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Gli altri degli “Hong Kong 47”

In Cina, Economia, Politica e Società by Redazione

Quarantacinque condanne fino a dieci anni di reclusione: il più grande processo mai intentato a Hong Kong contro accademici, politici, ex parlamentari e attivisti si è concluso martedì 19 novembre con le sentenze a carico dell’ultimo gruppo dei cosiddetti “47 di Hong Kong“, gli esponenti del movimento democratico accusati di associazione a delinquere a fini sovversivi per aver organizzato nel 2020 elezioni primarie non autorizzate. 

Il caso ruota attorno alle primarie non ufficiali indette dagli imputati nel luglio di quell’anno per selezionare i candidati dell’opposizione alle elezioni legislative locali, con l’obiettivo di ottenere la maggioranza in parlamento e mettere in difficoltà l’esecutivo allora guidato da Carrie Lam contro cui i cittadini di Hong Kong protestavano da circa un anno. Nel 2021 quarantasette persone sono state arrestate e incriminate ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale, introdotta da Pechino nell’ex colonia britannica alcuni mesi prima proprio per mettere fine alle manifestazioni antigovernative. Di queste, trentuno martedì si sono dichiarate colpevoli, mentre sedici sono state processate nel 2023: quattordici sono state riconosciute colpevoli e due sono state assolte. 

Numeri, date, fatti senza nome. Ma il procedimento giudiziario dei “47 di Hong Kong”  è molto di più: è la storia di persone, battaglie e sofferenze personali. E’ la storia della resistenza collettiva per difendere l’autonomia di Hong Kong promessa dal governo centrale con la formula “un paese due sistemi”. Di quei 47 all’estero solo pochi hanno un’identità ampiamente riconosciuta. “Pochi”, per essere ottimisti, due per essere realisti: l’ex giurista Benny Tai (60 anni), considerato dalle autorità la “mente” del complotto elettorale, e Joshua Wong (28 anni), leader delle prime manifestazioni studentesche, a cui sono stati comminati rispettivamente dieci e oltre quattro anni di prigione. Ma tra i 47 figurano anche personalità meno note eppure ugualmente fondamentali per il movimento democratico di Hong Kong. Alcuni sono in politica da decenni, come Claudia Mo (67 anni), ex parlamentare nonché co-fondatrice del Civic Party, partito di orientamento liberale sciolto lo scorso anno. Altri appartengono a una nuova generazione di attivisti, assistenti sociali e persino imprenditori. Ecco alcuni di loro.

Owen Chow (27 anni)

Come molti giovani manifestanti, Chow ha intrapreso la carriera politica per caso dopo le proteste del 2019. Quell’anno, ha deciso di candidarsi alle elezioni del consiglio distrettuale  e, nonostante una prima sconfitta, si è presentato alle primarie per le elezioni del consiglio legislativo del 2020 come candidato localista indipendente. Arrivato quinto nei Nuovi Territori Orientali, si è assicurato la nomination per correre alle elezioni generali, poi rinviate dal governo di un anno con il pretesto del Covid-19. Alla fine del 2020, Chow si è unito ad altri politici e attivisti per far luce sul caso dei 12 giovani hongkonghesi detenuti in Cina mentre cercavano di scappare a Taiwan.

Il 6 gennaio 2021, è stato arrestato per aver organizzato e partecipato alle primarie democratiche. Il 22 giugno dello stesso anno gli è stata concessa la libertà su cauzione per terminare la laurea in infermieristica, ma il 12 gennaio 2022, è stato nuovamente arrestato a seguito di una sentenza del tribunale che lo ha accusato di aver violato le condizioni della cauzione per aver pubblicato informazioni relative a due controverse aggressioni avvenute nel 2019 contro i manifestanti pro-democrazia. E’ stato condannato a una pena di sette anni e nove mesi, la più dura dopo quella comminata a Benny Tai. 

Gordon Ng (46 anni)

Dopo essersi laureato in Australia (di cui ha la cittadinanza), Ng ha lavorato in varie società di investimento tra il 2009 e il 2016, diventando quell’anno sostenitore volontario di ThunderGo, il piano elettorale proposto da Benny Tai per ottenere la maggioranza al Consiglio legislativo. Per il suo ruolo nelle primarie è stato arrestato nel gennaio 2021. Secondo il governo di Canberra, durante la detenzione, ai funzionari australiani è stato ripetutamente negato l’accesso consolare perché Hong Kong non riconosce la doppia cittadinanza.

In una dichiarazione pubblicata online da un intermediario, nell’agosto 2022 Ng ha sostenuto fermamente la propria innocenza: “Penso di aver commesso un crimine? Non credo, non credo assolutamente. Sono pronto ad affrontare la battaglia più grande della mia vita sul campo di battaglia del tribunale. Ho paura, ma non mi tiro indietro”. 

In sede processuale Ng si è detto non colpevole ed è stato condannato a sette anni e tre mesi.

Gwyneth Ho (34 anni)

E’ un’attivista ed ex reporter dello Stand News, noto sito d’informazione costretto a chiudere nel dicembre 2021. È diventata famosa per il suo reportage in prima linea durante le proteste di Hong Kong del 2019, quando fu aggredita da gangster mentre copriva il controverso attacco alla stazione della metropolitana di Yuen Long. Nel giugno 2020, ha annunciato la sua candidatura alle primarie non ufficiali della fazione pro-democrazia.

Il 6 gennaio 2021, è stata arrestata insieme agli altri 47 attivisti con l’accusa di cospirazione per sovversione, legata alla sua partecipazione alle primarie. A dicembre 2021, ha ricevuto una condanna a sei mesi di carcere per il suo ruolo in una protesta non autorizzata in occasione del 31° anniversario delle proteste di piazza Tiananmen del 1989, avvenuta nel giugno 2020. Ho è una delle 17 persone che si sono dichiarate non colpevoli per aver organizzato e partecipato alle primarie pro-democrazia.

In una riflessione fatta uscire dal carcere spiega che “la democrazia e la libertà non significano mai tranquillità: la vera democrazia è quando le voci si sovrappongono e diventano molto rumorose (i cittadini di Hong Kong dovrebbero averlo capito bene), e la libertà è poter scegliere, pensare, decidere e assumersi la responsabilità”. 

E’ stata condannata a 7 anni di carcere.

Ventus Lau (31 anni)

Dopo aver militato con i Neo Democratici, Lau ha lasciato il partito nel 2015 a causa di una disputa interna e ha fondato il gruppo localista Shatin Community Network, con cui in seguito ha vinto un seggio a nella circoscrizione distrettuale di Chung Tin. Durante le manifestazioni del 2019, Lau ha organizzato numerose assemblee pubbliche in qualità di membro fondatore dell’Hong Kong Civil Assembly Team (HKCAT), il gruppo che nel gennaio 2023 ha organizzato un evento con 150mila partecipanti per esortare i governi stranieri a sanzionare i funzionari responsabili della repressione di Kong Kong. Alle primarie pro-democrazia del 2020, Lau si è assicurato la candidatura alle legislative come secondo classificato con il sostegno del 16,24% nella sua circoscrizione. Successo costatogli all’inizio del 2021 l’arresto con l’accusa di “sovversione ” ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale. Per lui i giudici hanno disposto una pena pari a quattro anni e cinque mesi di carcere

Lee Yue-shun (31 anni)

Assistente sociale ed ex consigliere distrettuale, come Claudia Mo, ha militato nel Civic Party. Alle elezioni del 2019, Lee è diventato il primo democratico nella circoscrizione di Kam Ping a entrare nel Consiglio distrettuale dopo aver sconfitto il candidato pro-Pechino. E’ uno dei soli due imputati (insieme a Lawrence Lau) ad essere stato assolto. I giudici hanno dichiarato di non essere in grado di sostenere con certezza che Lee “fosse parte del piano” né che “avesse l’intenzione di sovvertire” il potere dello Stato. “Abbiamo perso molte libertà… Tutto quello che posso dire è che l’assoluzione significa che ne ho persa una in meno”, ha dichiarato Lee dopo la sentenza.

Di Alessandra Colarizi

[Pubblicato su Gariwo]