Il 2020 è stato un anno difficile e per molti versi drammatico. La sensazione però è che dall’Asia orientale sia arrivata una reazione più pronta, in grado di trasformare (almeno parzialmente) i problemi in opportunità. Non solo dalla Cina, dove ogni tanto ci si ferma in sede di analisi, ma anche dal Sud-est asiatico. Un’area, quella ASEAN (l’associazione che riunisce i dieci paesi della regione), che appare anche avere molti interessi in comune con l’Unione europea. Chi se n’è accorto, in realtà già da anni, è l’Associazione Italia-ASEAN, che dal 2015 lavora per intensificare i rapporti tra il nostro paese e il Sud-est asiatico. Affaritaliani ha intervistato Alessia Mosca, segretario generale dell’Associazione presieduta da Enrico Letta, per fare un bilancio del 2020 ASEAN e per monitorare gli sviluppi dei suoi legami con Italia ed Europa.
Alessia Mosca, da questo anno di pandemia emerge un’ASEAN più forte?
Sì, io penso che l’ASEAN esca più forte da questo 2020, nonostante sia stato un anno terribile sotto tanti punti di vista. La pandemia da Covid-19 ha accelerato tutta una serie di processi già in corso negli anni passati e che i paesi dell’area stanno sfruttando per rafforzare la loro posizione su diversi livelli. Faccio qualche esempio. Nelle scorse settimane è stato firmato il Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP), che istituisce la più grande area di libero scambio al mondo, a coronamento di un percorso di apertura cominciato nel 2015 con la costituzione dell’unione doganale. Quello è stato, tra l’altro, il momento in cui la nostra associazione è stata fondata, perché abbiamo cominciato a intuire che quell’area del mondo, diventando un un blocco unito quantomeno a livello commerciale, potesse diventare sempre più rilevante.
In diversi paesi ASEAN la risposta alla pandemia è stata efficace, per esempio in Vietnam, in altri un po’ meno. Seguendo quello che sta dicendo, un altro esempio di tendenza “accelerata” può essere quella del ruolo che si sta ritagliando Hanoi a livello regionale?
Sì, il Vietnam era già posizionato in modo preminente nell’area, anche grazie al fatto che quest’anno è entrato in vigore l’accordo commerciale con l’Unione europea, approvato dal parlamento europeo a fine 2019. Poi, come dice lei, il Vietnam ha reagito alla pandemia in modo esemplare, grazie anche all’esperienza della SARS nel 2002 e 2003 e al grande lavoro di Carlo Urbani, medico italiano che in Vietnam è considerato una specie di eroe nazionale e che ha sacrificato la vita per dotare il paese di un protocollo che è stato subito messo in atto anche in questo caso.
Si possono individuare dei tratti comuni nella reazione al coronavirus a livello regionale?
C’è chi ha reagito meglio e c’è chi ha reagito peggio. Oltre al Vietnam, anche Singapore è stato subito citato tra i paesi con un buona prassi di reazione alla pandemia, anche se c’è stata poi una seconda ondata. In generale c’è stata comunque una buona capacità reattiva e questo ha fatto sì che ora l’ASEAN sia posizionata meglio di altre regioni per la ripresa post Covid. Poi, certo, c’è chi ha patito in modo particolare le ricadute economiche della pandemia, come per esempio la Thailandia che è un paese che vive molto di turismo.
Si temeva che la presidenza di turno del Vietnam potesse venire ridimensionata a causa del Covid. Invece non è stato così e ha portato a risultati importanti, ultimo dei quali la firma della RCEP. Il ruolo del Vietnam ne esce rafforzato a livello regionale? E’ cambiato qualcosa nei rapporti di forza interni all’ASEAN?
Tutti temevano che la presidenza vietnamita avrebbe subito un forte impatto, ma in realtà sono stati ottenuti risultati importanti, grazie anche all’attivismo di Hanoi nello spingere nella direzione di una maggiore integrazione regionale. Uno sforzo che è stato valorizzato ancora di più proprio dall’esplosione della pandemia, con i paesi dell’area che hanno trovato ancora più impellente il bisogno di incrementare la cooperazione in campo sanitario. Lo stesso succederà, per esempio, in campo ambientale visto che la sostenibilità sarà messa al centro del rilancio. Lo stesso RCEP di cui parlavamo prima è stato un successo clamoroso dei paesi ASEAN.
A tal proposito, sui media, soprattutto occidentali, l’accordo è stato presentato come una grande vittoria per la Cina. E’ davvero (o solo) così? Quali ricadute può avere sull’ASEAN?
L’accordo nasce su iniziativa dei paesi ASEAN ed è il più grande accordo mai raggiunto a livello mondiale. Non solo: rimette la Cina all’interno del multilateralismo e la sfila dalla narrativa di solo scontro/confronto con gli Stati Uniti che domina il discorso geopolitico globale dall’inizio della guerra commerciale. L’accordo ha anche il valore di far emergere un diverso tipo di proposta e prospettiva dopo anni di tendenze protezionistiche, soprattutto in occidente. Aggiungo che l’accordo non solo è stato promosso ma dall’ASEAN ma è stato firmato anche in Vietnam, quasi a sancire la sua primogenitura.
Il Sud-est asiatico, come diverse altre parti del mondo, è preso in mezzo alla contesa Usa-Cina, con la differenza che rispetto ad altre parti del mondo è in “prima linea”. Per esempio sulla questione del Mar Cinese Meridionale, su cui l’amministrazione Trump ha provato ad “arruolare” i paesi ASEAN, mi pare con scarso successo. Quali sono gli interessi dei paesi ASEAN a riguardo? E all’interno dell’ASEAN c’è unità sull’argomento oppure ci sono posizioni diverse?
Non hanno tutti i paesi la stessa sensibilità, ma a livello generale non si sono fatti trascinare da una logica amico o nemico, mantenendo un’apertura di dialogo con tutti i diversi soggetti. Questo ha fatto si che potessero giocarsi sui diversi tavoli ruoli differenti. Ora che sta riprendendo piede una logica di collaborazione e dialogo, quella decisione di non operare una scelta alternativa tra Washington e Pechino mi pare che stia pagando.
Il 2020 è stato anche l’anno in cui l’Italia è diventata partner di sviluppo dell’ASEAN grazie anche al prezioso lavoro di Associazione Italia ASEAN. Che vantaggi può portare questa novità?
Si tratta di una novità importantissima. E immodestamente possiamo dire che, almeno in parte, abbiamo contribuito a raggiungere questo risultato. Nell’High Level Dialogue è stata citata direttamente Associazione Italia-ASEAN e il nostro lavoro fatto in una logica di sistema paese. Tra l’altro, l’Italia è stato il secondo paese europeo a ricevere la partnership, solo dopo la Germania e insieme alla Francia, che però aveva fatto richiesta prima di noi. Non solo. Questo grande riconoscimento è arrivato proprio poco prima che fosse accordata la partnership strategica all’Unione europea nel suo complesso. Questo significa che abbiamo colto una finestra speciale, perché ora non so quanti altri paesi europei potranno sviluppare rapporti privilegiati come quelli stabiliti da noi. L’Italia è ora tra gli interlocutori più interessanti per l’ASEAN e noi dobbiamo far valere questa posizione anche in sede europea. Aggiungo che noi ci chiamiamo Associazione Italia-ASEAN ma siamo inseriti dentro dinamiche commerciale europee e riteniamo che con il nostro apporto e la nostra interlocuzione l’Ue possa avere rapporti ancora più efficaci con l’ASEAN.
Nelle scorse settimane l’Associazione Italia ASEAN ha festeggiato i primi 5 anni di attività. Prima di tutti avevate capito le opportunità commerciali e politiche che potevano e possono arrivare da quella parte del mondo. Che cosa è cambiato in Italia a livello politico e commerciale in questi anni da questo punto di vista, c’è maggiore consapevolezza ora? E che cosa si può fare per migliorare ancora e cogliere ancora maggiori opportunità dalla cooperazione con i paesi ASEAN?
Come dicevo all’inizio, la nostra associazione è nata in concomitanza della creazione dell’unione doganale ASEAN. Nel 2015 abbiamo individuato prima degli altri il potenziale di quell’area del mondo e siamo felici che siano stati fatti importanti passi avanti in questo lasso di tempo. Abbiamo individuato la linea del nostro prossimo sviluppo, che sarà quella di diventare sempre più europei. Laddove non sia possibile arrivare come paese singolo è importante arrivarci come Ue, che resta l’entità addetta a stipulare gli accordi commerciali. Ora però, dopo tanto lavoro, la voce dell’Italia è molto più forte rispetto a cinque anni fa.
La sensazione è che Unione europea e ASEAN abbiano obiettivi e problematiche affini da raggiungere e affrontare. E che proprio queste due associazioni di paesi possano creare insieme quella famosa “terza via” dialogante per proteggere il multilateralismo. E’ così? In che modo e in quali campi Ue e ASEAN possono (o devono) approfondire i propri legami?
Ue a ASEAN sono legate da un filo rosso. Entrambe hanno mantenuto alzata la bandiera del multilateralismo e ciascuno rappresenta per l’altro un alleato importante. Questo approccio comincia a dare dei frutti e sta diventando più allargato. Certo, l’integrazione Ue è molto diversa dall’integrazione ASEAN, ma è importante sottolineare che in sede europea si dà grande valore al dialogo regione verso regione. Gli accordi commerciali chiusi con Vietnam e Singapore, così come i negoziati in corso con Indonesia e Thailandia, sono sempre stati considerati pezzi di un puzzle più grande in cui si mira a raggiungere un accordo commerciale Ue-ASEAN. Sarebbe un ulteriore step nelle relazioni regione-regione.
[Pubblicato su Affaritaliani]Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.