Questa la posizione cinese, per ora ancora formale, rivelata da Sitaram Yechuri – membro del Politburo del Partito comunista indiano (marxista) – lo scorso 16 luglio a seguito di un colloquio col consigliere di stato cinese Dai Bingguo a Pechino.
Yechuri, durante la visita ufficiale in Cina della scorsa settimana, ha dichiarato alla stampa indiana di aver affrontato in un colloquio di due ore con Dai Bingguo il tema della candidatura indiana a un seggio permanente dell’Onu, questione che da tempo occupa l’agenda di ogni confronto diplomatico tra i due giganti d’Asia.
L’India occupa attualmente uno dei seggi temporanei all’UNSC, eletta per il 2011-12 con 187 voti su 190, e sta cercando di guadagnare un ampio consenso internazionale per diventarne membro permanente. Assieme a Giappone, Germania e Brasile compone il gruppo dei G-4, i candidati più quotati ad entrare definitivamente nel Consiglio di sicurezza dell’Onu aggiungendosi a Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Cina e Russia, membri permanenti.
La candidatura dell’India – secondo paese più popoloso al mondo, decima economia mondiale e principale potenza economica in ascesa assieme alla Cina – è stata a più riprese appoggiata da tutti i membri permanenti esclusa la Cina, che lo scorso aprile, a conclusione del meeting dei BRICS di Sanya – capitale della provincia di Hainan, Cina – si era limitata a una dichiarazione congiunta con la Russia dichiarando il proprio “supporto alle aspirazioni di ricoprire un maggiore ruolo in ambito mondiale” da parte dell’India, interpretata come un via libera proprio per il seggio all’UNSC.
Ora, secondo quando dichiarato dal leader marxista indiano, con le parole di Dai Bingguo la Cina si sbilancia ancora di più verso un aperto appoggio all’India, ma a condizione che lacandidatura venga presentata senza il Giappone: “Per i nostri trascorsi storici col Giappone – avrebbe spiegato Dai a Yechuri – la Cina non potrà mai accettarne l’entrata permanente nel Consiglio”.
A pochi giorni dai nuovi attentati di Mumbai, che si teme possano essere ricondotti a una matrice terroristica sull’asse Indian Mujahedin – Pakistan, un endorsement cinese nei confronti dell’India segnerebbe anche un cambiamento nei rapporti tra Cina e Pakistan. I legami tra Pechino e Islamabad sono motivo di preoccupazione per il governo indiano, specie la presenza di truppe cinesi nella zona del Gilgit – Baltistan, parte dei territori del Kashmir pakistano.
A questo proposito Dai Bingguo ha spiegato a Yechuri che i soldati dell’Esercito popolare di liberazione cinese stanziati in Kashmir, che realisticamente dovrebbero salvaguardare la stabilità della regione per proteggere il collegamento ferroviario e stradale cinese sul Golfo Arabico, sarebbero in Pakistan esclusivamente per non meglio specificati “motivi umanitari”.
Le condizioni cinesi alla candidatura indiana, che di fatto obbligherebbero l’India ad abbandonare il G-4 per sperare nell’appoggio di Pechino, non convincono l’opinione pubblica indiana. La maggior parte dei commenti presenti sul web fa emergere la diffidenza indiana verso le mosse diplomatiche cinesi: c’è chi teme l’India sia entrata in un vicolo cieco, dovendo scegliere tra il G-4 – e gli annessi appoggi politici dal mondo occidentale – e la proposta cinese; c’è chi teme la Cina voglia solamente applicare una sorta di “divide et impera” per indebolire il suo diretto concorrente in Asia e chi semplicemente non crede nei buoni propositi espressi da Dai Bingguo.
Ma nel pessimismo dilagante alcuni netizen non rinunciano a vedere il bicchiere mezzo pieno: visto il recente smarcamento statunitense dal Pakistan, non è improbabile che anche la Cina stia iniziando a prendere le distanze da un partner pericoloso e incontrollabile come Islamabad, ripiegandosi sull’India.
Alcuni addirittura auspicano che l’appoggio di Pechino possa essere il primo passo verso una totale riconciliazione sino-indiana, iniziando anche a risolvere le contese territoriali nell’Arunachal Pradesh, per ritrovare infine una “fratellanza” fondamentale per la salvaguardia della pace nel mondo. Una speranza che vista la posta in palio, il ruolo di nuova potenza mondiale, è probabile rimanga tale.
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