Ci sono voluti alcuni giorni di soffocamento alla lettera, immersi in una nube tossica inedita nella storia della città, perché le autorità di New Delhi prendessero dei provvedimenti ad hoc nel tentativo di far rientrare i livelli di inquinamento dell’aria letali. Si tratta di una serie di misure già auspicate in passato ma mai messe in pratica, sempre nell’ambito della «risoluzione dei problemi d’emergenza», senza intaccare un piano decennale di sviluppo, evidentemente, insostenibile.Domenica 6 novembre a seguito di diversi appelli arrivati dalla stampa e dalla società civile, il chief minister di New Delhi Arvind Kejriwal ha messo a punto una serie di provvedimenti d’emergenza per limitare quanto più possibile i livelli di particelle inquinanti nell’aria che a New Delhi, da una settimana, hanno registrato un’impennata senza precedenti. Nel weekend la capitale era letteralmente immersa in una nube densa e tossica che oscurava il sole, raggiungendo una concentrazione di Pm2,5 nell’aria di 40 volte superiore la soglia di sicurezza stilata dall’Organizzazione mondiale della sanità. I dati dicono che l’aria di New Delhi, in questi giorni, oltre a essere qualitativamente la peggiore al mondo è anche la più nociva degli ultimi 17 anni.
Kejriwal ha disposto la chiusura delle scuole per tre giorni, lo stop a tutte le operazioni di costruzione e demolizione in corso in città (nota: a 20 metri da casa mia gli operai che stanno ristrutturando un appartamento hanno ricominciato regolarmente i lavori alle 8 di mattina) pena multe fino a 50mila rupie (677 euro…) apparentemente già comminate a diversi costruttori nei sobborghi della upper class delhese, fino alla chiusura delle centrali elettriche a carbone ai margini della capitale per i prossimi dieci giorni. Inoltre, da lunedì 7 novembre, si inizierà a bagnare le principali arterie stradali di New Delhi e ad aspirare la terra depositata sul manto stradale, evitando che il traffico faccia sollevare il pulviscolo.
Tra le misure ancora al vaglio delle autorità locali ci sarebbe anche la reintroduzione per un tempo limitato delle targhe alterne – già applicate con successo lo scorso anno – e il ricorso alla pioggia artificiale per far depositare a terra le particelle di Pm 2,5 e Pm 10. Pioggia artificiale significa disperdere ad alta quota dei reagenti per la condensazione delle nuvole, tecnicamente il cloud seeding, una pratica non inedita nel panorama nazionale indiano e di routine in megalopoli come Pechino.
Imputare l’eccezionalità dell’inquinamento atmosferico di Delhi solo al traffico della città, francamente mostruoso, sarebbe individuare solo una parte di un problema molto più vasto, anche geograficamente. Il Ministero dell’ambiente federale in questi giorni terrà una tavola rotonda coi rappresentanti degli Stati limitrofi a New Delhi – Uttar Pradesh, Haryana e Punjab – accusati di contribuire enormemente all’irrespirabilità dell’aria in città a causa dei roghi diffusi di stoppie nei campi circostanti New Delhi: il modo più economico, per i contadini locali, di liberarsi dei rifiuti agricoli e preparare i campi per la nuova stagione. Questi fumi, complici venti deboli e le temperature in discesa, finiscono per stazionare proprio sulla municipalità di New Delhi, andandosi ad aggiungere al pulviscolo dei materiali da costruzione e agli scarichi delle auto (le ultime stime parlano di 17 milioni di automobili in città). Nonostante dall’anno scorso i roghi illegali nei campi siano sanzionati dalle leggi vigenti, in pochissimi rispettano le norme, giustificandosi con l’inazione dei governi locali che non incentivano economicamente lo smaltimento delle stoppie.
È evidente però che, al di fuori dell’emergenza di questi giorni, il problema della qualità dell’aria in India abbia sia una questione sistemica e di sviluppo scriteriato, senza alcuna premura per l’ambiente. Il Paese, impegnato in un’opera di potenziamento infrastrutturale e frenesia consumistica, ha preferito ignorare le implicazioni ambientali sul lungo termine, spingendo per un ammodernamento sconclusionato e di qualità scadente: i materiali utilizzati per strade, ponti e rampe auostradali sono di livello infimo e si sbriciolano ciclicamente; i vincoli ambientali e di uso dei terreni sono facilmente aggirabili pagando delle mazzette, facendo prevalere le ragioni e i profitti del singolo sulle conseguenze nefaste per la collettività.
Nell’India che vuole crescere la classe dirigente e la politica hanno preso sottogamba gli effetti della modernità veloce e a basso costo sulla popolazione, anche di fronte a numeri allarmanti: lo scorso anno, ad esempio, solo a New Delhi si sono registrate 30mila morti a causa di complicazioni di malattie dell’apparato respiratorio.
Eppure, senza la minima considerazione per la salute propria e di chi ci circonda, si continua a costruire. Con risultati come quelli documentati da diversi utenti Twitter, raccolti in una fotogallery dell’orrore da Scroll.in.
[Scritto per Eastonline]