Non c’è un solo Indo-Pacifico. L’accordo quadro sulla sicurezza tra Cina e Isole Salomone dimostra che dietro piattaforme e acronimi esiste una realtà sfaccettata. Il documento prevede la possibilità per la marina cinese di visitare i porti delle Isole Salomone per ragioni di logistica, rifornimento e rotazione del personale. Il timore di Stati Uniti e Australia, tradizionale epicentro diplomatico regionale, è che l’accordo possa essere usato per ragioni militari. Compresa la possibile apertura di una base sull’arcipelago.
Eventualità per ora smentita dalle parti in causa, che parlano invece di un documento volto ad “assistenza umanitaria” e “mantenimento dell’ordine sociale”. Honiara non scorda la rivolta dei mesi scorsi, quando la capitale fu presa d’assalto dalla popolazione di Malaita, l’isola più popolosa che mantiene rapporti stretti con Taiwan e gli Usa. Pechino si propone al governo locale come garante della stabilità. Ruolo col quale aveva già convinto, insieme alla promessa di ingenti investimenti, il premier Manasseh Sogavare alla rottura diplomatica con Taipei nell’autunno del 2019. Scelta imitata subito dopo da Kiribati, altro strategico arcipelago della zona. Ma già in precedenza la Cina era diventata il primo partner commerciale di questi paesi.
Mentre gli Stati Uniti si muovono su grandi progetti come Quad e Aukus, la Cina prosegue a livello bilaterale la sua proiezione commerciale e diplomatica nel Pacifico meridionale, area nella quale Washington aveva appaltato le responsabilità difensive a Canberra. Negli scorsi anni, l’Australia era prima riuscita a sabotare un progetto di cavi sottomarini gestito da aziende cinesi con punto terminale proprio le Salomone.
Ma Pechino è riuscita progressivamente a riempire i vuoti lasciati dagli Usa, che ora provano a mettere qualche toppa. Nei prossimi giorni sono in arrivo a Honiara i massimi inviati di Biden sull’Asia, Kurt Campbell e Daniel Kritenbrink, i quali si recheranno anche alle Fiji e in Papua Nuova Guinea. “Perché gli americani si prendono la briga di visitare un paese insulare nel quale la loro ambasciata è rimasta chiusa per 29 anni?” ha chiesto Wang, mettendo il dito nella piaga.
I paesi dell’area hanno grande bisogno di investimenti, ancora di più dopo il Covid, e Pechino sta cercando di sfruttare questa necessità per avere vantaggi diplomatici in una regione nella quale Taipei ha ancora diversi alleati. Come ha raccontato il Financial Times, in queste acque l’azione del governo cinese è spesso anticipato da quello delle aziende private. Nel 2019 la China Sam Enterprise Group provò ad acquistare l’isola di Tulagi, sempre alle Salomone.
Vedendo quanto annunciato ora, un ulteriore segnale del coordinamento tra governo cinese e imprese. Intanto l’accordo tra Pechino e Honiara può avere un effetto diretto sulle elezioni australiane del prossimo 21 maggio. L’opposizione laburista lo utilizza per segnalare che la sfera d’influenza di Canberra “è diventata meno sicura” durante l’amministrazione di Scott Morrison.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il manifesto]Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.