Il numero 17 ha portato fortuna, anche se a ben guardare solo fino a un certo punto. Jhalanath Khanal è riuscito là dove i suoi 16 predecessori avevano fallito, facendosi eleggere primo ministro del Nepal dopo un periodo di vuoto istituzionale che durava da giugno. Segno evidente che la numerologia occidentale non ha alcuna influenza sulla cabale divinatorie ancora tanto diffuse nel piccolo ex regno himalayano. Comunque, anche se a Khanal gli astri sono stati propizi, guardando alla situazione politica che il nuovo leader si trova davanti, di tutto si può parlare tranne che di buona sorte.
Nei sette mesi di stallo politico che il Nepal ha attraversato, l’estrema frammentazione partitica che ha sempre distinto il Paese è andata aumentando. In conseguenza di ciò sono ulteriormente cresciuti i già ampi spazi di manovra di quelle piccole e microscopiche formazioni disposte a formare alleanze con partiti di qualsiasi schieramento in cambio di cariche o altri vantaggi concreti. In questo momento Khanal ha la necessità di formare una coalizione il più ampia possibile e per di più in tempi estremamente ridotti. Sulla sua testa pende infatti la spada di Damocle del 28 maggio, termine ultimo fissato per l’approvazione della nuova costituzione, che richiede una maggioranza di due terzi per la sua entrata in vigore.
La carta fondamentale dovrebbe portare a compimento quel processo di pace avviato dopo l’abdicazione dell’ex sovrano Gyanendra (ritiratosi nell’aprile del 2006 a seguito delle proteste di piazza) e la firma dell’accordo tra governo e maoisti per la fine della guerriglia che per 10 anni (dal 1996 al 2006) ha insanguinato il Paese.
Il compito di Khanal è tutt’altro che semplice. Il suo principale nemico è paradossalmente proprio il Partito maoista di Pushpa Kamal Dahal, meglio noto come Prachanda, il leggendario leader che dopo aver guidato per anni la rivolta contro il re, ha portato i maoisti ad abbandonare la lotta armata e a divenire il principale partito politico del Paese.
L’elezione di Khanal (leader del Cpn-Uml, il Partito comunista del Nepal unificato marxista-leninista) è stata resa possibile appunto da Prachanda, che ha ritirato all’ultimo momento la propria candidatura per sbloccare l’ennesimo impasse politico su cui la votazione rischiava di arenarsi e ha iniziato ad appoggiare l’ex rivale. In cambio di questo sostegno i maoisti hanno chiesto di occupare alcuni ruoli chiave all’interno del nuovo governo, tra cui il ministero degli Interni, e di procedere all’integrazione di almeno 20mila ex guerriglieri nelle fila dell’esercito regolare (una delle principali clausole dell’accordo tra esecutivo e maoisti firmato nel 2006, da allora rimasta inattuata). In più, secondo alcune indiscrezioni riportate dalla stampa locale, gli ex ribelli avrebbero domandato la costituzione di un «meccanismo di consultazione di alto livello», una sorta di shadow cabinet presieduto da Khanal e Prachanda.
La maggioranza del Cpn-Uml è però contraria ad accontentare le richieste del partito maoista, temendo che questo possa aumentare ulteriormente il suo potere. Da giorni quindi il balletto delle cariche politiche va avanti senza che si riesca a trovare un accordo per la spartizione delle poltrone. I maoisti hanno già cominciato avanzare l’idea di non partecipare direttamente al nuovo governo ma di limitarsi ad appoggiarlo dall’esterno.
La situazione è estremamente fluida e suscettibile di ogni tipo di sviluppo. Intanto si avvicina la scadenza del 15 febbraio, quando il parlamento dovrà approvare il bilancio per il nuovo anno. Un test fondamentale per Khanal. Un voto contrario dell’assemblea legislativa impedirebbe infatti qualsiasi manovra finanziaria dell’esecutivo, complicando non poco una situazione già difficile.