Al via il Plenum del Comitato Centrale del Pcc

In by Simone

Disuguaglianze economiche e successione al vertice dello Stato saranno al centro della sessione plenaria del Comitato centrale del Partito comunista cinese che si è aperta oggi a Pechino. L’agenda dell’annuale riunione è ancora segreta, ma anticipazioni apparse sulla stampa hanno ipotizzato i possibili contenuti dell’assemblea. “Il divario tra ricchi e poveri è la dura realtà che il Pcc e il governo dovranno fronteggiare”, ha scritto l’agenzia ufficiale ‘Xinhua’, “sono questi gli ostacoli per lo sviluppo armonioso del Paese più popoloso al mondo”.

I 300 membri del comitato sono arrivati all’hotel Jingxi,  sede della riunione nella parte occidentale della capitale, a bordo di decine di Audi A6. Per tre giorni giorni discuteranno delle ineguaglianze nel Paese che turbano la società armoniosa propagandata dal presidente Hu Jintao e dal primo ministro Wen Jiabao e sono la causa di scioperi e rivolte. Una minaccia per il ruolo del Partito, da 61 anni al potere della Repubblica popolare.

I dati della Banca mondiale dicono che il coefficiente di Gini della Cina ha raggiunto lo 0,47 nel 2009. Nell’indice di misura della diseguaglianza lo zero rappresenta l’uguaglianza perfetta, dal lato opposto l’1 è la disuguaglianza totale. Superare lo 0,4 è un segnale di possibili tensioni sociali. Secondo uno studio di Credi Suisse Ag il 10 per cento più ricco delle famiglie cinesi guadagna 139mila yuan l’anno (13mila euro circa), contro i poco più di 5.300 yuan del 10 per cento più povero. “Crescita inclusiva” sarà perciò un termine chiave del dodicesimo Piano quinquennale (2011-2015), ha scritto il ‘China Daily’.

Dal comitato dovrebbe uscire anche il nome del successore di Hu al vertice del Partito e della Cina. La riunione dovrebbe nominare Xi Jinping vice presidente della Commissione militare centrale. Ruolo che di fatto gli spalancherebbe fra due anni le porte della segreteria del Partito e della presidenza della Repubblica. La promozione di Xi, oggi uno dei vice presidenti cinesi,  fu già ipotizzata dodici mesi fa senza tuttavia trovare conferma. Se nominato diventerebbe il primo leader cinese negli ultimi trent’anni sulla cui figura non pesa l’ombra di Deng Xiaoping. Lo stesso Hu Jintao benché salito al potere nel 2002, cinque anni dopo la morte del ‘Piccolo Timoniere’, fu di fatto scelto dal padre delle riforme in Cina. L’altro candidato di punta alla successione è un altro vice presidente, Li Keqiang, il personaggio che a gennaio impressionò i media occidentali con il suo discorso al Forum economico di Davos. I due dovrebbero comunque formare l’accoppiata al vertice del regime del futuro: uno come capo di Stato, l’altro come primo ministro.

L’anno scorso la riunione si concentrò sulla “democrazia interna al partito”. Un argomento che potrebbe tornare anche a questo giro. In Cina si è tornato a parlare di “riforme politiche”. A farlo, nei giorni che hanno visto il dissidente Liu Xiaobo insignito del premio Nobel per la Pace, è stato lo stesso primo ministro Wen Jiabao. E alla vigilia dell’assemblea 23 veterani del Pcc hanno chiesto la fine della censura nel Paese e misure a favore della libertà di parola, così da rispettare nella pratica quanto garantito sulla carta dalla Costituzione. Con una lettera aperta diffusa su internet hanno criticato l’operato del dipartimento della Propaganda del partito, definito “un poter occulto” arrivato persino a censurare lo stesso discorso di Wen sulle riforme, pubblicato con tagli sui media cinesi.

[anche su NTNN]