Da anni Pechino sta lavorando su un sistema di protezione dei dati basato sulla crittografia quantistica. Un metodo che sfrutta le particelle di luce e permette una velocità di trasmissione altissima. Già sperimentato durante l’ultimo Congresso del Pcc, praticamente impenetrabile a tutti i sistemi di spionaggio informatico. Crittografia quantistica. L’affaire Snowden fa fare alla Cina un salto nella scienza che ai comuni mortali sembra quasi fantascienza. O meglio, Pechino ci stava lavorando già su da tempo, ma il disvelamento di Prism, il diffuso sistema di spionaggio elettronico Usa, rende sempre più urgente un grande balzo in avanti nelle tecniche di protezione dati, che dovrebbe poi sfociare nella creazione di un “cifrario perfetto”: qualcosa che non potrà mai essere letto da occhi indiscreti.
La notizia. Al “shi ba da”, il grande 18° congresso del Partito comunista che l’autunno scorso ha insediato la nuova leadership cinese, è stata utilizzata una rete quantistica per lo scambio di dati sensibili. È stata utilizzata in uno spazio limitato, a titolo sperimentale, ma è stata utilizzata.
A ciò si aggiunge la rivelazione, che risale al 10 giugno, secondo cui Pechino prevede di lanciare il primo satellite di comunicazione quantistica del mondo nel 2016. Ciò farebbe della Cina il primo Paese, tra quelli dediti alle esplorazioni spaziali, in possesso di sistemi di comunicazione quantistica.
Le reti basate sulle proprietà intrinseche delle particelle elementari sono oggetto di studio di mezzo mondo. Si tratta – semplifichiamo all’estremo – di utilizzare proprietà della meccanica quantistica, in particolare dei fotoni di luce, per scambiarsi una chiave crittografica (quella che consente di leggere messaggi cifrati) senza che qualcun altro la intercetti. O meglio, se A e B si scambiano la chiave e C prova a intercettarla, i primi due se ne accorgono inevitabilmente.
In pratica, la comunicazione sfrutta i caratteri quantistici delle particelle elementari che, per il principio di indeterminazione di Heisenberg, non sono misurabili senza che si modifichi il sistema stesso. Per cui, se un qualsiasi “man in the middle” provasse a ficcarci il naso, finirebbe per modificare il contenuto della comunicazione in maniera casuale e, inevitabilmente, mittente e destinatario se ne accorgerebbero.
Il problema di questa tecnologia è che, data l’instabilità dei fotoni, è finora possibile teletrasportare messaggi solo a distanze limitate che sarebbero comprese tra i cinquanta e i centocinquanta chilometri. Su questo punto è in corso una disputa accademica proprio tra scienziati cinesi ed europei, con sfoggio di record e controrecord per rivendicare a sé la palma di quelli che hanno spedito il messaggio più lontano.
Nel 2012, i cinesi avevano annunciato al mondo un record di 100 chilometri. Immediatamente dopo (maggio 2012), i fisici europei hanno proclamato di averlo nuovamente infranto, grazie al teletrasporto di fotoni tra La Palma e Tenerife, le due isole Canarie al largo della costa atlantica del Nord Africa, per una distanza di 143 chilometri.
Ora, per ampliare la portata delle reti quantistiche c’è bisogno di un ripetitore che attivi alcune “caratteristiche dormienti” dei fotoni una volta che ci rimbalzano contro, dando loro nuovo impulso per percorrere distanze più lunghe. È un operazione difficile, perché elementi esterni (come i campi magnetici) potrebbero alterare le caratteristiche delle particelle riattivate.
Prossima frontiera lo spazio, dunque, dato che nel vuoto i fotoni già viaggiano meglio. Ed ecco il progetto di satellite cinese, che secondo il professor Bao Xiaohui – un fisico quantistico che ci sta lavorando e che opera al laboratorio nazionale di Fisica di Hefei, – “non avrà una parabola per intercettare o emettere il segnale, perché in questo caso la comunicazione sarà puramente ottica. Utilizzerà sicuramente un certo numero di specchi e assomiglierà in qualche modo al telescopio spaziale Hubble”. Con una differenza: “I suoi occhi saranno rivolti alla terra invece che all’universo lontano”.
Al tempo stesso la Cina fa sapere che, già che c’era, ha comunque usato il suo bravo prototipo di rete quantistica anche per il congresso del Partito. Tanto in quel caso si trattava solo di piazza Tian’anmen e dintorni. Si presume che su quei fotoni sparati all’interno del secondo anello di Pechino viaggiassero mercanteggiamenti e negoziati dell’ultima ora sui posti chiave da assegnare nella nuova nomenklatura: Xi Jinping sotto forma di un fascio di luce.
[Scritto per Lettera43; foto credits: bbn.com]