Chi visita la Malaysia prima o poi dovrà chiedersi a cosa si riferisce un simbolo ricorrente nel panorama urbano: il numero uno, al cui interno è raffigurata la bandiera nazionale. È difficile non vederlo almeno una volta al giorno campeggiare su un muro, un cartellone pubblicitario alla fermata dell’autobus o tra le pagine di qualche quotidiano. Satu Malaysia, o “Una Malaysia”, è uno dei risultati della politica del primo ministro Najib Tun Razak che, a partire dal 2009, ha cercato di promuovere l’unione e la cooperazione etnica nel paese, rifiutando la visione comune secondo la quale ogni etnia deve “pensare ed agire per se stessa”. Al contrario, Najib ha più volte dichiarato alla stampa locale che "i cittadini Malaysiani devono rimanere uniti, pensando ed agendo come un’unica nazione, seguendo il concetto di 1Malaysia".
Una curiosa linea politica per un paese dall’identità etnica fratturata, che riconosce privilegi ai cittadini di origine Malay e che fa del separatismo etnico una delle sue forze, seppur problematica. Divisa tra una maggioranza di etnia malay e due minoranze ben distinte – quelle cinese e indiana – la Malaysia vanta un caleidoscopio culturale e religioso che, se da una parte gioca un ruolo fondamentale nel l’industria del turismo, dall’altra fomenta tensioni etniche e discriminazioni in qualsiasi ambito sociale, dal lavoro all’educazione.
Nazione dal passato coloniale britannico, dopo il bahasa malaysia – lingua malese – la Malaysia conserva l’Inglese come seconda lingua nazionale e idioma di comunicazione tra le tre etnie, per non parlare di un sistema scolastico basato su scuole vernacolari; ciascuna etnia vi manda i propri figli, che a parte l’Inglese studiano rispettivamente in bahasa melayu, cinese mandarino o tamil.
In questo scenario la creazione di 1Malaysia vorrebbe essere una campagna socio-politica provvidenziale, tesa ad appianare le tensioni etniche ed a migliorare le opportunità collettive e l’educazione dei giovani malaysiani che dovranno tirare le redini del futuro del paese. Ci sono però dei legittimi dubbi a riguardo: la legge nazionale, per esempio, favorisce ancora oggi i cittadini Bumiputera – figli della terra, letteralmente le etnie non immigrate nel paese, come gli indigeni nativi del borneo malese o la stessa etnia malay – nei concorsi per cariche pubbliche, permette loro di ricevere significativi sconti nell’acquisto di appezzamenti di terreno e sostanzialmente eleva i nativi malay a cittadini di serie A, a discapito delle minoranze cinese ed indiana.