L’epoca d’oro degli expats in Cina è veramente giunta al termine? I salari bassi, le poche prospettive di crescita e il disinteresse da parte delle aziende cinesi a investire in personale straniero stanno disincentivando i giovani expat a restare. “Dialoghi: Confucio e China Files” è una rubrica in collaborazione tra China Files e l’Istituto Confucio dell’Università degli Studi di Milano. Qui per le altre puntate.
Di Camilla Fatticcioni
L’epoca d’oro per gli expats in Cina è finita da un pezzo. Le restrizioni portate dalla pandemia hanno dato il colpo di grazia ad un “sogno cinese” ormai arrivato al tramonto. Già nel 2016 un articolo del South China Morning Post annunciava questo declino. Le cause? Dall’aumento del costo della vita alle regole più stringenti per la richiesta dei visti, fino alla tendenza delle aziende cinesi a preferire personale locale rispetto a quello straniero.
La pandemia è servita da spartiacque: già prima delle chiusure imposte dal Covid-19, il governo aveva in cantiere delle importanti riforme migratorie, con regole volte a definire una selezione più accurata dei lavoratori stranieri e un controllo più stringente dei cosiddetti sān fēi (三非), ovvero i “tre illegali”, cioè ingresso, residenza e lavoro illegale in Cina. Nel 2021, il National Immigration Administration (NIA) aveva trovato 79.000 stranieri colpevoli di almeno uno dei “tre illegali” nel paese. Ne sono stati espulsi 44.000, mentre altri sono stati multati, ammoniti o detenuti. Secondo i dati della NIA, da quando i confini hanno riaperto nel 2023, la Cina ha rilasciato 711.000 permessi di soggiorno, con un calo del 15% rispetto al 2019. Lo scorso anno, gli stranieri con residenza permanente sono stati 12 mila. La Cina non sembra più una meta allettante per gli expat in cerca di nuove opportunità lavorative e nonostante in questo ultimo anno Pechino abbia incentivato gli ingressi free-visa per alcuni paesi europei, le aziende del paese restano caute.
Tra disoccupazione giovanile, calo demografico e settore immobiliare in crisi, l’economia cinese ultimamente non se la sta cavando proprio bene. Questo naturalmente ha influito sulle scelte di numerose aziende che hanno tentato di abbattere i costi per salvaguardare i profitti. Assumere stranieri non è conveniente. Insieme a questa tendenza, anche la propensione al rischio è diminuita. Il rischio di assumere uno straniero è molto più alto che assumere un hǎiguī 海龟, ovvero un neo-laureato cinese che dopo aver studiato all’estero torna in patria.
Per far fronte alle differenze culturali e ai diversi standard lavorativi a cui gli stranieri sono abituati, soprattutto gli occidentali, le aziende dovrebbero affrontare dei costi per la formazione di cui ad oggi sembrano voler fare volentieri a meno. A settembre il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto il 17,6%. La competizione si sente in particolar modo tra chi si affaccia per la prima volta nel mondo del lavoro, dopo aver compiuto gli studi universitari. Nonostante il governo incentivi ormai da anni l’ingresso di “cervelli” dall’estero con l’erogazione di numerose borse di studio, sono pochi i neolaureati che scelgono di restare per lungi periodi lavorativi in Cina.
Tra i vari fattori, stipendi che in alcuni settori sono più bassi rispetto alla media europea e prospettive di carriera poco promettenti. Al tempo stesso, i percorsi per la residenza permanente rimangono estremamente limitati e difficili da ottenere, rendendo quasi impossibile per gli stranieri stabilirsi in Cina a lungo termine senza essere costretti a rinnovare anno per anno il permesso di soggiorno. A questo si aggiunge la crescente insofferenza nei confronti degli standard lavorativi e degli orari imposti dalle aziende cinesi, considerando che nei primi due anni dopo esser stato assunto da un’azienda, un giovane può aspettarsi anche solo dai 3 ai 5 giorni di vacanze all’anno.
I lavori più ambiti e più pagati per gli expat in Cina restano quelli legati all’insegnamento. Dopo le chiusure imposte dalla politica zero-Covid, la comunità di expat in Cina è diminuita rendendo lavori come l’insegnante d’inglese tra i più ricercati e pagati. In questi ultimi mesi, inoltre, è tornata anche l’ombra dei lavoratori senza permesso che negli ultimi anni il governo ha severamente punito. Una conseguenza della recente politica del shuāng jiǎn双减, che prevede meno compiti e meno classi di recupero a scuola: molte persone hanno così iniziato ad organizzare classi clandestine e corsi di recupero in casa portando molti studenti stranieri a lavorare come insegnanti senza un permesso regolare.
L’epoca in cui la Cina era vista come il paese dalle mille opportunità è davvero finita? Se alcuni expat scoprono nuove e fantastiche opportunità nel reinventarsi come influencer per social media come Xiao Hong Shu, altri faticano a trovare un lavoro per garantirsi il rinnovo del visto.
Fotografa e studiosa di Cina. Dopo la laurea in lingua Cinese all’università Ca’ Foscari di Venezia, Camilla vive in Cina dal 2016 al 2020. Nel 2017 inizia un master in Storia dell’Arte alla China Academy of Art di Hanghzou avvicinandosi alla fotografia. Tra il 2022 e il 2023 frequenta alcuni corsi avanzati di fotografia presso la Fondazione Studio Marangoni di Firenze. A Firenze continua a portare avanti progetti fotografici legati alla comunità cinese in Italia e alle problematiche del turismo di massa. Combinando la sua passione per l’arte e la fotografia con lo studio della società contemporanea cinese, Camilla collabora con alcune testate e riviste e cura per China Files una rubrica sull’arte contemporanea asiatica.