Da "ho fame" a "ti amo", la Cina ha qualche problema con il parlare liberamente, anzi forse ha perso l’uso della parola. China Files pubblica in due puntate il discorso di Li Chengpeng ai numerosi studenti di una delle più importanti università cinesi: l’università di Pechino, la celeberrima Beida.
I cinesi stanno perdendo l’uso del verbo.
Parlare è un’abilità innata delle specie animali. Al cessare della pioggia gli uccelli ricominciano a cantare felici. Allo sbocciare dei fiori le api arrivano con il loro ronzio. All’arrivo della primavera i lupi maschi sentono l’odore delle femmine e tendendo il collo, ululano eccitati. Il verbo più semplice dell’essere umano, animale di alto livello, è: ho fame. Quando i neonati hanno fame piangono: perfino loro possono esprimersi, ma circa cinquant’anni fa, proprio nei tre anni dal 1960 al 1962, seicento milioni di persone su questa terra non hanno potuto dire di essere affamati. È l’istinto che ti dice che hai fame, ma tu non hai potuto dirlo.. perché questa sarebbe stata l’umiliazione di un paese socialista. [Sotto] un sole sempre "corretto", quello rosso, la produzione era al massimo ma abbiamo dovuto stringere la cinghia e donare ai nostri fratelli il nostro cibo, senza poter dire di aver fame. Durante questa grande carestia, l’intera popolazione ha perso la parola; non solo abbiamo ingannato, nella lotta politica, i nostri parenti e amici, ma abbiamo mentito perfino al nostro stomaco.
I giornali del tempo, per far vedere quanto era massiccia la produzione, pubblicavano fotografie di coltivazioni esageratamente fitte, sopra le quali venivano sdraiati perfino bambini ben paffuti. Solo in seguito si scoprì che quelle foto furono fatte trapiantando in un mu [unità di misura che corrisponde a 666,7 mq, Ndt.] di terra le piante che crescevano su più di dodici mu. Il vento non riusciva a passare tra quelle piante così pressate, che quindi si seccarono presto. Ma quel sistema della retorica ufficiale non avrebbe mai potuto raccontare fatti reali, come questi, così ognuno faceva finta di credere che la storia della produzione massiccia fosse vera, mentre la fame era falsa. Tra quei famosi direttori della Biblioteca Nazionale ve ne erano alcuni con origini contadine. Neanche loro lo capivano? Anche Peng Dehuai veniva dalla campagna, e una volta disse la verità: non è verosimile che un mu di terra possa produrre questa quantità [di cereali]… quello che gli capitò dopo, probabilmente lo sapete tutti.
Non era solo la fame che non potevamo esprimere. Neanche di amore si poteva parlare apertamente. Abbiamo letto tutti "Guanguan! Il falco di mare va sull’isoletta del fiume" [trad. dal cinese di Feng Xinming]. Persino gli uccelli cantavano il proprio amore, ma a quel tempo le persone non potevano dire parole del genere, considerate borghesi. Da piccolo vivevo in Xinjiang, e mi piaceva guardare uomini che andavano a puttane… era qualcosa di molto comune, ma il termine "andare a puttane" allora non significava solo questo: ogni relazione manifesta, all’aria aperta, era considerata immorale. Personalmente credevo che le puttane erano molto più carine e talentuose di qualsiasi altro malfattore. A quel tempo nella città di Hami c’era un cinema all’aperto, il "Piccolo fossato", l’acqua fresca veniva giù dalla montagna in quel fiume sinuoso, sulle sponde i pioppi, e lì le prostitute camminavano e raccontavano come avevano cominciato quella vita, come facevano all’amore o come baciavano… il resto non serve raccontarlo, ma questo bastava a farmi sembrare il tutto molto interessante. I contenuti dei loro discorsi non erano nei film né sui libri di scuola, erano parole vere, erano umanità. […]
Nel tempo in cui anche dire “ti amo” era considerato corrotto, quando [nel 1980] uscì la pellicola “Romanzo sul monte Lushan”, in cui i protagonisti femminile e maschile urlavano alla montagna “ti amo, ti amo!”, l’intera Cina, dentro i cinema, fu scossa, scioccata. Era solo un film romantico, ma diceva apertamente le parole “ti amo”, perciò rimase negli annali. […]
Fu quello il tempo in cui l’intera nazione perse la capacità di parlare, di esprimere [perfino] i più naturali istinti, “ho fame”; non potevi neanche far parlare le tue emozioni, “ti amo”; non potevi discutere le parole dei leader, “il massacro di vite umane è sbagliato”; non potevi parlare di scienza, “un mu di terrà produce realmente 20.000 jin [equivalente di 500 gm circa. Ndt] di cereali”; non potevi neanche rappresentare la natura, se il sole fosse stato definito avvelenato, questo avrebbe influito sui leader. Parlare, un atto istintivo, dono del cielo agli animali, un mezzo per riflettere, un diritto…. fu totalmente negato. E noi siamo ancor più miserabili di Sima Qian, che fu in grado di completare le sue "Memorie di uno storico", mentre noi abbiamo scritto molta spazzatura.
Questa nazione sembra avere qualche problema con il "parlare liberamente", cosa che riguarda tutti i campi. La canzone "Addio", di Li Shutong [personalità di spicco nel movimento della Nuova Cultura successivo alla rivoluzione Xinhai del 1911, Ndt] recita: "Fuori dal lungo padiglione, lungo la strada, la giovane erba si confonde con il cielo….. alla fine, il nostro addio è solo un saluto tra compagni di guerra, un passo lungo il cammino. Lacrime silenti, senza parole, sulla via della rivoluzione ci siamo spesso divisi…. ". Questa è letteratura di qualità, se comparata a " l’affetto dei genitori non è profondo come quello del Partito". La retorica, arrivati a questo punto, non comprendeva più neanche l’etica.
[Il pezzo è anche su Caratteri Cinesi. Traduzione di Tania Di Muzio]*Li Chengpeng, classe 1968, giornalista e opinionista di spicco. Inizia la sua carriera giornalistica documentando la corruzione all’interno di aziende calcistiche professioniste cinesi. Nel 2012 ha fatto scalpore la sua candidatura per l’Assemblea del popolo del distretto di Wuhou, Chengdu, carica a cui in teoria possono concorrere i maggiori di 18 anni, ma di fatto riservata a candidati nominati dal Pcc.