Si chiude la settima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, fra tante polemiche e film visti. Pochi quelli apprezzati, più numerosi i titoli non pienamente capiti e incastrati in uno scomodo limbo a metà strada tra blockbuster e film d’arte, in particolare quelli provenienti da culture cinematografiche di “frontiera”, o comunque lontane dai circuiti rodati, soprattutto dal punto di vista commerciale.

it

Il cinema del filmmaker cinese Mao Mao, presentato alla XIII edizione della rassegna romana di cinema asiatico, è un ritratto delle nuove generazioni cinesi.  I personaggi di Mao Mao paiono strane creature chiuse in un habitat urbano e tecnologizzato. Annoiati, alienati e fondamentalmente incapaci di comunicare. 

Asiaticafilmmediale, festival romano di cinema asiatico è arrivato alla sua tredicesima edizione. Il focus di quest’anno è dedicato al cinema filippino, ma non solo. Protagonisti della rassegna Raymond Red, primo filippino vincitore a Cannes, Emmanuel Quindo Palo e la giapponese Yang Yonghi.

Opere letterarie e filmiche spesso spaziano senza soluzione di continuità dalla sfera  personale a quella  politica  trasformandola in una sorta di allegoria nazionale. Gli studi di Ferdric Jameson e la Cina nei casi dei racconti di Lu Xun e di un film di Han Jie.

Dalla Grande Muraglia dei tempi antichi alla recinzione come retaggio feudale di epoca maoista, il muro ha rivestito un’importanza fondamentale nella costruzione dell’identità cinese. E oggi torna a essere prepotentemente presente nel panorama residenziale urbano.

La tesi di dottorato In cerca di una forma: ricostruzioni urbane nel cinema asiatico descrive l’urbanistica applicata a Pechino attraverso l’occhio della regista Ning Ying. Qui l’assetto urbano e le politiche ad esso collegate si ripercuotono drammaticamente sull’esistenza del singolo e sulla sua percezione della realtà.  

Da poco inaugurata al Museo Pecci di Prato e già presentata al Mingshen Museum di Shanghai, Moving Image in China: 1988-2011 (fino al 29 luglio) è una mostra antologica sui primi ventitre anni di videoarte cinese. E un’occasione di stringere i legami con la comunità cinese residente.