metanolo Sud-Est asiatico

L’Altra Asia – Gli avvelenamenti da metanolo nel Sud-Est asiatico

In Asia Meridionale, Sud Est Asiatico by Francesco Mattogno

La morte di sei turisti occidentali per avvelenamento da metanolo in Laos ha catalizzato l’attenzione sui pericoli legati al consumo di alcol adulterato nel Sud-Est asiatico: è un fenomeno più frequente di quanto si possa pensare. Una vittoria politica per i Shinawatra in Thailandia, le minacce di morte della vicepresidente al presidente delle Filippine, le tensioni con la Thailandia in Myanmar e le altre storie da Pakistan, Indonesia, Cambogia, Malaysia e Vietnam, insieme ai consigli di lettura. L’Altra Asia è una rubrica sui paesi meno raccontati del continente a cura di Francesco Mattogno (clicca qui per tutte le puntate)

Gli argomenti della puntata, nel dettaglio:

  • Sud-Est asiatico – La morte dei turisti in Laos per avvelenamento da metanolo, un problema regionale
  • Thailandia – La vittoria di Thaksin Shinawatra alla corte costituzionale, le prime preoccupazioni nel People’s Party, le polemiche sul Golfo di Thailandia, la visita del primo ministro singaporiano Lawrence Wong
  • Filippine – Lo scontro dinastico tra i Duterte e i Marcos aumenta di intensità
  • Myanmar – La richiesta di un mandato d’arresto dell’ICC per Min Aung Hlaing, le tensioni tra UWSA e Thailandia, i numeri e gli aggiornamenti dal fronte e dalla politica interna birmana
  • Pakistan – Le proteste a supporto di Imran Khan
  • Indonesia – I risultati delle elezioni regionali (e il loro significato)
  • Cambogia – I timori sul futuro del Funan Techo e i rapporti con la Cina
  • Malaysia – La diplomazia del premier Anwar Ibrahim
  • Vietnam – Acquistati cinque aerei militari dagli Stati Uniti: è la prima volta dalla guerra del Vietnam

Il 13 novembre alcuni turisti occidentali passati per Vang Vieng, in Laos, iniziano a sentirsi male. Sono almeno una quindicina e tutti presentano i sintomi da avvelenamento da metanolo: nausea, vomito, dolore addominale, problemi respiratori. Alcuni di loro hanno già lasciato Vang Vieng, che è spesso solo una delle tappe della cosiddetta “Banana Pancake”, una rotta che attraversa Thailandia, Laos, Cambogia e Vietnam molto nota tra i viaggiatori più avventurosi, con lo zaino in spalla e poche pretese di comodità.

Vang Vieng dista sole quattro ore di autobus dalla capitale Vientiane ed è famosa per i suoi paesaggi (si trova sul fiume Nan Song, circondata da montagne e risaie) e per la sua indole festaiola. Fino a un paio di decenni fa era un normale, piccolo villaggio laotiano, ma a partire dai primi anni Duemila si è trasformata – anche grazie agli investimenti stranieri, in particolare thailandesi e cinesi – fino a diventare una meta di svago, nota anche per il “tubing”, cioè una sorta di giro dei pub che si fa percorrendo il fiume su delle specie di gommoni.

Non è un’attività particolarmente sicura: ci si diverte, si beve, ma poi ci si immerge in acqua con tutti i rischi annessi. Negli ultimi anni il governo laotiano ha cercato di dare un taglio a questo tipo di feste un po’ troppo estreme, rinnovando in parte Vang Vieng come un centro di turismo più consapevole ed eco-sostenibile. Ma pub e locali notturni sono comunque rimasti al loro posto.

Cos’è successo

Tra l’11 e il 12 novembre alcuni dei tanti viaggiatori arrivati in città si ritrovano a un ostello in particolare, il Nana Backpackers Hostel, che come molti altri offre shottini e drink gratuiti. Poi lasciano l’ostello e vanno a continuare la serata in città, rientrando in camera per la notte. C’è chi si sente subito male, per altri passeranno almeno ventiquattro ore. Nei giorni seguenti sei di loro moriranno, tra cui cinque ragazze, tutte giovanissime: due australiane, due danesi, una britannica. L’unico uomo deceduto era un cittadino statunitense di 57 anni, ritrovato in camera senza vita, mentre per le altre vittime si era tentata la rianimazione in ospedale. Almeno altre otto persone sono state ricoverate e poi salvate.

Il sospetto, visti i sintomi e le circostanze, è che i turisti abbiano subito un avvelenamento da metanolo, un alcol tossico che a volte viene utilizzato illegalmente come additivo o sostituto dell’etanolo, da cui sono composte normalmente le bevande alcoliche. Il metanolo – che si trova per esempio nei diluenti, nelle vernici o nei liquidi antigelo – è inodore e ha un sapore simile a quello dell’alcol etilico, ed è dunque molto difficile da riconoscere quando si bevono drink o shottini. Può essere aggiunto alle bottiglie di alcolici industriali esposti al banco, o nei superalcolici prodotti in modo artigianale e destinati alla vendita, banalmente perché è più economico dell’etanolo. In alcuni casi può essere prodotto per sbaglio durante la distillazione degli alcolici artigianali. Chi lo beve non sente la differenza, e in bassissime dosi può anzi dare la piacevole sensazione che il cocktail sia più potente del normale.

Ma il metanolo inizia a diventare letale già in quantità molto ridotte. Basta uno shottino (circa 20-30 ml) della sostanza per essere considerati in pericolo di morte, mentre con 10 ml si può diventare ciechi. Secondo i dati di Medici Senza Frontiere, dal 2019 si sono verificati 944 incidenti di massa di avvelenamento da metanolo, con oltre 39 mila persone coinvolte e 12.900 decessi. Come si può anche vedere dalla mappa sottostante, l’Asia e in particolare il Sud-Est asiatico è la regione in cui si sono registrati il maggior numero di avvelenamenti, con l’Indonesia in testa. Perché?

L’archivio dei casi di avvelenamento da metanolo registrati da Medici Senza Frontiere a partire dal 2019

Le ragioni sono principalmente due: le scarse regolamentazioni in materia di sicurezza alimentare e la poca consapevolezza sui rischi da parte dell’opinione pubblica e dei turisti. In Laos, come in Indonesia, Cambogia e in molti altri paesi della regione, i produttori di alcolici sfruttano la carente applicazione delle leggi sulla salubrità degli alimenti, già di per sé lasche, per tagliare sui costi senza grandi conseguenze. Anche perché, nel caso del metanolo, è difficile risalire da dove provenga la contaminazione.

Le conseguenze

Quello turistico è un settore chiave per la crescita economica del Laos, che affronta da anni un enorme tasso di debito pubblico e inflazione. Anche per questo, dopo la morte dei sei turisti, il governo di Vientiane ha subito promesso di rafforzare i controlli per il rispetto delle norme sulla sicurezza alimentare, che in caso di morte prevedono pene fino a 10 anni di carcere per i responsabili. E le autorità di Vang Vieng hanno arrestato otto membri dello staff del Nana Backpacker Hostel, che nel frattempo è stato chiuso. Se è vero che la pratica del “free bar” (comune a molti ostelli e pub nella regione) può incentivare l’utilizzo di alcolici di bassa qualità, o in alcuni casi adulterati con metanolo, è però difficile pensare che siano i baristi il fulcro del problema.

Nessun negoziante guadagnerebbe dal fatto di servire volontariamente del veleno ai propri clienti: può succedere, ma è più probabile che il metanolo sia aggiunto al momento della produzione industriale degli alcolici, dove i controlli scarseggiano. Così è facile che a finire a processo siano solo i venditori finali, come i titolari dell’ostello di Vang Vieng, che negano ogni responsabilità. Uno di loro avrebbe persino bevuto da una delle bottiglie incriminate per dimostrarne la sicurezza.

Quello che manca è un’educazione su larga scala sui rischi che comporta l’aggiunta di metanolo alle bevande alcoliche, con gravi conseguenze e decessi innanzitutto tra i consumatori locali, e poi tra i turisti, spesso inconsapevoli e spensierati. Tra chi cerca di fare informazione per chi viaggia nel Sud-Est asiatico c’è per esempio la pagina Facebook “Non bere superalcolici a Bali”, che presenta decine di storie sul tema dell’avvelenamento da metanolo. Nonostante quello che è successo, il turismo a Vang Vieng non si è fermato.

THAILANDIA – UNA VITTORIA PER THAKSIN E I DUBBI DEL PEOPLE’S PARTY

Il 22 novembre la corte costituzionale thailandese ha respinto all’unanimità una petizione che avrebbe potuto complicare molto i piani dell’ex premier Thaksin Shinawatra e del Pheu Thai, il partito di governo che esprime la prima ministra Paetongtarn Shinawatra, figlia di Thaksin. Da anni in Thailandia è comune che avvocati, politici o altri personaggi legati al mondo conservatore (militare e monarchico) presentino regolarmente petizioni alle corti per chiedere la squalifica di un politico o lo scioglimento di un partito considerato anti-establishment. È uno dei motivi per cui ad agosto si è arrivati alla dissoluzione del Move Forward, così come di altre forze politiche in passato. In questo caso la petizione era stata presentata dall’avvocato Teerayut Suwankasorn, che ha accusato Thaksin di stare sfruttando la propria influenza su sua figlia, la premier Paetongtarn, per gestire gli affari di governo da dietro le quinte, minando di fatto la democrazia thailandese.

La petizione è stata rigettata per insufficienza di prove, garantendo a Thaksin una significativa vittoria politica. Da qualche mese l’ex premier – rientrato in Thailandia ad agosto 2023 dopo 15 anni di auto-esilio, e parzialmente graziato dal re – è tornato a essere molto attivo e influente nel paese, pur mantenendo un approccio almeno all’apparenza defilato. Solo pochi giorni prima della sentenza Thaksin aveva tenuto un comizio a Udon Thani, facilitando la vittoria del candidato locale del Pheu Thai, Sarawut Phetpanomporn, a presidente dell’organizzazione amministrativa provinciale (PAO: va sottolineato che il ruolo elettivo del PAO esiste in parallelo a quello di governatore provinciale, nominato dal governo centrale. Si tratta di un’ambiguità voluta dalla corona per decentralizzare il potere ma che è causa di enormi inefficienze).

A dicembre l’ex premier è inoltre atteso in un’altra serie di località in concomitanza delle rispettive elezioni locali. Proprio il voto nelle province sta facendo un po’ preoccupare il People’s Party, la reincarnazione del Move Forward che ha perso tutte le elezioni (tre voti locali, un’elezione suppletiva) dal momento della sua fondazione. Ken Mathis Lohatepanont sul Thai Enquirer si chiede se sia una questione di leadership, visto che il nuovo numero uno del partito Nattapong Rueangpanyawut non sembra avere lo stesso carisma di Pita Limjaroenrat, squalificato per 10 anni dalla politica. Va anche detto che le elezioni locali non erano mai state il punto forte anche del Move Forward, che poi invece aveva vinto nel voto nazionale di maggio 2023.

In breve. Il 19 novembre il governo ha annunciato l’avvio della seconda fase dell’erogazione del sussidio di 10 mila baht pensato per stimolare l’economia: ora tocca agli over 60. Ci sono proteste, aizzate in particolare dal partito militare di opposizione PPRP, per la gestione delle controversie tra Bangkok e la Cambogia sullo sfruttamento delle risorse naturali nel Golfo di Thailandia. Chutimon Chuengcharoensukying ha vinto l’Emmy internazionale come miglior attrice per la sua performance in Hunger (film consigliato). Il 28 novembre il primo ministro di Singapore, Lawrence Wong, ha visitato la Thailandia: qui i dettagli dell’incontro con Paetongtarn e degli accordi di cooperazione firmati, dall’economia alle questioni strategiche.

FILIPPINE – «SE MI UCCIDONO, UCCIDI MARCOS»

Lo scontro dinastico tra le famiglie Duterte e Marcos ha raggiunto livelli inquietanti. Il 22 novembre la vicepresidente delle Filippine, Sara Duterte, ha detto di aver parlato con un sicario per uccidere il presidente Ferdinand Marcos Jr., sua moglie e suo cugino, lo speaker della camera Martin Romualdez, nel caso in cui lei stessa fosse stata assassinata.

Ho già parlato con una persona. Le ho detto: “Se mi uccidono, uccidi [Ferdinand] Bongbong Marcos, Liza Araneta [la moglie di Marcos] e Martin Romualdez”. Non è uno scherzo, non è uno scherzo. Ho lasciato istruzioni.

Sara Duterte

Duterte ha pronunciato queste parole durante un discorso alla nazione organizzato per mostrare solidarietà alla capa del suo staff, Zuleika Lopez, messa agli arresti alla camera dei rappresentanti per oltraggio alla corte. Non è stata la sua prima uscita sconveniente (qualche settimana prima aveva detto di aver sognato di decapitare Marcos, ad esempio), ma questa volta ne è uscito fuori un caso nazionale. Il Dipartimento di Giustizia e l’NBI, l’ufficio nazionale preposto alle indagini, hanno preso le parole di Duterte come una minaccia attiva alla vita del presidente, trattandole come una questione di sicurezza nazionale. Nei giorni seguenti Duterte, già sotto indagine alla camera per la gestione controversa dei fondi pubblici destinati ai suoi uffici, ha cercato di minimizzare e ritrattare, parlando di persecuzione politica nei suoi confronti, ma le indagini vanno avanti e la vicepresidente potrebbe essere incriminata anche ai sensi della legge anti-terrorismo (curiosamente emanata da suo padre, Rodrigo Duterte, predecessore di Marcos). Per ora, Marcos ha escluso la possibilità dell’impeachment. Duterte avrebbe dovuto testimoniare davanti al NBI il 29 novembre, ma non si è presentata. La nuova udienza è stata fissata per l’11 dicembre.

Intanto Rodrigo Duterte ha chiamato nuovamente Marcos «tossicodipendente» e ha detto che l’esercito e la polizia dovrebbero intervenire per «proteggere la costituzione», invocando secondo alcuni un colpo di stato. L’esercito ha cordialmente rifiutato. Delle turbolenze nelle Filippine ne abbiamo parlato con Raimondo Neironi nella scorsa puntata dell’Altra Asia. Altrimenti qui il Nikkei fa un resoconto dei punti salienti della faida tra i Duterte e i Marcos, di cui avevamo parlato anche qui.

MYANMAR – GLI AMICI DI MIN AUNG HLAING, LE TENSIONI CON LA THAILANDIA

Per una volta la notizia della settimana sul Myanmar non è connessa alla guerra civile in corso dal 2021. Il procuratore capo della Corte Penale Internazionale (ICC), Karim Khan, ha chiesto al tribunale di emettere un mandato d’arresto internazionale per il leader della giunta militare e presidente del Myanmar, Min Aung Hlaing. Il generale birmano è accusato di crimini contro l’umanità per la repressione della minoranza Rohingya tra il 2016 e il 2017: le violenze dell’esercito costrinsero circa 700 mila Rohingya a fuggire in Bangladesh, con un bilancio finale di almeno 7 mila morti tra la popolazione locale. Se il mandato d’arresto dovesse essere confermato, tutti i 124 stati parte dell’ICC dovrebbero arrestare Min Aung Hlaing una volta entrato sul loro territorio. Si tratta di un’eventualità remota, visto che il leader della giunta si muove poco e in paesi amici, che spesso non sono sottoscrittori dello Statuto di Roma. Comunque Min Aung Hlaing entra così in un club esclusivo, in compagnia di Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu.

Ci sono tensioni in corso tra lo United Wa State Army (UWSA) e l’esercito thailandese. Bangkok accusa i Wa di occupare parte del territorio thailandese nella regione controllata dall’UWSA al confine tra Myanmar e Thailandia, che non è parte dello storico territorio Wa: la Regione Militare 171 è stata conquistata dal gruppo nel 1996, dopo la sconfitta del leggendario trafficante di droga Khun Sa, e secondo i Wa si trova interamente entro i confini del Myanmar. L’esercito Wa e quello Thai hanno adunato le truppe al confine, ma sono in programma incontri diplomatici tra le parti per raffreddare la situazione. L’UWSA è considerato l’esercito etnico più potente del paese, nel 1989 ha firmato un accordo di pace con l’esercito birmano e non è parte attiva della guerra civile in corso dal 2021, almeno sul campo di battaglia.

In breve. Il comandante del MNDAA Peng Daxun, leader di uno degli eserciti ribelli più importanti del Myanmar, sarebbe detenuto in Cina. Pechino nega e sostiene che si sarebbe invece sottoposto a dei «trattamenti sanitari» nel paese. Da mesi la Cina fa pressioni sugli eserciti attivi nello Stato Shan, al confine con la Repubblica popolare, per favorire la ripresa dei territori nella regione da parte del regime (che ci sta provando). Pechino ha poi intenzione di sviluppare una compagnia di sicurezza congiunta con l’esercito birmano per salvaguardare i suoi progetti infrastrutturali nel paese. Il regime bombarda, brucia vivi i suoi cittadini e li fa morire sulle mine antiuomo: nel 2024 in Myanmar sono state uccise così più di mille persone, il dato più alto al mondo. Min Aung Hlaing è tornato sul censimento e ha detto che sarà completato entro fine anno, poi ha anche assicurato che le elezioni del 2025 saranno libere, eque e controllate da osservatori internazionali (cioè probabilmente da paesi amici, come la Cambogia). Dal fronte. Il regime sta perdendo quasi completamente il Rakhine, mentre la vittoria più importante degli ultimi giorni per la resistenza viene dallo Stato Kachin.

Una storia da tenere d’occhio. Il 30 novembre una nave militare birmana ha sparato contro tre pescherecci thailandesi, e un pescatore thai è annegato tentando di fuggire a nuoto. L’esercito birmano ha poi arrestato i 31 membri dell’equipaggio rimanenti (27 birmani e 4 thailandesi). Non è chiaro perché la nave birmana abbia aperto il fuoco: secondo Bangkok, i pescherecci si trovavano in acque thailandesi. I rapporti tra i due paesi sono buoni, nonostante la guerra, ma è possibile che un episodio del genere possa generare tensioni. Va poi considerato che il 19 e il 20 dicembre dovrebbero tenersi a Bangkok dei colloqui ASEAN per discutere di un piano di pace per il Myanmar.

LE ALTRE NOTIZIE

Pakistan. La scorsa settimana ci sono state enormi proteste in tutto il paese per chiedere la scarcerazione di Imran Khan, il leader del PTI in carcere da agosto 2023 (qui per maggiori dettagli). L’esercito ha arrestato oltre mille manifestanti parte del corteo di decine di migliaia di persone che si era spinto a ridosso della zona rossa di Islamabad: il PTI dice che almeno una ventina di loro sono stati uccisi, mentre negli scontri sono morti anche quattro agenti delle forze dell’ordine. Ora chi è stato arrestato rischia di essere processato ai sensi della legge anti-terrorismo, e qualcuno inizia a chiedere lo scioglimento del PTI. Per approfondire, Matteo Miavaldi sul Manifesto. Le proteste erano state guidate dalla moglie di Khan, Bushra Bibi, che dalla fine delle manifestazioni è sparita.

È stato poi prolungato il cessate il fuoco tra gruppi sunniti e sciiti nel nord-ovest del Pakistan: negli ultimi mesi gli scontri confessionali hanno causato oltre 100 morti nella provincia del Khyber Pakhtunkhwa, al confine con l’Afghanistan.

Indonesia. Il 27 novembre si è votato in 37 province per le elezioni locali in Indonesia. Era il primo grande test per certificare la forza politica del nuovo presidente Prabowo Subianto e del suo predecessore Jokowi, ancora molto attivo tra comizi e manovre dietro le quinte. L’ex generale ha passato il test quasi a pieni voti. La sua coalizione ha vinto praticamente in tutte le grandi province (Giava centrale, orientale e occidentale, Sumatra meridionale e Sulawesi meridionale) ma ha perso a Giacarta, dove ha vinto per poco il candidato (Pramono Anung) dell’unico partito di opposizione, il PDI-P, che con il 50,07% dei voti ha evitato il ballottaggio. Serve comunque aspettare la conferma ufficiale dei risultati.

Intanto l’ex ministro del Commercio Thomas Lembong deve andare a processo per corruzione: il caso contro di lui era stato intentato durante l’era Jokowi, ma è Prabowo che lo sta portando avanti. Un segnale di cosa il presidente ha intenzione di fare a chi non si allinea alla sua politica di “largo consenso”, scrive il Nikkei.

Cambogia. In queste settimane è girata voce che la Cina si sarebbe defilata dal finanziamento del canale Funan Techo, complessa opera infrastrutturale la cui costruzione dovrebbe arrivare a costare 1,7 miliardi di dollari, quasi per metà finanziati dalla Repubblica Popolare. Pechino sembrerebbe aver smentito e rassicurato Phnom Penh, ma il progetto resta comunque un’incognita. Il governo cambogiano ha poi sostituito il suo ministro degli Esteri Sok Chenda Sophea, in carica da soli 13 mesi, con una figura considerata più filo-cinese, Prak Sokhonn.

• Malaysia. A partire dal 21 novembre il premier malaysiano Anwar Ibrahim ha prima ospitato il segretario generale del Partito Comunista del Vietnam (CPV), To Lam, e poi si è recato in visita in Corea del Sud per incontrare il presidente Yoon Suk Yeol. Nel primo caso ha parlato con Lam di allentare le tensioni tra i due paesi nel mar Cinese meridionale e di rafforzare la cooperazione energetica, economica e di difesa. Malaysia e Vietnam potrebbero presto elevare le relazioni bilaterali al rango di partenariato strategico globale. In Corea del Sud Anwar e Yoon si sono impegnati a collaborare maggiormente soprattutto nel settore della difesa e riguardo l’approvvigionamento di minerali strategici. Il 2 dicembre è infine atteso in Malaysia anche il primo ministro di Timor-Leste, Xanana Gusmao.

• Vietnam. Per la prima volta dalla fine della guerra del Vietnam Hanoi ha ricevuto degli armamenti dagli Stati Uniti. Sono stati infatti consegnati nel paese cinque aerei americani da addestramento militare T6C-Texan, acquistati nel 2021. Il governo vietnamita vuole rendere le forze armate meno dipendenti dalla Russia, diversificando gli investimenti (e guardando anche alla Cina).

LINK DALL’ALTRA ASIA

Asia meridionale. Il primo ministro del Nepal, KP Sharma Oli, visiterà la Cina dal 2 al 6 dicembre, rompendo una tradizione diplomatica che prevedeva l’India come primo paese estero visitato da un premier nepalese. Questo dice qualcosa sul rafforzamento dei rapporti tra Pechino e Kathmandu, al di là di alcune contraddizioni. A proposito delle relazioni con i due giganti del continente, India e Cina. Le Maldive di Mohamed Muizzu, la cui presidenza è partita con il proposito di ridurre l’influenza di Nuova Delhi sul paese, hanno deciso di tornare a collaborare più strettamente con l’India, anche per ragioni economiche. Alcune letture sulla svolta a sinistra dello Sri Lanka: Emanuele Giordana su Lettera 22, un articolo del Nikkei e un’intervista del Diplomat.

Da giorni ci sono violente precipitazioni con conseguenti alluvioni in tutto il Sud-Est asiatico. Particolarmente colpite sono Malaysia, Indonesia e Thailandia. La regione è reduce da mesi terribili sul piano climatico, a partire dal tifone Yagi di questa estate (di cui abbiamo parlato qui). Intanto il 20 novembre in Laos si sono incontrati i ministri della Difesa dei paesi ASEAN: qui il comunicato finale.

Si parla troppo poco dell’utilizzo costante della pena di morte a Singapore. Qui e qui alcune riflessioni della giornalista Kirsten Han, da anni attiva sulla questione.

L’Australia ha vietato l’utilizzo delle principali piattaforme social ai minori di 16 anni. La Reuters ha raccolto alcune opinioni sul tema.

A cura di Francesco Mattogno