Katsunobu Sakurai è il sindaco di Minamisoma, uno dei comuni della cintura di Fukushima a circa una ventina di chilometri dalla centrale nucleare. Ed è anche uno di quegli individui che affrontano il futuro a viso aperto. Per questo ha proposto di rovesciare di segno la sciagura che si è abbattuta sulla cittadina investendo nelle energie rinnovabili. Pronunciare il nome di Fukushima ormai è come evocare Chernobyl. Una tragedia in termini umani che mette in discussione la hybris dell’uomo sulla natura. È venuto il tempo di interrogarsi sulla nostra interazione con questo pianeta fragile. Anche il Giappone dovrà farlo. Prima di tutto ripensando le sue strategie energetiche. Forse le metropoli saranno meno luminose e iperattive tecnologicamente, forse sarà necessaria più moderazione. I cambiamenti portano sempre a un avvicendamento anche nei leader, in chi capisce in quale direzione va il vento e sa seguirne – o anticiparne – la scia.
“Quando il mondo guarda il Giappone non vede un paese competente e forte, ma una nazione che temporeggia, che non è in grado di affrontare la difficile situazione con cui si trova a fare i conti”. Le parole pronunciate da Katsunobu Sakurai sono tutt’altro che diplomatiche. Minamisoma al momento della tragedia contava 71.000 abitanti. Dopo l’incidente si è svuotata: a un certo punto vi risiedevano solo 10.000 persone. La cifra totale tra morti e dispersi è di circa 1.470 individui. Prima dell’11 marzo Sakurai era uno dei tanti amministratori locali alle prese con gli usuali problemi di una città di provincia: i servizi pubblici, la crescente disoccupazione e l’invecchiamento della popolazione. Dopo quella fatidica data è diventato un personaggio di riferimento: per il suo attivismo, per la schietta denuncia delle inefficienze e carenze del governo giapponese nella gestione della crisi.
Tanto più stupefacente in un paese in cui la politica è arte della misura e della continenza. Pochi giorni fa ha lanciato l’ultima delle sue proposte: trasformare gli oltre quaranta chilometri quadri di terreno intorno alla città in un’immensa distesa di pannelli solari. È un’area che comprendeva anche campi di riso. Oggi è devastata. Tuttavia – questo il ragionamento del sindaco – tale distruzione può rappresentare una possibilità: esplorare nuove strategie energetiche che conducano il Giappone verso una progressiva indipendenza dall’atomo. L’idea è quella di invitare a Minamisoma esperti di tutto il mondo che aiutino la città a svilupparsi come centro di energie rinnovabili. Non è scontato per un giapponese lanciare appelli alla comunità internazionale. L’orgoglio e l’attaccamento al proprio paese devono venire prima di tutto, specie per un politico.
Ma Sakurai non è nuovo a questo genere di provocazione. Proprio questa sua attitudine ha fatto sì che il suo nome venisse collocato nella lista dei 100 personaggi più influenti del 2011 compilata ad Aprile dal «Time». Questa la motivazione: “Con un video su Youtube di 11 minuti, postato due settimane dopo la catastrofe naturale dell’11 marzo, ha bacchettato la classe dirigente giapponese che aveva ignorato le sue disperate richieste di soccorso e, conseguentemente, abbandonato a loro stessi migliaia di cittadini, bloccati nella zona interdetta”. Camicia con cravatta sotto a una tuta bianca – dello stesso tipo di quelle utilizzate da quanti prestano i primi soccorsi nelle emergenze – viso scuro e tirato, Sakurai non ha risparmiato critiche e parole forti. Nel video invita i giornalisti a vedere in prima persona quello che sta succedendo perché un’intervista telefonica non può sostituire quello che l’occhio può catturare e capire. Il suo gesto ha avuto il merito di evidenziare la paradossale situazione in cui si sono trovati i cittadini di Minamisoma. Le disposizioni del governo per i circa 10 mila abitanti rimasti a Minamisoma dopo l’incidente e dopo l’innalzamento dei livelli di radiazioni sono state di “rimanere all’interno delle proprie abitazioni”.
Ma una richiesta del genere quanto a lungo può essere sostenibile? Il 24 marzo, data di registrazione del video, mentre i comuni nel raggio di 20 km sono stati evacuati, Minamisoma si ritrova chiusa in se stessa, impossibilitata a ricevere i mezzi di primaria sussistenza, con gas e benzina ormai al lumicino, condannata a un pericoloso isolamento. Un opprimente limbo che ha scatenato la frustrazione del sindaco: da qui la richiesta di soccorsi da parte di volontari che, però, avvisa contrito Sakurai, “verranno a loro rischio e pericolo”. La richiesta di aiuti è stata fruttuosa e ha prodotto un generale miglioramento della situazione. Resta però molto da fare. A maggior ragione considerando che il 10 giugno le autorità giapponesi hanno incluso quattro nuove località nell’elenco di quelle colpite da alte radiazioni: tra queste anche Haramachi, una delle aree di Minamisoma. In una recentissima conferenza stampa con i giornalisti stranieri, Sakurai ha nuovamente puntato il dito contro il primo ministro Naoto Kan, incapace di “assumersi l’intera responsabilità di risolvere i problemi”. E ha aggiunto: “Il voto di fiducia che ha mantenuto questo governo non è stato altro che una farsa agli occhi di chi è stato colpito dalla catastrofe”.
In ogni caso, il combattivo sindaco dovrà – suo malgrado – affidarsi all’azione del governo. Come ammette lui stesso, i progetti per l’allestimento dell’enorme copertura di pannelli solari saranno efficaci solo se le compagnie elettriche saranno obbligate, per legge, all’acquisto di energia a un prezzo fisso. Naoto Kan ha promesso una revisione delle politiche energetiche per arrivare a produrre il 20% dell’energia da fonti rinnovabili nel 2020, ma ha anche annunciato le sue dimissioni una volta risolta la crisi nucleare. Prima di allora è probabile che i pannelli solari di Minamisoma saranno già installati e funzionanti.
[Anche su lettera43.it] [Immagine da http://newshopper.sulekha.com/yukio-edano-katsunobu-sakurai_photo_1792138.htm]* Benedetta Fallucchi, dopo una parentesi di attività nel mondo editoriale, si è dedicata al giornalismo. Collabora con alcune testate italiane e lavora stabilmente presso la sede di corrispondenza romana dello «Yomiuri Shimbun», il maggiore quotidiano giapponese (e del mondo: ben 14 milioni di copie giornaliere).