Il volume di Tim Harper, edito ADD Editore, è un omaggio alle donne e agli uomini che hanno lottato contro l’imperialismo e pensato mondi nuovi
La storia della “prima” Asia ribelle dura una manciata di decenni, eppure le idee e le parole cambieranno per sempre un continente che si estende dalle foreste pluviali di Java alle steppe della Cina settentrionale, passando dalle grandi città portuali per arrivare ai confini delle terre esplorate dagli occidentali. Asia ribelle, il nuovo saggio pubblicato da ADD editore, racchiude tutto questo in una profonda cronaca dei fatti di oltre settecento pagine. Un lavoro enorme, quello dello storico britannico Tim Harper, capace di ricostruire dinamiche e connessioni che mai sono state tanto complesse e distribuite nel tempo e nello spazio.
Guardare oltreconfine
“È paradossale”, scrive nell’introduzione, “che alcune delle vite vissute in clandestinità nel sottosuolo dell’impero siano anche tra le meglio documentate della loro epoca.” Attraverso la ricerca negli archivi delle città europee, i dossier della Polizia coloniale, le pubblicazioni clandestine e gli scambi epistolari Harper è stato in grado di ricomporre l’immenso puzzle dei movimenti e individui che avevano tante anime diverse ma un unico obiettivo: la libertà dall’oppressione imperialista.
Per chi legge Asia ribelle alcuni nomi potrebbero richiamare la liturgia delle rivoluzioni di fine Novecento, altri rimangono sconosciuti agli stessi cittadini dei paesi fondati sulla lotta iniziata da questo gruppo eterogeneo di rivoluzionari e pensatori. I loro volti compaiono nella foto di una classe di universitari a Parigi, oppure nelle immagini delle Internazionali comuniste.
Molti di loro cambiano aspetto, lavori, ruoli. Alcuni torneranno in Asia solo dopo anni di vita clandestina nelle grandi capitali d’Europa, altri si muoveranno attraverso i confini di quei pezzi d’impero dove nasceranno comunità sempre più eterogenee. Le società, anche nei momenti di maggiore controllo da parte delle autorità coloniali, iniziano a diventare più “plurali”. Talvolta non senza conflitto interetnico, e con fasi di maggiore o minore speranza in un futuro senza classi sociali.
Sogni e violenza
In Asia ribelle emerge la forza delle connessioni, dei legami interni, oltre i confini politici. Una spinta “dall’interno e dal basso” dove, però, anche le guerre e i movimenti per le libertà civili occidentali hanno giocato un ruolo nel portare idee e riflessioni diverse. I ribelli d’Asia incoraggiano gli insegnamenti di massa, si promuove l’uso dell’esperanto alternativo alla lingua degli imperialisti, si fa memoria e insegnamento delle azioni dei “martiri”.
È una storia piena di violenza, spesso autoinflitta. Nel 1908 in Indonesia gli olandesi assitono a veri e propri suicidi rituali di massa (puputan), dove accadeva che “se i soldati non sparavano, quelli si pugnalavano da soli”. È un racconto di attentati, di ordigni fatti esplodere nei ristoranti degli hotel frequentati dall’élite imperialista, di terrorismo e di autoimmolazioni.
L’Asia degli imperi di inizio Novecento è anche il luogo dei suicidi e delle morti legati alla povertà assoluta delle periferie dei grandi centri commerciali, di masse di migranti che scappano dalla miseria e finiscono per cadere in un’altra miseria fatta di solitudine. I giovani istruiti sognano un nuovo ordine sociale libero dall’oppressione straniera e dal peso della tradizione, di una libertà da fuori e da dentro le nazioni.
I ribelli parlano di “patria perduta”, si affidano al pensiero anarchico, alle teorie marxiste, al nazionalismo di Mazzini. Prendono spunti dagli studi all’estero e cercano soluzioni: chi in Giappone, chi a Parigi o Londra. C’è chi prova a lavorare dall’interno, come avviene con il tentativo della “Riforma dei cento giorni” che sperava di far partire dalla dinastia imperiale cinese dei Qing una resistenza contro gli occidentali.
Un mondo che cambia
In Asia ribelle c’è un mondo che cambia e che viaggia sempre più veloce. La “globalizzazione imperiale” non solo richiede risorse alle colonie per mantenere le grandi potenze e le costose campagne militari in Asia e in Europa, ma porta con sé le istanze repubblicane, nonché i concetti di Stato, cittadinanza, libertà che stavano ridefinendo le società europee.
È spesso una rivoluzione delle donne, che per la prima volta diventano “visibili” e sono a tutti gli effetti attrici del cambiamento. Viene coniato un termine, “modern girl”, che viene ricalcato in diverse lingue asiatiche e rappresenta l’archetipo della donna-ribelle dell’epoca: capelli corti, l’orlo della gonna sempre più corto, il trucco sul viso. C’è chi fa attentati, chi riesce a fondare riviste all’estero e società di mutuo aiuto per altre donne.
Ci sono poi le guerre a cambiare il volto di un’epoca. Durante la prima guerra mondiale si inizia a definire un nuovo tipo di relazione tra Stato e persone, nascono i confini moderni e i moderni sistemi di identificazione dei cittadini. Le potenze coloniali chiedono sempre più risorse economiche e uomini da mandare al fronte o lavorare, si inizia a fare guerra per procura, a sfruttare le popolazioni locali per creare danno alla potenza coloniale di turno. I paesi asiatici diventano “mondi specchio” dove si riflette la fame di risorse dell’Occidente, ma anche le sue speranze.
Inizialmente l’Asia viene vista attraverso una lente orientalista come ‘arretrata’ e in declino anche sul piano della rivoluzione proletaria promessa dal comunismo e realizzata dai russi nel 1917. Mentre personaggi del calibro del filosofo e rivoluzionario indiano Manabendra Nath Roy la questione della libertà e dell’indipendenza dei paesi asiatici rappresentano “un fattore della politica mondiale” perché l’imperialismo è il primo nemico della rivoluzione sociale ed economica.”
Il volume chiude sulle date della Seconda Guerra Mondiale, citando la fine ufficiale della globalizzazione imperialista che aveva semplificato la conquista e il controllo di territori immensi e selvaggi, civilizzati e contenuti nei propri schemi. Non sarà più così semplice la costruzione di legami che viaggiano veloce oltre i confini, di masse popolari. Può iniziare?
Formazione in Lingua e letteratura cinese e specializzazione in scienze internazionali, scrive di temi ambientali per China Files con la rubrica “Sustainalytics”. Collabora con diverse testate ed emittenti radio, occupandosi soprattutto di energia e sostenibilità ambientale.