Calcio, mazzette e videogiochi

In by Simone

Il calciomercato cinese fa girare montagne di soldi. E la corruzione è impressionante. L’intervista a un procuratore squarcia il velo sui meccanismi che regolano gli acquisti a sei zeri di giocatori "famosi" per un calcio che si piazza al 72esimo posto del ranking mondiale.
I cinesi amano fare le cose in fretta e non sempre nel modo più corretto. Soprattutto nel calcio.

Dopo gli scandali continui che hanno minato la passione per il football, alcuni presidenti delle formazioni del massimo campionato hanno pensato di utilizzare i soldi per alcuni acquisti a effetto, in grado di riavvicinare i tifosi a un torneo di modesto valore, infarcito di vecchietti che lasciano l’Europa per chiudere la carriera senza fatiche e strappare un contratto milionario.

Il calciomercato cinese è animato dallo Shanghai Shenhua, la formazione che si è aggiudicata l’attaccante del Chelsea Nicolas Anelka per 10 milioni di euro a stagione. E il proprietario della squadra, Zhu Jun, distributore del videogioco World of Warcraft ha acquistato anche Jean Tigana come allenatore.

Ma se in Europa la fuga dei giocatori a Est alla ricerca di contratti milionari non desta sospetto, in Cina qualcuno si è chiesto dove vadano a prendere i soldi le formazioni, tanto che un procuratore – che ha scelto l’anonimato – confessa che a pagare saranno solo gli sponsor.

Ma il calcio cinese, falcidiato da scandali e dall’incapacità di produrre un movimento in grado di dare qualche risultato soddisfacente a livello mondiale (occupa la 72esima posizione nel ranking mondiale) prova in questo calciomercato a dare qualche segnale.

Nel 2010 la parte del leone la fece la squadra di Canton, prima in un campionato mai in discussione, anche grazie all’acquisto di Dario Conca, brasiliano conquistato con 10 milioni di euro.

Tanti soldi, certamente, ma il calcio cinese pare di fronte a un percorso lungo: «Girano solo tanti soldi che devono finire in tante tasche».

Ma il calcio cinese è diverso da quello d’Occcidente. «Se vuoi giocare in prima squadra», racconta un calciatore che milita in una squadra del campionato cinese, «devi pagare una mazzetta all’allenatore, altrimenti stai in panchina».

E in un movimento contraddistinto da tangenti per giocare nelle squadre di club e in nazionale (lo scandalo del 2010 consentì di scoprire che le convocazioni in nazionale venivano infatti «comprate») l’ultimo sbarco è quello di Nicolas Anelka che ha firmato un contratto da 10 milioni di euro all’anno (per un biennio) per giocare nello Shanghai Shenhua da gennaio 2012.

Se la notizia in Europa non ha destato molto stupore, visto che sono in molti a cedere alle lusinghe di campionati meno blasonati a fronte di contratti a sei zeri, all’ombra della Grande Muraglia in molti sono rimasti senza parole.

«La squadra di Shanghai non ha una lira», confessa un procuratore di calcio cinese che conosce l’ambiente. L’attaccante ex Chelsea, è quindi destinato a essere pagato «interamente dagli sponsor», sempre «ammesso che il contratto possa essere onorato», come suggerisce il procuratore.

E secondo la stessa fonte, della cifra comunicata alla stampa per il biennale di Anelka, «una parte è destinata ai dirigenti e il resto, forse, al calciatore».

Da contratto, però, i diritti di immagine dell’attaccante sono stati ceduti allo Shanghai Shenhua di Zhu Jun, padrone della squadra nonché distributore del videogioco World of Warcraft. Nel campionato dominano la corruzione e i premi partita arrivano cash.

L’ambiente del calcio cinese è dominato dalla corruzione con gerarchie da rispettare e un sacco di soldi che finiscono da una tasca all’altra. Ecco perché il procuratore ha chiesto l’anonimato: «Se c’è una soffiata, i calciatori sono contattati direttamente dai dirigenti e i procuratori finiscono per perderci parecchi soldi».

Nonostante i problemi economici di molti club, il fatto che ora in Cina girino parecchi soldi è ormai assodato. «Qui perfino i premi partita sono pagati cash», racconta un calciatore, «a fine partita arriva il dirigente con una scatola e ci paga». Insomma un’alba non troppo pura, per un movimento ancora da sviluppare.

A volte capita anche di trovare il sergente di ferro: «Dieci giorni in ritiro, senza poter mai uscire, con due allenamenti al giorno, ma manca la cultura del calcio, come divertimento, come spirito di squadra».

José Antonio Camacho, ex giocatore spagnolo e attuale mister della nazionale cinese, aveva tuonato dopo pochi giorni dal suo arrivo a Pechino contro il popolo del Dragone, considerato come un bambino viziato e incapace di lottare.

«La verità», continua il procuratore, «è che in Cina manca un movimento: non ci sono le giovanili. Si comincia a parlare di calcio solo e soltanto se cominciano a girare dei soldi».

E la dimostrazione è la posizione nel ranking Fifa: 72esimo gradino, dietro a squadre come El Salvador e Zimbabwe, Paesi che non vantano la stessa forza economica di Pechino.

E così, per rilanciare il calcio, ecco arrivare, dopo il brasiliano Dario Conca – pagato 10 milioni di euro dal Guangzhou Evergrande -, anche il francese Anelka.

«Ci saranno altri colpi e non è escluso che possa arrivare anche qualche italiano», conclude il procuratore, «anche se benché mediocre come campionato, ormai le squadre cinesi cercano giocatori ancora integri. Un italiano, anche molto noto che chiede le stesse cifre di Anelka e ha quattro o cinque anni in più, può scordarsi un contratto in Cina».

[Scritto per Lettera43; Foto credit: en.wikipedia.org]