Taglio dei tassi, emissione di obbligazioni sovrane speciali, sostegno ai consumi e al mercato immobiliare, spinta a privati e capitali. Pechino lancia un ampio pacchetto di stimoli prima del 75° anniversario della Repubblica Popolare
Xi Jinping impugna il bazooka. Basta tentennamenti e rinvii. La Cina mette a punto un ampio pacchetto di stimoli alla sua economia, in tempo per provare a regalarsi un compleanno più sereno. Già, perché il 1° ottobre la Repubblica popolare cinese fondata da Mao Zedong nel 1949 compie 75 anni. Un numero tondo che il Partito comunista non vuole vedere offuscato dalle fosche ombre di un rilancio post Covid ancora zoppicante.
Fiducia scarsa, consumi deboli, rischi di deflazione, crisi immobiliare e disoccupazione giovanile. Alcuni degli attuali ingredienti del menù economico cinese che producono due rischi di difficile digestione per il governo cinese. Il primo, più immediato: il possibile fallimento nel raggiungere l’obiettivo di crescita del pil fissato per il 2024, vale a dire il 5%. Il secondo, più di prospettiva: la difficoltà nell’accelerare il processo di transizione del modello di sviluppo, che nei piani di Xi dovrebbe ridurre la dipendenza dalle esportazioni.
Un antidoto alle turbolenze globali, ma anche alle sanzioni e ai dazi imposti dall’occidente. Per riuscirci, le coordinate da seguire sono principalmente tre: stimolare le nuove forze produttive, perseguire un grado maggiore di autosufficienza tecnologica e ridurre i rischi debitori. Ma la trasformazione da fabbrica del mondo a società di consumi ad alta qualità rischia di restare incompiuta senza la fiducia di cittadini e imprese.
Ed ecco allora che, secondo Bloomberg, la Cina sta per iniettare fino a 1 trilione di yuan (circa 142 miliardi di dollari) nelle sue grandi banche statali per aumentare la loro capacità di sostegno all’economia. Il tutto solamente due giorni dopo che la banca centrale ha presentato il suo più aggressivo allentamento monetario dopo la pandemia, annunciando tagli a un’ampia gamma di tassi d’interesse e un’iniezione di liquidità nel sistema finanziario. I finanziamenti proverrebbero principalmente dall’emissione di nuove obbligazioni sovrane speciali, in una mossa pressoché inedita per Pechino sin dai tempi della crisi finanziaria globale del 2008. Coinvolti i sei principali istituti di credito del paese, nonostante abbiano meno bisogno di liquidità rispetto alle banche più piccole. Sono però loro ad avere la possibilità di un’azione più ampia e incisiva a sostegno dell’economia cinese.
Non è finita. Il segnale politico più importante del fatto che il Partito fa sul serio è arrivato dalla riunione mensile del Politburo, chiusa ieri e presieduta da Xi. Inusualmente per il mese di settembre, il focus è stato appunto la situazione dell’economia. Il risultato è l’impegno a distribuire la “spesa fiscale” necessaria a mantenere gli obiettivi di crescita e sviluppo sociale per il 2024.
“È necessario emettere e utilizzare titoli di stato speciali a lungo termine per sfruttare meglio il ruolo degli investimenti pubblici. Il coefficiente di riserva obbligatoria dovrebbe essere abbassato e dovrebbero essere attuati tagli sostanziali ai tassi di interesse”, si legge nel documento finale. Non si fanno numeri precisi, ma secondo Reuters sarebbero pronti circa 284 miliardi di dollari di bond sovrani, con una fetta considerevole rivolta allo stimolo dei consumi.
In altri due passaggi rilevanti, ci si impegna a “stabilizzare il mercato immobiliare” e a “rilanciare il mercato dei capitali”. Due segnali cruciali a consumatori, settore privato e ambienti finanziari. La crisi immobiliare è in parte dovuta alle linee rosse tracciate alcuni anni fa dal governo, volte a cambiare il modello ad alta esposizione debitoria adottato in modo sregolato dai colossi del settore, Evergrande in testa. Un ruolo più diretto dello stato può interrompere un effetto domino che l’anno scorso ha iniziato a toccare anche i fondi fiduciari, favorendo allo stesso tempo una ripresa degli acquisti con il taglio dei tassi di interesse.
Dopo l’annuncio del Politburo, le borse cinesi sono schizzate in alto con chiusure sopra il 4% per Hong Kong e Shenzhen, sopra il 3,5% per Shanghai. Dopo l’aumento dell’età pensionabile e il peggioramento dei dati sulla disoccupazione giovanile, i cinesi avevano bisogno di qualche buona notizia. Il Partito spera che basti per festeggiare al meglio il compleanno.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato da il Manifesto]
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.