Le autorità locali hanno deciso di vendere diverse auto dei funzionari pubblici. Avevano già tentato di ridurle con degli incentivi, ma avevano avuto scarso successo. Ora le mettono all’asta, spinte dal malcontento dei cittadini e dalle difficoltà economiche dovute al rallentamento dell’economia. Le autorità locali di diverse amministrazioni locali hanno deciso di vendere le auto dei loro funzionari. Urge contenere il malcontento popolare in vista del ricambio ai vertici di ottobre, ma pesa anche il momento di crisi dell’economia cinese.
Secondo quanto riportato dal Financial Times, in molti hanno deciso di sforbiciare i benefici di cui godono i funzionari. Tra le varie amministrazioni c’è stata Yulin, “una città nella regione dello Shaanxi che fino a poco tempo fa aveva una crescita rapidissima grazie alle sue miniere di carbone, ha ottenuto 5.6 milioni di yuan in un giorno vendendo 19 auto”.
Pare che in vendita ci fossero “delle Audi nere, le tipiche macchine dei funzionari cinesi”. L’oggetto di maggior desiderio, però, “è stata una Land Cruiser della Toyota, ambita per via delle strade locali”.
Altre città, come Changzhou e Nanchang, avrebbero iniziato a vendere già l’anno scorso. Perfino i villaggi hanno seguito la tendenza: “Yuan’an, un villaggio di coltivatori nella Cina centrale, ha scritto sul suo sito web di aver recuperato 220mila yuan da un’asta tenutasi il 18 giugno”.
Le autorità di Wenzhou, sulla costa sud orientale della Cina, “hanno venduto 215 autovetture nel week end ottenendo oltre 10 milioni di yuan. Pensano di vendere 1.300 veicoli – l’80 per cento di quelli a loro disposizione – entro la fine dell’anno”.
La tendenza sarebbe solo un aspetto di un movimento più generale volto a ridurre le spese: “in tutto il Paese, da Kunming al sud fino a Datong nel nord, i funzionari stanno tirando la cinghia, riducendo i banchetti, limitando i viaggi e tagliando il numero di auto di lusso che sono da tempo un benfiio standard – perfino nei ranghi medi dell’amministrazione”.
Secondo il Global Times – testata di Stato cinese – ci sarebbero un totale di 106 dipartimenti amministrativi e 207 istituzioni ufficiali che parteciperanno al programma.
Secondo il quotidiano locale i funzionari che hanno perso le auto governative riceveranno dei sussidi per il trasporto compresi fra i 300 e i 3.100 yuan al mese a seconda del loro grado e della loro posizione.
Stando alle statistiche del Ministero della Finanza, la spesa annuale in auto governative sarebbe arrivata alla cifra di 100 miliardi di yuan.
Il parere del Financial Times è che l’ondata di vendite sia legata a doppio filo con la crisi dell’economia cinese. Il Dragone arranca sempre di più a causa del rallentamento mondiale. Certo, lo fa a tassi di crescita che per i Paesi sviluppati sarebbero un sogno. Ma per gli standard cinesi pur sempre di rallentamento si tratta.
Con le difficoltà delle imprese, la pressione sui governi locali – a corto di fondi – è cresciuta. E così, per tirare acqua al mulino, si sarebbe arrivati alla vendita delle auto: “il raffreddamento del mercato immobiliare li ha privati delle vendite dei terreni, che sono stati tradizionalmente una fonte essenziale di denaro”.
Tanto più che c’è stata una “crescita delle entrate fiscali del 20 per cento inferiore rispetto all’anno scorso”.
Per Tao Ran, un esperto di governi locali presso l’Università del Popolo di Pechino, “è un segno delle difficoltà che le città devono affrontare”.
I cittadini non sono soddisfatti dei vantaggi goduti dai funzionari e così “nel fare pubblicità alle aste, il governo spera di ridurre il malcontento – un fattore più importante che mai nell’anno durante il quale la Cina dovrà affrontare la transizione dei suoi vertici politici, che avviene ogni dieci anni”.
Secondo la stampa locale “alcune amministrazioni locali in Cina avevano già fatto degli sforzi per tagliare le spese legate alle auto ufficiali, per esempio offrendo dei sussidi per il trasporto invece che fornire delle auto pubbliche, mettendo in piedi delle agenzie speciali per gestire le auto ufficiali tra i vari dipartimenti e installando dei GPS sulle vetture per monitorare il loro uso”.
Questi sforzi, però, “non si sono provati tutti utili”.
* Michele Penna è nato il 27 novembre 1987. Nel 2009 si laurea in Scienze della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali con una tesi sulle riforme economiche nella Cina degli anni ‘80-’90. L’anno seguente si trasferisce a Pechino dove studia lingua cinese e frequenta un master in relazioni internazionali presso l’Università di Pechino. Collabora con Il Caffè Geopolitico, per il quale scrive di politica asiatica.
[Scritto per Lettera 43; Foto Credits: aderhold.biz]