La storia di Michael Brosowski e dell’associazione fondata a inizio millennio in Vietnam per sostenere i minori con un approccio olistico che ha cambiato la vita di molti. Articolo in collaborazione con Gariwo MAG
Nel 2003, Michael Brosowski incontrò dei ragazzini vietnamiti che facevano i lustrascarpe per strada. Vedendo la loro necessità di aiuto, decise di offrire loro lezioni settimanali di inglese, matematica, arte e yoga. Questo piccolo gesto di generosità si trasformò presto in qualcosa di più grande: Blue Dragon.
Brosowski, un insegnante australiano, era arrivato in Vietnam qualche mese prima per lavorare all’Università Nazionale di Hanoi. Nel giro di qualche tempo, aveva ampliato la sua attività al di fuori delle classi universitarie. All’epoca, il Vietnam era un paese ben più povero di quello attuale. La classe media era ancora a dir poco esigua e la povertà diffusa. Così, Brosowski si ritrova a insegnare l’inglese a un gruppo di ragazzi che non si sarebbe mai aspettato di incontrare: lustrascarpe, appunto, che camminavano per le strade della capitale vietnamita cercando di guadagnare abbastanza soldi per sopravvivere. Il primo, ulteriore passo, è quello di fondare una squadra di calcio. Sempre più ragazzi cercano l’aiuto di Brosowki e di uno dei suoi studenti universitari, Pham Sy Chung.
In pochi mesi nasce Blue Dragon. L’idea è quella di creare un’associazione che offra a bambini e famiglie in crisi la possibilità di dare una svolta alla loro vita, fornendo soluzioni pratiche ai problemi quotidiani. Un’idea semplice da concepire, ma complicata da realizzare. E che, sotto la guida di Brosowski, assume fattezze soprattutto pratiche ed eclettiche a seconda delle necessità. Un approccio olistico che, secondo Brosowski, si basa sul fatto che “ogni bambino meriti un’assistenza eccezionale per poter crescere e prosperare”. Tra le prime attività, nel 2004, c’è quella nella provincia di Bac Ninh, dove Blue Dragon lancia un programma di sponsorizzazione per mantenere i bambini poveri delle zone rurali a scuola e lontani dalle strade di Hanoi. Per i bambini vietnamiti che nascono in condizioni di povertà, ci sono poche speranze di avere una vita migliore. Oltre il 66% della popolazione vive in aree rurali, dove la coltivazione del riso è l’industria principale e intere famiglie guadagnano anche solo 1-2 dollari al giorno. I bambini che crescono in condizioni di estrema povertà spesso non hanno altra scelta che abbandonare la scuola e allontanarsi da casa, esponendosi a pericoli come la tratta, la mancanza di un’abitazione, lo sfruttamento sessuale, l’abuso di droghe e le malattie.
Con solo tre persone attive a tempo pieno, nel 2005 Blue Dragon apre un centro di accoglienza e un ufficio nel quartiere povero di Long Bien, ad Hanoi. Nel frattempo, Michael e uno studente di legge volontario di Blue Dragon salvano un ragazzo di 13 anni vittima di tratta dalle strade di Ho Chi Minh City, il primo di molti bambini salvati. Nel 2007 vengono salvate sei ragazze vendute nei bordelli in Cina: non saranno le uniche vittime di commercio sessuale a essere scoperte e aiutate da Blue Dragon. I risultati ottenuti sono a dir poco incoraggianti. Già nel 2009, un ragazzo salvato dal traffico di manodopera ha ottenuto una borsa di studio per studiare per quattro anni alla Chatsworth International School di Singapore. Nel 2011, Brosowski è stato nominato uno degli “eroi” mondiali dell’anno dalla CNN, primo australiano a ricevere questo riconoscimento. Nel 2013 vengono istituite due nuove strutture residenziali per i bambini che hanno bisogno di una casa sicura e per i giovani adulti che stanno passando a una vita indipendente. Nel 2016, nella remota provincia di Dien Bien, viene costruita una pensione per gli studenti delle comunità etniche minoritarie che altrimenti non potrebbero frequentare la scuola.
Nel tempo, l’organizzazione (registrata sia in Vietnam sia in Australia) è diventata ben più grande. Oggi serve oltre 20mila bambini e famiglie in tutto il paese del Sud-Est asiatico. Tra coloro che sono stati salvati c’è chi ha coronato sogni che forse non sapeva nemmeno di avere. Come Luong, passato dal lavoro minorile al cappello da chef in un resort a cinque stelle. Oppure Hien, che dalla vendita di dolci per strada quando era bambina è passata alla gestione di un rinomato bar di Hanoi. O ancora Thao, una ragazza che ha superato l’orrore della schiavitù sessuale per trovare una nuova speranza nello studio.
Tra i servizi offerti da Blue Dragon ci sono il soccorso e l’assistenza in caso di crisi per i giovani in pericolo immediato, l’accoglienza, il patrocinio legale e il sostegno a lungo termine per il ritorno a scuola e alla formazione. Uno degli slogan voluti da Brosowski è “sviluppo, non carità“. Come afferma il sito dell’organizzazione: “Lavoriamo per aiutare i bambini a svilupparsi pienamente nella loro crescita, offrendo un’ampia gamma di esperienze e opportunità. Non ci limitiamo a fare l’elemosina, ma diamo una mano a chi sceglie di migliorare la propria situazione e se stesso”.
Rispetto ad altre vicende in cui le organizzazioni internazionali e i governi locali entrano in collisione, la storia di Blue Dragon dà speranza anche in tal senso. Dal 2015, infatti, la creatura di Brosowski collabora con l’Assemblea Nazionale (una sorta di parlamento nazionale che detiene il potere legislativo) per rivedere le leggi vietnamite sulla protezione dell’infanzia e ampliare i servizi offerti ai bambini di strada. Dal 2016, invece, Blue Dragon e l’Accademia di polizia popolare del Vietnam collaborano per combattere il traffico di esseri umani. E negli ultimi anni l’azione arriva anche al confine con Myanmar e Cambogia, sempre nell’ottica del contrasto del traffico degli esseri umani. Un viaggio iniziato con un gesto di gentilezza e diventato ora un’importante forza di cambiamento.
Di Lorenzo Lamperti
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.