Il nuovo appellativo della Repubblica indiana trae le sue origini dalla tradizione vedica ed in particolare (secondo diversi autori) dai Rigveda, che riportavano come i Bharata fossero una delle tribù principali della pianura dell’Indo e del Gange nel secondo millennio avanti Cristo
Droupadi Murmu la Presidente indiana eletta nel 2022 fra le fila del Bharatiya Janata Party è stata descritta in alcune occasioni ufficiali al consesso del G20 da poco trascorso come più alta carica del Bharat, riportando alla luce la volontà di alcune frange del BJP di promuovere un cambio di denominazione per la Repubblica dell’India. Una serie di speculazioni, fra le quali quella che si sarebbe tenuta una seduta del Parlamento per discutere una modifica del nome del paese ha preso campo a seguito della riunione del gruppo dei 20 seppure una vera e propria decisione non sia ancora stata presa. Il dibattito interno al paese sulla tematica resta comunque sostenuto.
La tradizione dietro al nuovo nome
Il nuovo appellativo della Repubblica indiana trae le sue origini dalla tradizione vedica ed in particolare (secondo diversi autori) dai Rigveda, che riportavano come i Bharata fossero una delle tribù principali della pianura dell’Indo e del Gange nel secondo millennio avanti Cristo. In particolare i Bharata dopo una serie di ostilità si fusero con i Puru per dare inizio allo stato di Kuru (regno di Kuru). Se si considera la tradizione vedica e aria indiana si può considerare il regno di Kuru come il primo vero stato territoriale indiano e pertanto la tribù dei Bharata ebbe il merito di incarnare la civiltà vedica in senso positivo per dare vita al primo embrione di stato antico dell’India.
Non è la prima volta nella storia contemporanea dell’India che viene caldeggiato l’utilizzo del nome Bharat per ottenere da una parte un cessazione dell’immagine culturale coloniale lasciata come pesante eredità alla potenza del Subcontinente e dall’altra un richiamo all’incarnazione della cultura e della potenza vedica. Bharat, che nel sanscrito è भरत, venne proposto già nel 1947, al momento dell’indipendenza. Nella Costituzione della Repubblica viene recepito il nome Bharat al primo articolo: “L’India, che è il Bharat, sarà un’Unione di Stati”. a testimonianza che a premessa dell’indipendenza e della contestuale Partition dal Pakistan si accese un dibattito sul nome da dare al nuovo stato. I più legati alla tradizione culturale e religiosa indiana avrebbero preferito senza dubbio il nome di Bharat, al quale si opposero le frange secolariste ma anche chi preferiva un’impronta laica per lo stato nato dalla colonia britannica. Non si deve tuttavia confondere la sfera religiosa con quella squisitamente culturale, alla quale i Veda (tradizione cui si deve la discussa denominazione) appartengono. All’interno della tradizione vedica, è vero, sono contemplate le Darśana (letteralmente dottrine che rivelano la via per la liberazione, i credi religiosi), tuttavia i numerosissimi testi della tradizione induista sono un’enorme intelaiatura culturale che definisce un sistema filosofico e di <<senso comune>> particolareggiato e ricchissimo e ad essi si rifà l’ideologia dell’Hindutva rivisitata e adottata dal BJP di Modi.
La tradizione di una potenza
Come detto l’Hindutva promossa da Modi è una versione rivisitata e più afferente alla sfera nazionalista che culturale e la modifica del nome di India in Bharat sarebbe più che in chiave anti-coloniale in chiave di potenza, a tal uopo si accorda perfettamente con l’origine storica del nome: il primo vero stato ario dell’India in grado di affermarsi come potenza politica regionale. D’altronde poter sfruttare con un ulteriore legame il tradizionalismo e quindi l’immaginario collettivo che si rifà alla cultura vedica è di fondamentale importanza anche in vista delle elezioni del 2024. La funzione anti-colonialista (il nome taglierebbe i ponti semantici con la Compagnia delle Indie orientali e il nome dato al paese dai colonizzatori europei) è invece ottimamente fruibile in ambito internazionale per motivi di sostenibilità poiché non farebbe apparire la scelta univocamente nazionalista. Si tratta quindi di un tentativo, quello che inizia a prospettarsi per un cambio del nome ufficiale dello stato, che ha diverse ragioni di opportunità per il BJP, più legate all’ambito politico che a quello tradizionale.
Di Francesco Valacchi