La Cina è uno dei maggiori produttori di rifiuti elettronici e per lungo tempo è stato il primo paese importatore. Ma oggi Pechino ha la possibilità di diventare un paese di riferimento per il recupero e il riutilizzo di tali materiali. “Dialoghi: Confucio e China Files” è una rubrica in collaborazione tra China Files e l’Istituto Confucio dell’Università degli Studi di Milano. Qui per le altre puntate
Quello che è un rifiuto per qualcuno, può essere un tesoro per un altro. In cinese si dice letteralmente: “Ciò che è veleno per te, è miele per me”, ru zhi pishuang / wu zhi mitang (汝之砒霜 吾之蜜糖). Da tempo le principali istituzioni internazionali hanno invitato i governi di tutto il mondo a prestare attenzione ai rifiuti elettronici come fonte strategica di metalli essenziali alla produzione di elettrodomestici, cellulari, macchinari più o meno sofisticati. E anche la Cina sta passando da grande produttore e ricettore di e-waste a potenziale leader nella trasformazione dei prodotti a fine vita in nuove risorse economiche.
I rifiuti elettronici, come cita il più recente report dell’Organizzazione mondiale della sanità, “sono uno dei flussi di rifiuti solidi in più rapida crescita al mondo”. E contengono, tuttavia, “risorse preziose e finite che possono essere riutilizzate se riciclate in modo appropriato”. Stando ai dati del rapporto Global e-waste monitor nel 2022 sono state prodotte 62 milioni di tonnellate di e-waste in tutto il mondo, di cui 12 milioni di chili prodotti in Cina. La produzione di rifiuti elettronici pro capite nella Repubblica popolare è valutata a 8,5 kg, un dato lontano dai 19 kg dell’Italia ma che non tiene conto di un altro problema: il trattamento e lo smaltimento di rifiuti importati.
Il 1° gennaio 2021 il governo cinese ha ufficialmente vietato l’ingresso nel paese di tutti i rifiuti solidi in arrivo dall’estero, spostando l’attenzione degli esportatori regionali sul Sud-Est asiatico. Nel comunicato di dicembre 2020 il ministero dell’Ecologia e dell’Ambiente cinese segnalava che “le importazioni dell’anno precedente si sono attestate a 13,48 milioni di tonnellate, in calo rispetto ai 22,63 milioni di tonnellate del 2018. Nei primi 10 mesi di quest’anno, tali importazioni sono crollate del 42,7 percento anno rispetto all’anno precedente”.
Dai laboratori informali alle “aziende circolari”
Fino a pochi anni fa la Repubblica popolare dell’e-waste aveva un nome ben definito: Guiyu. Cittadina situata nella provincia meridionale del Guangdong, è stato a lungo il più grande sito di rifiuti elettronici al mondo. A Guiyu c’erano 60 mila lavoratori dei rifiuti elettronici che elaboravano più di 100 camion nel 2005, ma le recenti restrizioni rendono difficile la raccolta di dati su tali imprese. Oltre vent’anni fa nella città sono sorte numerose imprese di smaltimento, disassemblamento, rivendita di rifiuti elettronici e di materie prime presenti in tali prodotti.
In pochi anni Guiyu è passato dall’essere un villaggio di campagna dedito alla coltivazione di riso in una delle più grandi e pericolose discariche del mondo, denominata da alcuni “il cimitero dei rifiuti elettronici”. I terreni hanno presto risentito dell’accumulo di sostanze nocive, così come i cittadini dell’area coinvolti nel business dei rifiuti elettronici. Tra le principali minacce alla salute degli oltre 10 mila lavoratori riconducibili all’industria e-waste rientra quella dell’inquinamento da piombo, che ha effetti critici sulla salute delle persone. Tutt’ora si stima che il 60-80% dell’e-waste cinese venga gestito tramite processi di riciclaggio informali illegali, senza le necessarie precauzioni di sicurezza richieste per legge dalle normative del governo centrale.
Nel frattempo, un’altra industria sta nascendo. La Cina è uno dei paesi attenzionati dalle agenzie internazionali per il suo ruolo di produttore globale di apparecchiature elettroniche, un dato che si attesta al 70% per quanto riguarda i telefoni cellulari distribuiti in tutto il mondo. Secondo le stime del World Economic Forum l’ammontare dell’e-waste ha un valore di almeno 62 miliardi di dollari all’anno. Pertanto, anche da Pechino è presto arrivato l’invito a “ridurre, riutilizzare, riciclare”: jian yong, zhong yong, zai li yong (減用,重用,再利用).
Gli obiettivi di Pechino
Negli ultimi dieci anni il governo cinese ha lavorato spesso al tema della gestione ambientale e del diritto alla salute dei cittadini. Per fare ciò si è reso necessario adottare e poi aderire all’indirizzo voluto dall’amministrazione Hu Jintao (presidente dal 2003 al 2013), l’obiettivo della “civiltà ecologica”. Adottato poi dalla presidenza di Xi Jinping, è stato inserito in un più ampio progetto di transizione ecologica e protezione territoriale, un processo di rinata attenzione verso i temi ambientali.
Attualmente la Repubblica popolare si è posta l’ambizioso obiettivo di riciclare metà dei suoi rifiuti elettronici entro il 2025. Un limite che deve fare i conti con gli impressionanti dati dell’industria della telefonia, che prevedono un eccesso di rifiuti elettronici legati alla produzione di cellulari pari a 6 miliardi di unità. L’industria dello smaltimento e riciclaggio delle apparecchiature elettroniche, secondo uno studio del 2021, aveva raggiunto il 40% della copertura totale, dimostrando che ancora una buona parte dell’e-waste presente su territorio cinese dipende da un complesso e frammentato sistema di gestione informale di tali rifiuti.
Sempre l’edizione 2024 del Global e-waste monitor spiega però che “diverse aziende cinesi hanno iniziato a implementare modelli di business circolare nel settore dell’elettronica, come la progettazione di sistemi di riciclo e prodotti riciclabili, nuovi programmi di ritiro e smaltimento dei rifiuti elettronici”. A queste iniziative si potrebbero aggiungere, segnala il documento, “i progressi della tecnologia, quali l’introduzione della blockchain e dell’Internet of things (IoT)”, ovvero una rete che consenta di elaborare, analizzare e registrare dati in maniera complessa e dinamica. Il tutto, conclude il testo, affinché “i rifiuti elettronici siano correttamente riciclati e smaltiti correttamente, senza danni per l’ambiente e la salute umana.”
Formazione in Lingua e letteratura cinese e specializzazione in scienze internazionali, scrive di temi ambientali per China Files con la rubrica “Sustainalytics”. Collabora con diverse testate ed emittenti radio, occupandosi soprattutto di energia e sostenibilità ambientale.