Alluvioni in Tamil Nadu: i problemi della crescita indiana

In by Gabriele Battaglia

La situazione nello stato meridionale del Tamil Nadu e in particolare a Chennai, ridotta temporaneamente allo status di «isola» dalle alluvioni causate da piogge record, è gravissima. La conta dei morti ha superato quota 450, la capitale dello stato è letteralmente allagata e paralizzata, tra aeroporto chiuso e voli cancellati (tutti, fino ad oggi), scarsità di rifornimenti e soccorsi coordinati dall’esercito. Ma se inizialmente si è dato semplicisticamente colpa alla pioggia – «è piovuto troppo, cosa dobbiamo fare?» – ora emerge in tutta la sua follia la respnsabilità di uno sviluppo innaturale del territorio. Gli effetti collaterali della crescita con caratteristiche indiane. Le piogge straordinarie – le più intense del secolo, si dice – che hanno flagellato il Tamil Nadu dall’inizio di novembre si sono trasformate in un’emergenza altrettanto straordinaria. Le immagini di una megalopoli capitale dello sviluppo dell’India meridionale letteralmente sott’acqua, riprese dall’alto di interi quartieri parzialmente sommersi, sono all’ordine del giorno in tutte le edizioni dei tg nazionali.

Le alluvioni in Tamil Nadu – inizialmente, ad onor del vero, bistrattate dalla stampa nazionale, quando ancora l’emergenza non aveva coinvolto in toto Chennai – sono state descritte come una «calamità naturale»: un evento imprevedibile per antonomasia, che costringe le autorità a fronteggiare emergenze titaniche facendo un po’ quello che si riesce.

Almeno questa la versione della chief minister Jayalalithaa, che all’emittente indiana Ndtv ha dichiarato: «Le perdite [di vite umane] sono inevitabili in presenza di piogge molto forti. La pronta risposta dei sistemi di soccorso è un indicatore del buon governo».

Secondo questo paradigma, nulla si può imputare all’attuale chief minister del Tamil Nadu – che già aveva ricoperto la medesima carica nei mandati 1991-96, 2002-2006, 2011-2014 – impotente, come ogni essere umano, di fronte alle catastrofi scagliate sulla Terra da Madre Natura.

Uscendo da un’analisi preistorica delle conseguenze portate dai fenomeni atmosferici, molta stampa indiana, fortunatamente, non la pensa così.

L’Indian Express, ad esempio, dando conto dei fondi straordinari elargiti dal governo centrale di New Delhi per far fronte all’emergenza (quasi 20 miliardi di rupie) va ad esaminare anche le gravissime responsabilità dell’amministrazione locale, che negli ultimi 20 anni ha permesso uno sviluppo urbano folle, incontrollato e senza alcun rispetto per l’ambiente.

Il video fatto dalla redazione dell’Indian Express lo spiega benissimo: l’incremento esponenziale della cementificazione a Chennai – che alimenta il mercato immobiliare, grande locomotiva dell’ultima fase della crescita indiana – ha significato una riduzione progressiva dei laghi naturali dove, in caso di forti piogge, i fiumi di Chennai riuscivano a «sfogare» l’acqua in eccesso senza allagare la città. Ora invece, con queste piogge torrenziali, l’acqua non trova altra via per esondare se non per le strade di cemento, allagando i complessi commerciali e abitativi costruiti dove forse sarebbe stato meglio non costruire.

Sulla stessa linea, Quartz India in questo articolo mette in fila un elenco impietoso di progetti infrastrutturali – aeroporti, stazioni degli autobus, zone economiche speciali – sorti con l’assenso delle varie amministrazioni locali di Chennai dove prima c’erano canali, paludi e laghi.

Il disastro di Chennai dovrebbe suonare da sirena d’allarme per tutti i sostenitori del mantra «crescita prima di tutto», il marchio di fabbrica dell’attuale amministrazione Modi (in questo, in discreta continuità con le amministrazioni precedenti dell’Indian National Congress).

È indubbio che il paese, per provare a competere con le altre economie mondiali, necessiti di una cura ricostituente a base di infrastrutture e potenziamento dello scheletro produttivo – strade, ponti, stazioni, aeroporti, dighe, fabbriche – che crei nuovi posti di lavoro e nuove – migliori – opportunità di business.

Ma è verissimo che il subcontinente è formato da un territorio estremo ed estremamente delicato nel rapporto di interdipendenza che lega l’ambiente ai fenomeni naturali (ricordate il disastro in Uttarakhand di due anni fa?).

Un ecosistema che non si può pensare regga l’impatto di una crescita esplosiva e sregolata come quella indiana di ieri e, ancora peggiore, di domani, fatta di meno leggi per la tutela ambientale e più «delibere eccezionali» per costruire dove non si dovrebbe. Nel nome del Pil.

[Scritto per East online; foto credit: ibtimes.com]