Quattro anni dopo esserne stato depennato, Alibaba è stato reinserito della black list statunitense dei siti che favoriscono la vendita di prodotti falsi. Per il gruppo dell’e-commerce la decisione delle autorità Usa è stata condizionata dal clima politico dell’elezione di Trump. Alibaba ritorna nella lista nera degli Stati Uniti in quanto viene accusata di non fare abbastanza contro i prodotti contraffatti. Sono passati quattro anni da quando il colosso cinese dell’e-commerce guidato da Jack Ma era stato depennato dalla black list dei siti che vendono falsi. Ma da tempo la società, quotata a New York, è nel mirino di grandi marchi internazionali che lo scorso maggio ne avevano chiesto l’espulsione dalla coalizione contro la contraffazione.
«O noi o Alibaba», fu l’ultimatum rivolto all’organizzazione. L’iscrizione della piattaforma Taobao nella lista nera non comporta sanzioni, resta però un brutto biglietto da visita per le ambizioni globali del gruppo. A detta degli uffici dello United States Trade Representative, Alibaba dà la possibilità di offrire ai clienti prodotti falsi ed è lenta a rispondere alle denunce delle aziende. Le autorità Usa hanno comunque riconosciuto gli sforzi profusi contro la pirateria, che tuttavia sembrano non essere sufficienti. Tali conclusioni non tengono però conto dei risultati, ribattono dal quartier generale di Alibaba.
«Nel 2016 abbiamo rimosso di nostra iniziativa più del doppio dei prodotti irregolari rispetto al 2015», ha puntualizzato il presidente Michael Evans. «Gli oltre 100 mila marchi che operano sui nostri mercati non possono essere tutti in errore». Il sospetto quindi è che la decisione possa essere stata influenzata «dall’attuale clima politico», ha aggiunto il top manager.
All’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca manca meno di un mese. In attesa del 20 gennaio il presidente eletto ha iniziato a formare la propria squadra di governo. Se si esclude l’annuncio di Terry Branstad, governatore dell’Iowa e vecchia conoscenza del presidente Xi Jiping, come futuro ambasciatore a Pechino, i rapporti con i cinesi nel corso della transizione al potere negli Usa sono stati tesi. In campagna elettorale Trump ha accusato la Cina di manipolare lo yuan e di adottare pratiche commerciali scorrette. Da eletto ha lasciato intendere che per fare pressioni su Pechino potrebbe riconsiderare i rapporti con Taiwan e venir meno al principio dell’unica Cina. All’atteggiamento di conciliazione nei confronti della Russia sta quindi facendo da contraltare una strategia più aggressiva verso Pechino, i cui commentatori e politici non nascondono l’irritazione e stanno sottolineando le possibili ripercussioni economiche di un peggioramento dei rapporti sino-statunitensi.
La nomina di Peter Navarro alla guida di un nuovo ufficio presidenziale, il Consiglio Nazionale per il Commercio. è l’ultimo gesto di sfida. La posizione del professore dell’Università di Irvine, in California, è riassumibile nel titolo del suo documentario Death by China (Uccisi dalla Cina), nel quale, come in altri lavori, accusa Pechino di distruggere l’industria statunitense e chiede di agire con maggiore vigore a difesa dell’economia Usa. Jack Ma si era augurato che i rapporti tra Usa e Cina potessero proseguire in modo stabile anche sotto l’amministrazione Trump.
Per questo il disappunto del gruppo traspare dalla email che il ceo di Alibaba Daniel Zhang ha inviato ai dipendenti e con la quale sottolinea la necessità di riconoscere l’avanza del protezionismo e delle forze contrari al libero mercato. Aggiungendo: «Mentre noi acceleriamo sulla globalizzazione, altri Paesi alzano ogni sorta di barriera per difendersi».
[Scritto per MF-Milano Finanza]