Attacchi ai bambini: ora la Cina ha paura

In by Simone

Adesso è allarme vero: ieri mattina in un asilo della contea di Nanzheng, nella provincia dello Shaanxi nel nord-ovest cinese, un uomo di 48 anni ha ucciso a colpa di accetta sette bambini e un insegnante, ferendo altri venti alunni. Tornato a casa si è suicidato. Il gesto, già grave di suo, nell’opinione pubblica cinese ha finito per assumere contorni ancora più sinistri se messo in fila a episodi analoghi accaduti in Cina negli ultimi mesi: il 30 aprile un uomo a Weifang, nella provincia dello Shandong, si era dato fuoco dopo aver ferito alcuni bambini e un’insegnante. Qualche giorno prima, scena analoga nella provincia del Jiangsu: un uomo, disoccupato, aveva attaccato e ferito con un coltello una trentina tra bambini e insegnanti in una scuola materna. Non solo: un giorno prima – proprio mentre veniva eseguita la condanna a morte nei confronti di un uomo che tempo fa aveva ucciso 8 bambini – 15 alunni e un insegnante erano stati feriti in un’altra scuola di Guandong.

Una vera e propria carneficina e a poco valgono le allerte di politici e forze di polizia circa un possibile effetto di emulazione: il fenomeno sembra ormai irrimediabilmente in atto, anche se i media ufficiali hanno sempre tentato di presentare le notizie nel modo più sobrio possibile, per non scatenare timori sociali troppo diffusi. Aumenteranno le misure di sicurezza, ma soprattutto aumenta la paura.

Ancora prima dell’attacco di ieri, non era inusuale che l’argomento fosse oggetto di conversazione nei ristoranti e nei luoghi di ritrovo pubblici: con la politica del figlio unico, l’ansia di madri e padri aumenta. «Non è possibile che io abbia paura di mandare mio figlio a scuola», mi dice una donna che gestisce un piccolo ristorante. Sulle cause dei gesti molti interrogativi, non risolti dalla polizia che ha sempre mantenuto un forte riserbo sulle motivazioni degli assalitori. Un malessere sociale diffuso, una situazione nervosa e in ebollizione, specie in regioni e province che soffrono ancora condizioni di miseria e disoccupazione.

E le vittime sono l’anello debole, ma allo stesso tempo – in un paese con la politica del figlio unico – un soggetto sociale fortemente simbolico su cui sfogare le proprie frustrazioni. Nei forum on line si sono sviluppati dibattiti: secondo molti utenti lo stato dovrebbe offrire anche un sostegno psicologico alle persone in difficoltà. Secondo altri, invece, gli strati più disagiati nell’imperioso sviluppo cinese stanno semplicemente mettendo in atto una violenta e spietata vendetta sociale.

[Pubblicato su Il Manifesto il 13 maggio 2010]