Ai Weiwei presenta a Palazzo Fava “Ai Weiwei. Who I am?”, in mostra a Bologna fino a domenica 4 maggio 2025. Chinoiserie è la rubrica sull’arte contemporanea asiatica e cinese a cura di Camilla Fatticcioni.
Arriva a Bologna una nuova mostra dedicata all’artista e attivista cinese Ai Weiwei. Come indica il titolo “Ai Weiwei, Who I am?”, che deriva da una sua conversazione con l’intelligenza artificiale, la mostra a Palazzo Fava ha l’intento di presentare l’artista e il suo universo creativo. Ai Weiwei torna ancora una volta in Italia con un progetto espositivo che spazia dall’istallazione alla fotografia, coprendo gran parte della sua ricerca e della sua carriera artistica. Oltre cinquanta opere entrano in dialogo con gli ambienti e le sale monumentali dello storico palazzo bolognese, creando un percorso in bilico tra Cina e Occidente e tra passato e presente.
“Who I am?”, ovvero “chi sono?”, è la domanda che Ai Weiwei ha posto all’intelligenza artificiale e che non ha ricevuto risposta. In questa mostra, l’artista tenta di delineare la sua identità attraverso un’ampia selezione di opere, da cui emerge come lungo tutta la sua carriera si sia definito artisticamente attraverso l’attivismo e la critica nei confronti del governo cinese.
In mostra, tra le Storie di Giasone e Medea e Le avventure di Enea che decorano le sale del piano nobile di Palazzo Fava, vengono presentate delle sculture-aquiloni raffiguranti gli animali fantastici tratte dal bestiario dello Shan Hai Jing (Classico dei mari e delle montagne), il più antico testo mitologico e geografico cinese. Ai Weiwei, attraverso queste figure fluttuanti, pone al centro della conversazione la riflessione sull’antichissima identità culturale cinese, quasi spazzata via durante gli anni dalla Rivoluzione Culturale.
Il dialogo tra passato e presente e il tema della memoria storica sono il fulcro del lavoro di Ai Weiwei, come testimoniano anche le opere Dropping a Han Dynasty Urn e Han Dynasty Urn with Coca Cola, entrambe esposte a Palazzo Fava. In particolare, la cancellazione della memoria storica cinese nella seconda metà del Novecento è richiamata dal trittico fotografico Dropping a Han Dynasty Urn, che raffigura in sequenza la distruzione di un vaso di circa duemila anni. In mostra, assieme alle fotografie, viene esposto il ready-made Han Dynasty Urn with Coca Cola, che evoca l’estetica occidentale di Andy Warhol e Marcel Duchamp.
“La maggior parte delle mie attività”, spiega Ai Weiwei facendo riferimento all’opera Han Dynasty Urn with Coca Cola, come riporta il comunicato stampa della mostra, “riguarda l’aggiornamento o la ridefinizione degli oggetti. Avevo questo vaso da un po’ e ne ammiravo la forma, ma non sapevo cosa farne. Sembrava così spoglio, così vuoto, e volevo renderlo più attuale: per me, il logo della Coca-Cola è un chiaro annuncio di proprietà e di identità culturale o politica, ma è anche un simbolo evidente del non-pensiero. È perciò ignoranza, ma è anche ridefinizione”.
Tra le opere più celebri non potevano mancare le riproduzioni di quadri e opere composte da mattoncini LEGO. Nel contesto della sua pratica artistica Ai Weiwei ha adottato questo mezzo espressivo nel 2014 creando un linguaggio che il curatore della mostra Arturo Galansino descrive come un modo per “esprimere il rapporto tra cultura, politica e ambiente personale in una nuova lingua, combinando sensazioni attuali e memoria culturale, e collegando la comprensione del passato con le aspettative moderne”.
Numerose opere dell’iconografia occidentale vengono così reinterpretate da Ai Weiwei in questa chiave ironica, come nel caso della riproduzione LEGO dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, dove il personaggio di Giuda ha le sembianze di Ai Weiwei stesso. In un’intervista del 2023 per il Corriere della Sera Ai Weiwei spiega perché si è rappresentato come Giuda in questa opera: “Sono sempre stato considerato dalle autorità un traditore. Hanno un’ideologia così alta. Il comunismo è alta ideologia. E, ovviamente, non lasciano che la gente dubiti di questa”.
Il forte connotato politico delle opere di Ai Weiwei viene sottolineato in particolar modo nei lavori che si concentrato sugli anni di persecuzione in Cina, come ad esempio nell’installazione Left Right Studio Material. Il tappeto blu di quest’opera è infatti composto da frammenti di opere in porcellana che sono state distrutte dalle autorità cinesi nel 2018, quando hanno demolito il suo studio, Left/Right, a Pechino. Tra le opere esposte non mancano anche i riferimenti al veloce e insostenibile progresso economico e sociale della Cina negli ultimi decenni, come per l’installazione Forever Bicycles, realizzata con biciclette assemblate in strutture complesse, che rappresentano una riflessione sul cambiamento urbano in corso negli ultimi anni in Cina.
In questa mostra Ai Weiwei si racconta attraverso le sue opere, ma la domanda posta con il titolo dell’esposizione resta priva di risposta. Chi è quindi Ai Weiwei? L’artista ha spiegato: «Le mie cosiddette opere d’arte sono tutte frutto dei miei pensieri e delle mie emozioni. Non mi pento di averle create. Riflettono autenticamente i miei veri sentimenti e le circostanze in cui mi trovavo in quei momenti, strettamente legati con le mie esperienze e la mia educazione».
Fotografa e studiosa di Cina. Dopo la laurea in lingua Cinese all’università Ca’ Foscari di Venezia, Camilla vive in Cina dal 2016 al 2020. Nel 2017 inizia un master in Storia dell’Arte alla China Academy of Art di Hanghzou avvicinandosi alla fotografia. Tra il 2022 e il 2023 frequenta alcuni corsi avanzati di fotografia presso la Fondazione Studio Marangoni di Firenze. A Firenze continua a portare avanti progetti fotografici legati alla comunità cinese in Italia e alle problematiche del turismo di massa. Combinando la sua passione per l’arte e la fotografia con lo studio della società contemporanea cinese, Camilla collabora con alcune testate e riviste e cura per China Files una rubrica sull’arte contemporanea asiatica.