Asia-Files: Corte suprema indiana disarma le truppe speciali anti-naxaliti

In by Simone

Migliaia di giovani assoldati per combattere i ribelli naxaliti del Chattisgarh, diventando Special Police Officers, si sono macchiati di crimini orribili. Ora la Corte Suprema li ha dichiarati illegali, gettandoli nuovamente nella disoccupazione, prede della vendetta naxalita. 

La guerriglia maoista è stata recentemente definita dal premier indiano Manmohan Singh come “la maggiore minaccia interna al nostro stato”. Il cosiddetto corridoio rosso che investe le regioni centrali e orientali dell’India versa costantemente nell’instabilità per via delle truppe di ribelli naxaliti che si nascondono nelle fitte foreste delle aree tribali e sanno fare leva sulla povertà e sull’inaccessibilità alla nuova ondata di benessere che investe l’India urbana e borghese.
Per coadiuvare le spedizioni antimaoiste il governo ha assoldato migliaia di giovani tribali reclutati sotto il nome di SPO, Special Police Officers, a cui la polizia delega i lavori più rischiosi e le operazioni più riprovevoli. L’ultimo verdetto della Corte Suprema dell’India ha dichiarato immorale e incostituzionale la presenza di tali truppe, ordinandone l’immediato disarmo.

La strategia dei governi regionali per disfarsi dei maoisti è stata semplice e tutt’altro che tenera. A partire dal 2005 le forze di polizia locali hanno assoldato migliaia di giovani – perlopiù ragazzi analfabeti e a caccia di piccoli guadagni – li hanno armati di un fucile e li hanno battezzati SPO, Special Police Officers, assicurando loro un reddito mensile di 3000 rupie (più di quanto serva per affittare una casa a due piani in un villaggio indiano) e una condanna a morte quasi certa.
Le forze speciali della polizia anti-maoista si definiscono truppe di volontari desiderosi di ricostituire la pace e la giustizia, come esemplifica il nome di uno dei corpi più collaudati, il Salwa Judum, o “marcia per la pace”. Nella sola regione del Chattisgarh, uno degli epicentri dell’insurrezione maoista, le truppe formate da SPO e consimili contano più di 5200 soldati, in maggior parte tribali. Con la loro profonda conoscenza dell’inaccessibile territorio ricoperto di foreste e la loro padronanza dei locali dialetti tribali hanno dato manforte alla polizia regionale nelle più brillanti operazioni anti-maoiste e nelle più efferate violazioni dei diritti umani. I ragazzi delle SPO sono stati responsabili negli ultimi anni, secondo la rivista indipendente indiana Tehelka, di 537 omicidi, 99 stupri, 103 casi di incendio doloso e la distruzione di 644 villaggi. A loro è toccato il lavoro sporco che ai regolari funzionari non piace eseguire.

DICHIARAZIONE DI ILLEGALITA’ E DISARMO – Il 6 Luglio 2011, a seguito di numerose segnalazioni e denunce avanzate da portavoce dei diritti umani e famose personalità del mondo accademico, la Corte Suprema ha emesso il suo verdetto: le Special Police forces sono dichiarate illegali, le loro azioni esulano dal mandato morale e costituzionale del governo indiano e pertanto se ne ordina l’immediato e irrevocabile disarmo.
Attivisti e intellettuali accolgono con applausi e felicitazioni la prossima scomparsa di un corpo paramilitare ufficializzato nella più antidemocratica delle maniere. Secondo le interviste rilasciate a Tehelka, i militanti delle Special Police Forces venivano reclutati da gruppi armati sussidiari finanziati dal governo centrale, che attingevano a un serbatoio di giovani marginalizzati e disoccupati per munirsi di utili informatori e di carne fresca da macello: “[…] irrompevano nei villaggi, bruciavano case e persone. I Naxaliti bruciavano quel che ne era rimasto. Poi ci hanno messo nei campi di rifugio e ci hanno ‘chiesto’ di unirci alle truppe”.
Due mesi di training e un fucile in dotazione: è così che il governo ha sponsorizzato una militarizzazione diffusa delle campagne, sfociata in una guerra civile tra tribali e tribali secondo il principio ben chiaro ai colonizzatori inglesi del divide et impera.
La Corte Suprema, insieme all’ordinanza di disarmo, si è espressa in maniera fortemente critica delle strategie del governo, che esita a guardare alle cause dell’insurrezione: la subordinazione e la discriminazione dei tribali, l’espropriazione delle terre dei contadini da parte delle multinazionali, lo sfruttamento delle risorse minerarie naturali, di cui il Chattisgarh è estremamente ricco. Tutte cause direttamente collegate alla strategia di sviluppo neo-liberale promossa dal governo, descritta dai giudici della Corte Suprema come “rapace, disumana, malvagia”.

IL DESTINO DELLE EX SPO – Ora che le forze speciali sono state bandite e disarmate resta da chiedersi che cosa ne sarà di quei 5000 giovani che per anni hanno assistito le operazioni governative anti-naxalite. La risposta non tarda ad arrivare. Come riportato dal Times of India a soli tre giorni dal verdetto della Corte Suprema, sono apparsi poster e volantini scritti a mano in inchiostro rosso e blu, in cui i ribelli minacciano di morte gli ex-SPO che per anni hanno collaborato con la polizia diventando a loro volta bersagli della violenza maoista.
Il loro futuro è in una fase di stallo: una piccola parte degli ex SPO potrebbe essere regolarizzata e inserita nelle forze dell’ordine, bilancio del governo permettendo; altri potrebbero rimanere segregati nei campi di rifugio o potrebbero semplicemente diventare vittime della rappresaglia, a meno che non decidano di unirsi all’insurrezione maoista, l’unica protezione sinora concretamente a loro disposizione.
Le parole della Corte Suprema segnano un piccolo passo verso la costituzionalità e la difesa dei diritti umani, mettono in discussione il modello capitalista e contemporaneamente assicurano un momento di sollievo ai ribelli naxaliti, confortati dalla decimazione di chi sta dando loro la caccia.
Per ricostituire le truppe anti-maoiste con membri regolari serviranno almeno due anni di esercitazioni; nel frattempo, in qualche remota campagna, migliaia di vite sono vulnerabili a nuovi crimini o nuove estorsioni. Migliaia di vite per le quali la moralità e la costituzione sono lontane dall’essere una priorità.

[Anche su Lettera43] [Photo credit: thesundayleader.lk]