Bellezza e libertà: trascendenza dell’esperienza estetica

In by Simone

[Traduzione inedita di un estratto di Estetica e libertà dell’uomo, tesi di dottorato di Liu Xiaobo, già apparsa il 1 Aprile su Saturno, inserto culturale de Il Fatto Quotidiano, e che su China Files pubblichiamo per la prima volta

L’uomo è nato libero, ma ovunque è in catene. Questa celebre frase di Rousseau [Il Contratto Sociale, ndt] indica che l’umanità intesa come esistenza limitata nel mondo reale difficilmente si può liberare dal suo destino tragico. Non bisogna credere che io apra con questa frase per sorprendere. Chiunque desideri realmente ripensare sé stesso, può pensare che questa frase indichi solamente una verità semplice e certa.

Tuttavia la paura istintiva dell’uomo la copre strato dopo strato. Non importa che l’umanità con chissà quanta intelligenza e abilità nasconda questa semplice verità; verrà un momento critico in cui l’intelligenza di qualcuno la svelerà, facendo così sospirare i pavidi studiosi. Il sistema delle regole oggettive non prende mai in considerazione i desideri soggettivi. L’umanità non ha altra scelta che assecondare questi desideri o reprimerli, a prescindere da quanto essi siano virtuosi. Le regole della fisica hanno da sempre permesso che dal gelo l’umanità possa far sgorgare sangue caldo, che la vita si risolva in un meccanismo soggetto alle inevitabili regole del determinismo della materia inorganica come una particella del cosmo infinito.

Ma in tutto questo l’individuo? L’uomo ha l’intelletto, per questo si crede superiore agli animali e ritiene di poter dominare su tutte le cose del mondo. Attraverso il noumeno della metafisica e il dio della religione trascende le consuetudini secolari. Ma le infinite regole, leggi, norme, dogmi e teoremi stabilite dalla ragione costringono in maniera evidente l’esistenza a un appiattimento dottrinale, facendo sì che l’uomo sia così limitato dalle sue stesse creazioni da non riuscire nemmeno a muovere un passo. Ma il supporto del noumeno metafisico e la salvezza divina al massimo sono solo una forma di consolazione spirituale illusoria che spesso porta l’uomo a perdersi nelle sue stesse illusioni. E poiché si ripete in uno sforzo inutile, cade nel pessimismo, nello smarrimento e nella disperazione.

L’uomo ha creato una società nella quale solo combattendo la natura con tutte le proprie forze egli ottiene un certo grado di libertà ma, allo stesso tempo, egli è intrappolato da una rete tessuta da privilegi, leggi e morale tanto da non riuscire più a liberarsi. I privilegi fanno sì che l’uomo sia passivo e servile; le leggi impediscono all’uomo di agire liberamente; la morale assegna all’uomo leggi e le regole di vita a cui tutti devono aderire. L’uomo può parlare. Il supporto della lingua gli permette di intraprendere quel dialogo reciproco che gli altri esseri difficilmente riescono a raggiungere. Ma la forza delle regole della lingua, nuovamente, fa sì che l’uomo perda la propria unicità. Se l’uomo rispetta le regole grammaticali comuni e parla il lessico che tutti gli uomini devono usare, viene inghiottito dal linguaggio in un silenzio oscuro.

Proprio riguardo a questo, Nietzsche riteneva che la lingua nella società moderna era affetta da un male incurabile, Heidegger ancora la definisce come una prigione dell’esistenza, Wittgenstein la formalizza con lo schema dei “giochi linguistici”. In ultimo la dialettica che non è possibile conciliare tra l’illimitatezza di ogni tipo di speranze e la finitezza propria dell’esistenza determina infine che l’uomo si trovi spesso in un’eterna delusione, scissione, lotta interiore e, allo stesso tempo, in un’eterna speranza, aspirazione e ricerca. Proprio in questa continua alternanza tra speranza e delusione la vita dell’uomo acquista splendore. Ma allora, che cos’è la speranza dell’uomo? Dov’è? Come si può ottenere?

Basta volerlo, che in un attimo si ottiene questa infinita ricchezza. Guardando con diffidenza l’universo e la società, i saggi dell’umanità spesso cadono in una delusione pessimista. La filosofia è eccessivamente astratta, la scienza è troppo fredda, la religione troppo oscura. Ma ciò che mi lascia sbalordito è che inaspettatamente l’umanità ha trovato una fessura, inaspettatamente ha creato un istante in cui tutto si può superare e, sebbene essa sia misteriosa e breve, lirica e illusoria, essa svanisce come un sogno senza lasciare traccia. Ma nell’animo di moltissimi talenti questo fugace momento sarà considerato eterno, illimitato. Eppure è l’unica scorciatoia che l’uomo può percorrere per arrivare alla libertà. Questa è l’estetica. Confucio è il filosofo che più ha tenuto inconsiderazione le norme, eppure il suo “godere dello studio delle arti” ha come fine ultimo il controllo dei riti sul mondo e la costruzione di un governo benevolo. 

Per lui un’esperienza estetica è il limite più alto dell’esistenza: a primavera inoltrata, i vestiti leggeri, con cinque o sei adulti col copricapo e sei o sette ragazzi, vorrei bagnarmi nel fiume Yi, godermi la brezza presso l’altare della pioggia e cantare, prima di tornare indietro [Dialoghi, 11.25, ndt]. I filosofi taoisti invece, in particolare Zhuangzi, si oppongono a ogni norma, ciò che essi perseguono è un fluttuare libero nel profondo dell’animo. La vita estetica è quell’uccello mitico [Roc ndt] che nella penna del Zhuangzi si libra in verticale e anima il cielo e la terra con il suo soffio. Proprio una simile attitudine esistenziale ha prodotto la licenziosità dei costumi delle dinastie Wei e Jin [220-420, ndt] e le arti contemplative tradizionali cinesi come le poesie e pitture paesaggistiche. Allo stesso modo in Occidente, gli antichi greci ebbri di follia adoravano il dio del vino cantando e danzando nelle montagne sperdute e nei boschi selvaggi, totalmente immersi per innumerevoli notti senza preoccupazioni. 

Tutto ciò ha poi portato a rituali religiosi pagani e a celebrazioni di feste edonistiche. Proprio da questo modo di vivere è nata la più potente creazione spirituale dell’umanità: la tragedia. La nascita, gli amori, le avventure, la morte e la rinascita del dio del vino Dioniso, sono i più antichi prototipi dell’arte e della letteratura. Ma l’umanità, risvegliandosi, ha scoperto la propria alienazione e, ancor di più, ha riposto sull’estetica la speranza di raggiungere la libertà. Kant, nella sua filosofia, per primo ha affrontato direttamente le inconciliabili antinomie dell’uomo. Ha anche tentato di risolvere attraverso l’estetica la dialettica di antinomie come fenomeno-noumeno, percezione-ragione, scienza-morale, verità-bene. Sebbene non sia riuscito in questo tentativo, alla fine l’estetica è pur sempre una via ipotetica verso la libertà. Schiller ha trascorso la vita inseguendo la libertà, e l’estetica è stato il suo punto di arrivo. 

Egli ha rivolto il suo sguardo all’estetica dopo aver assistito alla frammentazione della vita nella moderna società industriale e dopo aver provato con tutto il suo corpo che gli impulsi della percezione e quelli della ragione non sono assimilabili. Egli considerava l’estetica il gioco dell’esistenza. Attraverso essa ognuno può rivivere i giochi liberi dell’infanzia. E che pace! Schiller riteneva che solo grazie a questo gioco estetico, l’uomo può da “frammento” diventare intero e dalla scissione andare verso l’unità. 

E un uomo intero e unito è un uomo libero. L’osservanza alle regole di Hegel è famosa in tutto il mondo. Inoltre egli pone l’estetica e l’arte al di sotto della filosofia e della religione. Nemmeno lui può però fare a meno di ammettere che l’estetica ha il carattere di liberare l’uomo. Marx indica la perdita della forza dell’esperienza estetica come un importante segnale di quella alienazione dell’uomo che critica nel capitalismo moderno. La sublimazione dell’alienazione è proprio quando la vita e il lavoro dell’uomo hanno queste caratteristiche estetiche ovvero la scelta, la creazione e il godimento della libertà. Nell’epoca moderna gli uomini affidano sempre di più la libertà all’estetica. 

Per il famoso filosofo pessimista Schopenhauer la vita è un male e per liberarsi ci sono due modi: l’ascesi e l’estetica. Nell’esperienza estetica l’uomo è in grado di superare completamente i travagli della vita materiale per diventare un tutt’uno con la natura. Nietzsche invece trasforma la tragedia di Schopenhauer in commedia. Sferra un feroce attacco alla cultura razionale venuta da Socrate, ritenendo che in questa cultura l’uomo preferisce andare verso la “decadenza” e la “degenerazione”. La salvezza esistenziale sta nella corruzione della cultura, possibile solo recuperando lo spirito del dio del vino dell’antica Grecia. 

Nella condizione dionisiaca ognuno si sente non solo riunito, riconciliato, fuso col suo prossimo, ma addirittura uno con esso, come se il velo di Maia fosse stato strappato e sventolasse ormai in brandelli davanti alla misteriosa unità originaria. Cantando e danzando, l’uomo si manifesta come membro di una comunità superiore: ha disimparato a camminare e a parlare ed è sul punto di volarsene in cielo danzando [La Nascita della tragedia, Ndt]. La creazione della vita e il grande destino dell’universo, in Bergson, si completano nell’unione istantanea dell’intuizione. L’estetica è intuizione e l’intuizione è una forma di esistenza. 

La sublimazione dell’estetica di Freud è ancor più conosciuta. Egli ritiene che attraverso la creazione artistica l’istinto, il subconscio e le pulsioni originali dell’esistenza possano raggiungere uno sfogo di sublimazione. In altre parole, l’estetica è un’operazione di libertà dell’anima perché può, attraverso un modo particolare, rompere tutte le sue costrizioni portando l’uomo a espandere i propri orizzonti. L’estetica è il simbolo della libertà dell’uomo perché pone la sua vita e, soprattutto, le sue emozioni come fulcro di quel movimento che comprende completamente corpo e mente. L’estetica è attiva poiché volontaria, è trascendente poiché profonda. Essa dà libero sfogo a tutta la forza creativa dell’uomo ed è, per la vita umana, una piena certezza dalla forma illusoria. Nell’esperienza estetica le inclinazioni soggettive possono superare i principi oggettivi, la forza delle emozioni può superare i precetti razionali, il godimento spirituale può superare i desideri materiali, il destino individuale può superare le pressioni sociali. 

L’uomo può superare la limitatezza del proprio essere. Ma va ricordato che questo superamento è temporaneo e illusorio quindi né eterno né reale. In altre parole, l’uomo quando è costretto in una realtà necessariamente limitata, decide di creare a livello illusorio una libertà illimitata. C’è chi ritiene che questa sia la “commedia” dell’umanità. Io ritengo che proprio questa irrisolvibile contrapposizione tra realtà e illusione dia vita al carattere tragico dell’esistenza.

Introduzione all’inedito

[Liu Xiaobo, Estetica e libertà dell’uomo, Beijing Normal University Press, 1988]

[Immagine da http://elsewhereelsewhere.org]