C’entrano alcune politiche urbane particolarmente di successo, ma anche, forse soprattutto, il rapporto unico che i giapponesi hanno con l’occupare e il possedere uno spazio
Da qualche anno, vivere in una grande città è diventato economicamente insostenibile anche per la classe media. A Milano, secondo il Sole 24 Ore, un affitto pesa mediamente il 51,6% di uno stipendio mensile. A New York, nel distretto di Manhattan, il prezzo dell’affitto di un monolocale è arrivato a quattromila dollari, il più alto mai raggiunto secondo il New York Times. L’aumento degli affitti è una tendenza che si sta registrando in gran parte dell’Europa e degli Stati Uniti, ma anche in molti paesi dell’Asia, indicativamente dal 2008. Questo fenomeno, chiamato crisi o emergenza abitativa, però, non avviene nella più grande area metropolitana al mondo: Tokyo.
L’area metropolitana di Tokyo è grande come New York e la sua popolazione, nonostante la bassissima natalità giapponese degli ultimi anni, cresce costantemente. A Tokyo vivono 13 milioni di persone, 1.6 milioni in più rispetto al 2000. Nonostante la crescita esplosiva, nella prefettura di Tokyo i prezzi degli affitti sono aumentati solo del 20% negli ultimi 15 anni. La capitale giapponese è riuscita ad evitare la crisi abitativa che ha colpito tutte le grandi città rimanendo parecchio più economica di Londra, Milano, Singapore e persino Shanghai, tanto che è stata definita dal New York Times “l’ultima grande città con alloggi a prezzi accessibili”. Non è un caso, ovviamente, ma il risultato di una serie di politiche urbane di particolare successo.
Nella prefettura di Tokyo, negli ultimi anni il ritmo di costruzione di edifici è aumentato raggiungendo, nel 2023, le 130 mila unità abitative annuali. Questo processo di costruzione massiva è iniziato 70 anni fa, immediatamente dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Tra gli anni Sessanta e Settanta, il Giappone sperimentò un miracolo economico simile a quello italiano. Come avvenne nelle città italiane bombardate, anche in Giappone la necessità di manodopera per ricostruire tutto ciò che era stato ridotto in macerie durante la guerra portò moltissime persone a trasferirsi e cercare fortuna nella capitale. L’aumento di lavoratori colse la città totalmente impreparata e per qualche anno si iniziarono ad intravedere i segni di un principio di crisi abitativa. Il governo giapponese rispose all’emergenza nel 1968 con una legge chiamata New Zoning Planning Act.
La legge divide la prefettura in 12 zone, ognuna delle quali può essere definita “ad uso misto“. In urbanistica, in una zona “ad uso misto” si trovano edifici con differenti finalità (residenziale, commerciale, culturale, industriale, istituzionale etc). Il fatto che a Tokyo tutte le zone siano di questo tipo significa che non esistono degli spazi esclusivamente industriali o commerciali e che, quindi, un complesso residenziale può essere costruito più o meno ovunque. In Italia, al contrario, si utilizza un sistema di zonizzazione che divide lo spazio in “zone territoriali omogenee”. Questo sistema prevede la creazione di zone alle quali viene attribuita una determinata funzione (residenziale, ad esempio) con conseguenti direttive e limitazione sui tipi di edifici che possono essere costruiti.
Dal punto di vista pratico, questa zonizzazione porta alla creazione di periferie e hinterland a uso esclusivamente residenziale con villette monofamiliari e edifici di massimo due o tre piani, centri storici molto estesi dove è impossibile costruire nuovi complessi abitativi, zone prettamente commerciali o industriali dove edificare non è concesso. Lo spazio viene utilizzato in maniera molto poco pratica. In Italia, inoltre, costruire un immobile richiede di rispettare una quantità infinita di criteri e parametri (numero di parcheggi per area, chilometri spazi verdi, densità abitativa per chilometro quadrato, sviluppo massimo in altezza etc). Tutto ciò rende difficile ottenere i permessi di costruzione e, di conseguenza, il processo burocratico risulta estremamente intricato, costoso e lento a fronte di una domanda di alloggi in costante crescita e che necessita di una risposta rapida.
Il mercato immobiliare giapponese, al contrario, è peculiare per la sua mancanza di regolazione. Non esistono particolari restrizioni sugli spazi verdi e non ci sono regolamenti che stabiliscano quando debba essere effettivamente densamente popolato un quartiere. Oltre al New Zoning Planning Act ciò che rende il mercato immobiliare giapponese unico al mondo è anche la relativa facilità con cui vengono distrutti edifici interi. Questo atteggiamento è intrinsecamente legato alla condizione dell’arcipelago giapponese: tutte le isole che lo compongono, infatti, sono estremamente sismiche e l’idea che la casa venga danneggiata a causa di un terremoto, distrutta e poi cambiata è abbastanza naturale.
Solo l’1 percento delle case a Tokyo sono più vecchie del 1951. Ogni quartiere, per cause naturali e non, modifica costantemente il suo assetto e se la richiesta di alloggi aumenta e la città non è pronta a soddisfarla, la risposta più immediata è quella di demolire alcuni edifici per crearne altri più grandi. Un esempio pratico piuttosto esplicativo è il quartiere della stazione di Futako-Tamagawa. Il quartiere si trova a sud-ovest di Tokyo e osservato dall’alto appare come un vasto mare di edifici medio bassi, con qualche grattacielo, una stazione immensa e una lunga linea ferroviaria che collega Futako-Tamagawa alla stazione centrale, gestita dalla Tokyo Railways Company. Prima di diventare a tutti gli effetti un quartiere della capitale, Futako-Tamagawa non era nient’altro che una zona suburbana composta quasi esclusivamente da villette monofamiliari, simile alle cittadine di periferia che si trovano subito fuori dalle metropoli europee o americane.
Con la crescita di Tokyo e l’aumento della domanda di alloggi, è stata la Tokyu Railways Company stessa ad acquistare e ricostruire le aree intorno alle sue stazioni con palazzine condominiali, centri commerciali e persino grattacieli per uffici. Il processo di ricostruzione più impressionante è avvenuto, appunto, intorno alla stazione di Futako-Tamagawa, dove sono state abbattute più di 100 villette per far posto a mille unità abitative, uffici e a una nuova sede per la società di e-commerce Rakuten.
Di Marta Simonetta