La Grameen Bank, istituto di microcredito ideato e fondato dall’economista bangladeshi Muhammad Yunus che gli valse il premio Nobel per la pace, è passato definitivamente nelle mani del governo di Dhaka. Fine della guerra che lo Stato ha mosso contro l’economista che voleva fare politica.
Il governo di Dhaka ha di fatto preso il controllo della Grameen Bank. Il consiglio di amministrazione della cosiddetta «banca dei poveri» fondata dal premio Nobel per la Pace, Muhammad Yunus, è arrivato al termine del mandato triennale. Ora le decisioni sono in mano ai tre direttori di nomina governativa, in base alle modifiche apportate dallo stesso esecutivo lo scorso novembre. Cambiamenti decisi dopo il rifiuto della Banca centrale di di nominare i membri del cda, come inizialmente previsto dal Grameen Bank Act del 2013.
Questa la situazione, almeno fino alla nomina di un nuovo board, nella quale i tre avranno ampia voce in capitolo, mentre prima i componenti erano scelti da chi prendeva i soldi dalla banca.
Si completa così il passaggio di mano dell’istituto di microcredito fondato oltre trent’anni fa da Yunus, al centro dello scontro tra il governo e l’economista, cui non sembrano mai essere state perdonate le ambizioni politiche.
Un primo assaggio si ebbe già nel 2011. Il Nobel per la pace fu costretto alle dimissioni da amministratore delegato dell’istituto per sopraggiunti limiti d’età. Poco prima Yunus fu coinvolto in polemiche per un reportage di una televisione norvegese che sollevava dubbi su finanziamenti europei alla Grameen Bank e in un caso di diffamazione per alcune dichiarazioni rese alla France Presse sui politici bangladeshi, «mossi dal denaro».
Il progetto Grameen Bank fu definito da Yunus agli inizi degli anni ’80, aprendo linee di microcredito accessibili dalle donne bangladeshi. L’esperimento di elargire piccole somme di denaro funzionali all’acquisto di strumenti da lavoro per iniziare microattività a livello rurale fu un successo, tanto che il concetto di «microcredito» fu esportato con esiti positivi in gran parte dei paesi del terzo mondo.
Per il ministro delle Finanze, Abul Maal Abdul Muhith, la decisione è stata necessaria per sanare un struttura definita poco pratica. I componenti del board fedeli a Yunus avrebbero infatti potuto ostacolare il processo decisionale.
Alcune voci critiche, citate dal Financial Times, accusano invece l’esecutivo di mirare al controllo e ai soldi della Grameen Bank. «Ovviamente politicizzeranno la banca», ha spiegato Tahsina Kahtun, una dei componenti uscenti del cda, nel rimarcare la tesi dell’ostilità governativa verso Yunus.
Ed è sempre lei ha sottolineare al Daily Star:«Chi prende i soldi sono i veri proprietari della banca. Un board senza loro rappresentanti non sarebbe un cda della Grameen Bank».
I componenti intanto sembrano convinti nel proposti di continuare a prendere parte alle riunioni finché non sarà eletto il nuovo board.
[Foto credit: grameenfoundation.org]