in altri luoghi pubblici, non c’è distinzione. Inoltre [tutti] comunicano utilizzando in continuazione neologismi derivati dalla lingua di internet. Questo ci potrebbe portare a pensare che siano venute meno le differenze [sociali], invece, i nuovi operai nascondono comunque un disagio e un’insoddisfazione che fino ad adesso non sono riusciti a risolvere.
[continua]
[Il pezzo, pubblicato da Internazionale, è anche su Caratteri cinesi. Traduzione di Désirée Marianini]*Nanfeng Chuang – South Review. Fondato nel 1985, è un bisettimanale legato al gruppo editoriale del Quotidiano di Canton. Di ispirazione riformista e liberale, si propone come una rivista di riferimento per politica ed economia. Si è distinto per reportage di informazione su temi di stretta attualità anche in ambito ambientale e culturale-artistico.