Intervista ad An Byong-jun, attaccante del Suwon Bluewings, a sud del 38° parallelo: “Sono fiero delle mie origini. Per me vestire la maglia della nazionale nordcoreana è motivo di grande orgoglio. Provo delle sensazioni uniche quando scendo in campo per rappresentare il mio paese”.
Dopo un paio di risposte quanto mai misurate e discrete, l’attaccante nordcoreano An Byong-jun sorprende con un’esplicita dichiarazione d’amore per il calcio italiano: “I miei idoli da ragazzo erano Ronaldo – il brasiliano – e Zinedine Zidane. La Serie A mi affascina da sempre. Attualmente seguo con grande interesse Dušan Vlahović -centravanti della Juventus-… Cerco sempre di imparare dai migliori”.
Si evince già da questo incipit quanto il calciatore 32enne, parte integrante della rosa del Suwon Bluewings (squadra sudcoreana di prima divisione – K League 1), sia lontano dagli stereotipi che, in maniera spesso fin troppo sbrigativa e poco veritiera, contaminano l’immaginario occidentale quando ci si occupa del regime della famiglia Kim. An Byong-jun non nasconde un pizzico di orgoglio alla domanda sui clamorosi successi ottenuti dalle selezioni asiatiche ai Mondiali in Qatar e si emoziona, comprensibilmente, quando racconta della madrepatria. Senza scadere però nella pericolosa tentazione della retorica.
Con leggerezza, parla del suo presente in Corea del Sud, sottolineando come l’accoglienza a sud del famigerato 38° parallelo sia stata lusinghiera. “A Suwon mi trovo bene, è una città a misura d’uomo. Non pensavo di riuscire ad adattarmi così velocemente: il supporto dei miei compagni di squadra e dello staff tecnico del club è stato fondamentale, soprattutto nei primissimi mesi lontano dalla mia famiglia”.
Nato a Kokubunji nel maggio del 1990, An appartiene alla minoranza etnica degli Zainichi, ossia quei cittadini di origine coreana permanentemente residenti nel paese del Sol Levante. Una comunità numerosa (circa 450 mila secondo gli ultimi dati) che, negli anni, ha subito episodi di discriminazione violenta da parte delle frange estremiste del nazionalismo giapponese.
“Sono fiero delle mie origini. Per me vestire la maglia della nazionale nordcoreana è motivo di grande orgoglio. Provo delle sensazioni uniche quando scendo in campo per rappresentare il mio paese. Non vedo l’ora di avere nuovamente l’opportunità di cantare l’Aegukka (l’inno nazionale, ndr) all’interno del rettangolo di gioco”.
L’incontrollabile diffusione del virus, con conseguente complessa gestione della campagna vaccinale nazionale, ha fortemente condizionato le attività della DPR Korea Football Association e con esse quelle anche quelle della nazionale. L’ultima gara ufficiale della nazionale si è giocata infatti più di tre anni fa, il 19 novembre del 2019, in Libano. Negli ultimi mesi, l’Asian Football Confederation (organo amministrativo, organizzativo e di controllo del calcio asiatico) ha ufficializzato il ritiro della selezione nordcoreana anche dalla Coppa d’Asia under 23 (vinta poi dall’Arabia Saudita) e dalle qualificazioni femminili per il prossimo mondiale.
Numero 10 della selezione Chollima (così si chiama il cavallo alato, figura centrale della mitologia nordcoreana dal quale prende il nome la selezione), con le sue reti – 59 nelle ultime 3 stagioni – An ha fatto la fortuna del Suwon Bluewings e del Busan IPark, conquistando, tra l’altro, il prestigioso titolo di capocannoniere ed MVP della K League 2 (seconda divisione sudcoreana).
“Non mi sento soddisfatto al 100% della stagione appena conclusa. È vero, ho contribuito con alcuni gol alla permanenza del club in K League 1. Credo però di non essermi ancora espresso al massimo delle mie potenzialità. Non lo nascondo: sogno di vincere il titolo nazionale con la maglia del Suwon”.
Gli highlights dello spareggio salvezza contro l’FC Anyang
Il passaporto nordcoreano di An spegne sul nascere potenziali trattative e trasferimenti all’estero. Il consiglio di sicurezza dell’ONU ha infatti irrigidito divieti e sanzioni contro la Corea del Nord, obbligando i paesi membri a rimpatriare i calciatori nordcoreani residenti all’estero per timore che il regime possa ottenere attraverso le loro rimesse quegli aiuti che sarebbero di fondamentale importanza per la traballante economia della nazione. Eloquente, a questo proposito, il caso di Han Kwan-song (ex Cagliari, Perugia e Juventus) al quale è stato rescisso il contratto dall’Al Duhail, squadra militante nella prima divisione qatariota, proprio per le suddette questioni.
An evita di entrare sul tema, limitandosi a descrivere il calcio come insostituibile elemento di integrazione universale.
“Dalle giornate passate a giocare con mio padre e mio fratello nel parco, alle ore di studio impiegate per imparare a replicare i movimenti dei miei miti, non riesco ad immaginare la mia vita senza un pallone”.
Così si congeda An, con una frase nella quale tutti i giovani, al di qua e al di là di paralleli e meridiani, confini e barriere, possono riconoscersi.
Di Eduardo Accorroni