Accusate di essersi arricchite a discapito dei dipendenti e di uso smodato dell’algoritmo. nelle scorse settimane il ministero dei Trasporti ha convocato quattro aziende operative nel settore della logistica on demand, colpevoli, si legge nel comunicato ufficiale, di «irregolarità di gestione»
Per Pechino suona ormai come un mantra: regolare la condotta degli affari delle società coinvolte e promuovere uno sviluppo sano del settore. Dopo che a fine novembre otto organi ministeriali hanno pubblicato linee guida per tutelare le professioni «nelle nuove attività di trasporto», nelle scorse settimane il ministero dei Trasporti ha convocato quattro aziende operative nel settore della logistica on demand, colpevoli, si legge nel comunicato ufficiale, di «irregolarità di gestione»: le modifiche arbitrarie delle tariffe di consegna e delle quote di adesioni, i casi frequenti di sovraccarico degli ordini e una «viziosa concorrenza al ribasso» hanno «innescato un diffuso malcontento tra gli autisti e grande preoccupazione nella società cinese».
“PROBLEMI OPERATIVI” di questo genere sono riscontrabili in tutte le grandi aziende tecnologiche del paese, colpevoli di essersi arricchite a discapito dei lavoratori a basso reddito e di aver promosso un uso scorretto e smodato dell’algoritmo. Lo ha ricordato il ministero delle Risorse umane e della Previdenza sociale lo scorso 21 gennaio, appena un giorno dopo la convocazione delle aziende della logistica on-demand, sollecitando undici Big Tech del paese a intraprendere sforzi congiunti per proteggere gli interessi dei lavoratori e continuare a migliorare l’algoritmo di piattaforma.
Le aziende hanno dichiarato di essere disposte a modificare in modo sostanziale il funzionamento delle piattaforme e hanno aggiunto che impareranno dal passato. Se già a novembre Pechino aveva chiesto alle società dei trasporti di garantire una maggiore limpidità sugli introiti e di ridurre le commissioni sulle tariffe percepite dagli autisti, che raggiungevano in alcuni casi il 50%, ora le piattaforme saranno tenute ad aprire canali di ascolto per i lavoratori, adottare misure efficaci che proteggano l’equilibro tra vita lavorativa e privata e «rispondere alle richieste ragionevoli in modo tempestivo». Non solo. Si richiede la loro partecipazione al progetto pilota per garantire agli autisti delle piattaforme la previdenza sociale, di cui sono ancora privi.
SUGLI SVILUPPI dei servizi di trasporto e logistica nella nuova veste sharing e on demand si era già espresso a maggio dello scorso anno il ministero dei Trasporti Li Xiaopeng, che aveva sottolineato la necessità di regolamentare un settore che impiegava già oltre tre milioni di lavoratori. E che era stato interessato da alcune discussioni sulle garanzie di sicurezza di servizi che, al contrario della consegna a domicilio, presuppongono un contatto fisico con il cliente per un certo lasso di tempo. L’ultima delle quali nata qualche settimana prima, a fine febbraio, dopo che una donna di 23 anni aveva perso la vita in un furgoncino di Huolala, società di ride-hailing fondata nel 2013. La vittima si trovava da sola nel veicolo quando il conducente aveva deciso di imboccare una strada diversa dal percorso previsto, ignorando le continue richieste di spiegazioni della cliente. La donna, sentendosi in pericolo, pare si fosse buttata dal finestrino del furgoncino in corsa.
Nel 2018, nel giro di tre mesi due giovani donne erano state abusate e assassinate da autisti iscritti al servizio di car pooling di Didi Chuxing. Il dibattito online nato in seguito alle tragedie aveva fatto luce su altri casi di abusi da parte di autisti on-demand. Didi aveva sospeso il servizio, per poi, dopo circa un anno, rilanciarlo con nuove linee guida in tema di sicurezza che includevano un coprifuoco per le passeggere donne alle otto di era. Misure che secondo svariati utenti figuravano per essere oltremodo «discriminatorie». «Forse Didi non dovrebbe permettere agli autisti maschi di lavorare dopo le 20.00, invece», aveva scritto un utente in modo provocatorio.
IL GOVERNO CINESE pare non sia rimasto a guardare, e ha dichiarato di aver condotto indagini sul campo tra luglio e agosto del 2021, necessarie alla stesura del codice rilasciato il 30 dicembre dalla China Communications and Transportation Association (CCTA), in collaborazione con il ministero dei Trasporti e altre nove entità, tra cui la stessa Huolala. Strutturato in 58 punti, il documento si presenta come un prolungamento delle linee guida dello scorso novembre e chiarisce che dal primo marzo 2022 le piattaforme che operano nella logistica dovranno rispettare dei requisiti di sicurezza, dal monitoraggio on-transit alla verifica dell’identità del conducente. E per garantire che l’autista individuato online sia di fatto quello che svolgerà il servizio, pare si ricorrerà alla tecnologia di identificazione biometrica.
Di Vittoria Mazzieri
[pubblicato su il manifesto]Marchigiana, si è laureata con lode a “l’Orientale” di Napoli con una tesi di storia contemporanea sul caso Jasic. Ha collaborato con Il Manifesto, Valigia Blu e altre testate occupandosi di gig economy, mobilitazione dal basso e attivismo politico. Per China Files cura la rubrica “Gig-ology”, che racconta della precarizzazione del lavoro nel contesto asiatico.